Sileus Imperator

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"Buongiorno amor mio."
"Genor- disse Relian- hai dormito bene?"
"Abbastanza- disse Sileus alzandosi dal letto- ho sentito che ti agitavi nel sonno."
"Ho dormito male...mi sento angosciata...non so perché..."
Sileus si avvicinò a sua moglie e le diede un bacio in fronte.
"Va tutto bene Alis, tra due giorni andremo su Crator e da lì..."
"Dopo due settimane partirai per un'altra guerra...ti ricordi quando eravamo solo politici?"
Sileus andò a vestirsi, camicia, pantaloni, toga rosso porpora, la solita monotonia. Non gli sarebbe mancata.
"Cosa prevede la giornata dell'Imperatore oggi?"
"Una riunione del Senato nel pomeriggio, la mattina invece, dopo un certo lavoro d'ufficio, dovrò incontrare una delegazione...Arastasus junior e altri pubblicani verranno a fare richieste di partecipare alla campagna contro i Dodici Tiranni."
Relian fece un sospiro.
"Quel ragazzino non mi piace- disse l'Imperatrice- è insolente almeno quanto lo era sua nonna...Octopon ci ha invitati a non fidarci di lui."
"Abbiamo bisogno del supporto della sua famiglia...quando sarà tempo Octopon sarà in grado di occuparsi di lui."
"Sta facendo grandi cose...e senza un esercito."
"Lui è quel costruttore che io non sarò mai...quando tornerà avremo ancora molto da fare...c'è tanto da fare e pochissimo tempo."
Una colazione semplice e veloce come al solito, poi Sileus fu pronto ad una giornata ordinaria.
"Genor- disse sua moglie- non andare...non adesso...vai pure al Senato oggi...ma non incontrare Arastasus junior."
"Perché no?"
"Non lo so...ma non mi sento tranquilla...come ti ho detto lui non mi piace per niente."
"Lo so ma..."
"Genor non lo incontrare...non da solo."
"Non sarò da solo, ci saranno altri con lui, per non parlare del console Garrinus, di quattro senatori e di frate Arminius...quello scribacchino petulante...non fosse così utile."
"Anche guardie! Ci devono essere delle guardie!"
"Sarà nel mio studio, lo statuto palatino proibisce che qualcuno, oltre a me, abbia delle armi in quella sala, saranno perquisiti prima di entrare e..."
"Ti prego Genor...fai attenzione!"
Sileus guardò sua moglie negli occhi, il prurito nella sua testa si stava facendo sentire, anche se flebile. L'Imperatore fece finta di non sentirlo e sorrise a sua moglie mostrando i lunghi bracciali.
"Sono preparato a ciò che possono combinare lì dentro..."
"Non possono negare ciò che hai fatto...ma molti non tollerano ciò che è stato necessario."
"Lo sappiamo mio scorpione...lo abbiamo sempre saputo. Ma abbiamo già una garanzia per il nostro avvenire."
Sileus si voltò verso l'ingresso della villa, i senatori erano arrivati.
"Ci vediamo amor mio" disse Sileus.
"Ti amo Genor."
Sileus osservò sua moglie e si ricordò perché aveva combattuto tanto.
"Ti amo anch'io Alis."
Sileus baciò un'ultima volta sua moglie prima di andare via.
I senatori a fare i soliti saluti e inchini, leccapiedi utili ma insopportabili...quanto gli mancava Octopon, quanto avrebbe voluto rivedere Renor...per fortuna c'erano uomini che dicevano in faccia all'Imperatore quello che pensavano.
Un lampo, una sensazione di giramento e nausea, poi i corridoi in pietra bianca della Piramide, la Stella a Nove Raggi sulla porta d'ingresso dello studio dell'Imperatore; in quel momento Sileus si ricordò di quando era entrato in quella sala la prima volta, più di sessant'anni prima...guardia del corpo della senatrice Oliar Matria...sei anni prima che diventasse sua suocera...una sala da ballo trasformata nel centro dell'Impero Roviano. Non l'ex ufficio del Primo Triunviro, non le miriadi di altre grandi sale, solo quella, perché lì aveva incontrato il suo Scorpione.
Sileus si ridestò vedendo a distanza i giovanotti in toga marrone che si facevano perquisire dai pretoriani, tra loro anche Arastasus junior. Si era già fatto notare per un'istintiva abilità nella politica e nella dialettica, la ricchezza della sua famiglia lo rendeva ancora più pericoloso, ma non come molti altri. In effetti Sileus aveva capito da molto che era un ragazzino molto più influenzabile di quanto sembrasse, perciò era meglio allontanarlo il prima possibile da Rovia, senza dargli troppa gloria militare comunque.
"Buongiorno sire" disse una voce roca, quasi gracchiante. Un uomo basso e tarchiato, con grigi capelli ricci e un naso grosso come un becco. Il console Geior Labdicor Garrinus, forse il migliore amico che Sileus avesse nel raggio di duecento anni luce.
"Geior...bentrovato. Pronto a rimettere una divisa?"
"Non vedo l'ora- disse il quinto uomo più potente dell'Impero- questa toga da politico mi ha reso molle ormai. Voglio gloria Genor, voglio adrenalina e sentire i tuoni dei cannoni...e che si faccia presto."
"Prima scegliamo le nostre mascotte e dopo potremo partire, adesso che gli Orissiani sono troppo occupati a ripulire il loro regno e a festeggiare per il favore che Octopon gli ha fatto!"
"Mi piace quel ragazzo, credo che farà un buon lavoro quando verrà il suo momento."
"Ho lavorato molto per questo e credo che saprà fare moltissimo...ma per ora è ancora il nostro turno vecchio amico."
"E chi ha parlato della pensione? Intanto andiamo a scegliere questi...tirocinanti."
"Sempre troppo gentile Geior. Io intanto mi preparo un momento e..."
Sileus si interruppe; aveva appena visto il Magister Legionibus arrivare da una scalinata circondato da alcuni pretoriani di alto rango, sembrava avere fretta. L'Imperatore si diresse verso di lui e lo salutò.
"Figliolo- disse il Magister lasciando di stucco l'Imperatore- l'opera è quasi completa."
Sileus si guardò intorno e osservò le persone che stavano per incontrarlo.
"Octopon...è lui vero?"
"Sarà lui a dimostrarlo, prima di tutto a sé stesso."
Sileus sospirò e iniziò a ripensare a quella sera, quando era approdato nel continente Esperion dalla piccola isola di Retterife dove si trovava la casa di suo padre. Era da tanto che non pensava a quella notte.
"Settantatré anni- disse l'Imperatore- settantatré anni passati a costruire un futuro- guardò il Magister- sì mi ricordo davvero bene quella notte...quando hai trasformato quel ragazzino spaventato, arrabbiato e diseredato in...in...in Sileus..."
"Hai agito molto bene figliolo, hai superato le nostre aspettative e portato avanti il disegno in maniera eccelsa. Anche se non ancora completo riteniamo che la realizzazione del sogno del caro padre sia imminente ormai. Sai cosa comporta vero?"
Sileus abbassò lo sguardo.
"Octopon starà bene?"
"Tutto è stato preparato, starà a lui. Per riguardo a te faremo in modo che sua madre e tua moglie non abbiano niente da temere in ciò che verrà."
"Ve ne sono grato" disse Sileus voltandosi a guardare il suo ufficio e la gente che stava per entrare.
"Avrei vinto una gran guerra. Ma in fondo ne ho fatte troppe...sono stanco di questo peso...spero che ne valga la pena. Credete che il Redentore perdonerà i miei errori?"
"Lui sa perché hai fatto tutto questo...ti giudicherà per il tuo cuore. Ma tu sei destinato a vivere per sempre ormai."
"Sono fiero di Octopon ma...mio figlio...credo che sarebbe stato un grande Imperatore."
"Era saggio come te, giusto come te e come tutta la stirpe comprendeva l'importanza di tutto questo. Ora completa la tua opera figliolo."
Sileus sospirò.
"Forse dovrei avere paura...invece sono in pace."
L'Imperatore si voltò per incamminarsi quando, per la prima volta dopo tanto tempo, dopo intere ere, il Magister Legionibus estrasse un braccio dal grande mantello e appoggiò la mano sul braccio di Sileus. Era una presa leggera, malgrado il guanto in diamantifero, quasi affettuosa.
"Hai detenuto bene e degnamente l'Imperium" disse il Magister Legionibus.
"Grazie per esserti ricordato di me...Aedifus" disse Sileus.
Il grande legionario lasciò andare l'Imperatore che si incamminò verso l'ufficio. Chiunque avesse visto Sileus in quel momento non avrebbe potuto fare a meno di trovarlo maestoso, ringiovanito, deciso, forte e sereno allo stesso tempo.
L'Imperatore entrò nella grande sala che era il suo studio, avanzando lungo il percorso dei Valeriani da Terra a Rovia, il grande affresco che aveva fatto realizzare durante i due anni necessari per passare da Primo Triunviro della Repubblica Roviana a Imperator. Mentre saliva il soppalco per raggiungere la sua scrivania l'Imperatore si soffermò a guardare uno dei busti posti vicino al suo seggio; Geior Fornos Magno, il suo mentore, il suo condottiero, il padre che avrebbe voluto.
"Imperatore- proclamò il console- si presentano a te questi valorosi e fedeli cittadini roviani venuti a  chiedere la benedizione del padre della patria per partire e fare onore alla patria nella campagna imminente."
Sileus indossava la toga rosso porpora, la veste bianca e la fascia bianca con la Stella dai Nove Raggi riprodotta fieramente.
"Molto bene- disse l'Imperatore- che si avvicinino, si presentino e annuncino la loro motivazione!"
Sileus prese in mano un lungo bastone di legno ornato con una sfera d'oro sulla punta.
Si fece avanti un giovane pubblicano che si chinò e disse: "Chiedo di potermi unire all'impresa dell'Imperatore per portare onore alla patria e alla mia famiglia."
Sileus toccò la testa del giovane con il bastone e disse: "Per l'onore e la forza della tua volontà ti unirai al mio seguito."
Lo fece ad altri quattro giovani mentre la porta all'estremità opposta della sala veniva chiusa. Come previsto c'erano segretari, senatori, il console Garrinus e moltissimi pubblicani.
Venne il turno di Arastasus junior.
"Il Maggiordomo Palatino verrà onorato dal suo baldo figlio" disse Sileus con cortesia. Il giovane non commentò, si limitò a fare l'inchino e a pronunciare la formula.
"Chiedo di potermi unire all'impresa dell'Imperatore per portare onore alla patria e alla mia famiglia."
Sileus si avvicinò e allungò il bastone.
Fece appena in tempo a vedere i nanodroidi che si amalgamavano nella mano destra di Arastasus nella forma di un pugnale. Sileus fece un passo indietro, Arastasus agitò l'arma e graffiò l'Imperatore sul torace. Immediatamente altri due giovani cercarono di afferrare Sileus per le braccia, uno si prese una bastonata in faccia, l'altro fu scaraventato a terra.
"COSA STATE FACENDO gridò il console Gravinus mentre quattro pubblicani gli saltarono addosso per trattenerlo. Iniziò una rissa tra i presenti che assalivano Sileus e coloro che lo difendevano.
Un giovane molto alto e robusto caricò Sileus, ma questo schivò la carica e colpì il traditore così forte da spezzargli il bastone sulla schiena. Altri pubblicani avevano intanto sguainato lame fatte di nanodroidi e li puntavano verso i difensori dell'Imperatore. Arastasus e altri due erano davanti a lui, pronti ad aggredirlo.
"Pensate di diventare potenti? Di essere degli eroi per avermi aggredito?- disse l'Imperatore- Dimenticate che io...SONO SILEUS" gridò facendo scattare due seste dee che, brillando con la lama energizzata iniziarono ad essere mosse sapientemente e con una rapidità sorprendente. Uno dei più grandi campioni di vulnia mai esistiti non sarebbe stato un avversario facile da abbattere neanche da vecchio.
Uno dei traditori più audaci scattò in avanti per perdere il braccio e la gamba destri, un altro fu trafitto in pieno petto mentre Arastasus indietreggiava. Ad un certo punto almeno tredici traditori corsero armati verso l'Imperatore. Sileus prese un profondo respiro e colpì con tutte le sue forze.
"NOOOO! SILEUS! SILEUS!"
Il console Garrinus continuava a gridare senza riuscire a divincolarsi.
Alcuni degli aggressori erano morti, tutti avevano riportato gravi ferite, mentre Sileus, quando riemerse da quel vortice di dolore, urla e rabbia, si ritrovò con la toga lacera e sette lame conficcate in vari punti del suo corpo. Cadde in ginocchio in preda al dolore e alla fatica dopo aver chiuso le seste dee. Silenzio. Nessuno osava dire una parola in tutto l'ufficio.
Due traditori, un ragazzo e una ragazza si avvicinarono con i coltelli in mano ridendo di euforia e sete di sangue. Arastasus aggirò Sileus e arrivò alla scrivania da cui prese qualcosa.
Sileus fece scattare la lama sinistra e tagliò le mani della ragazza che teneva il coltello sollevato, poi, scattato in piedi, alzò di nuovo la lama facendola calare contro l'altro aggressore che sollevò il pugnale per difendersi. Sileus chiuse la lama sinistra e fece scattare la destra insieme al suo pugno, con una forza sovrumana l'Imperatore spinse il traditore facendolo cadere fuori dalla finestra. Le urla del caduto risuonarono per tutta la Piramide.
Sileus si voltò sentendo il sapore del sangue in bocca e facendo fatica a respirare, abbassò lo sguardo e vide che l'avversario era riuscito a piantare il coltello tra le costole. In quel momento Arastasus si fece avanti e trafisse Sileus in pieno petto. Aveva usato il pugnale di emirite donato a Sileus da Merus Lyriano per mano di Sibilla.
Sileus osservò con tutte le sue forze quel ragazzo che lo aveva colpito con un'espressione rabbiosa ed euforica allo stesso tempo. Con tutte le sue forze l'Imperatore chiuse le seste dee e prese la testa di Arastasus junior avvicinandolo.
"T...t...tu...mi hai permesso...d...di...completare la mia....la mia...opera."
Detto questo Arastasus estrasse con forza il coltello provocando in Sileus un dolore intenso che, andandosi a sommare con le altre ferite lo rese capace solo di voltarsi verso la scrivania prima di cadere in ginocchio e poi su un fianco. Osservava il busto di Fornos, mentre i traditori si allontanavano trascinando fuori gli ostaggi e il giovane Arastasus alzava il coltello rosso e, con il sangue sulla toga da pubblicano gridava: "Libertà! Libertà! Libertà!"
Sileus guardò Fornos, il suo mentore, il suo amico, il padre che avrebbe scelto.
Dopo alcuni secondi cadde di schiena e vide il soffitto diviso in cassettoni, ognuno ornato con la Stella dai Nove Raggi.
Stava arrivando, lo sentiva. Sollevò il braccio destro, quel braccio che aveva afferrato e conquistato cento milioni di mondi.
"Ti rimetto la mia anima. Ecco, la mia mano è qui. Prendila!"
Il braccio ricadde a terra.
Fu così che Genor Vandor Sileus, primo Imperatore di Rovia, spirò.

Le memorie dell'Imperatore CarosDove le storie prendono vita. Scoprilo ora