L'Imperatore e il Gran Re

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Ricordavo quando il Magister Legionibus mi aveva detto che i legionari bramavano di uccidere chi continuava ad attentare a me e alla mia famiglia e avevano puntato gli occhi sul profeta oscuro che vagava vicino al Nucleo e sfuggiva alle pattuglie orissiane. Con l'Occhio dell'Eternità vedevo che continuava a vagare in quella regione ma i barbari del Nucleo rendevano quasi impossibile raggiungerlo senza iniziare una guerra che non ero pronto a combattere.
"Come sta andando la costruzione?" chiesi.
"La rete procede molto bene- disse l'ologramma di Leriano proiettato nel mio alloggio sulla Cor Fidelis- mentre il cancello nel sistema Lur è già pronto e testato. Certo, ci sarebbe voluto molto meno tempo se le navi cantiere avessero potuto passare per il Nucleo..."
"Devi ringraziare il re di Pira" disse Sibilla accanto a lui.
"Speriamo che Sarinus apprezzi il regalo e il viaggio su Terra. Ancora non ci credo che abbia accettato."
"Amico mio, la politica spesso pretende dei compromessi, anche dai grandi Imperatori" commentai mentre Sibilla andava a controllare il bambino nella stanza accanto.
"Come va con il piccolo? Cresce bene il piccolo di zio Leriano?"
"Benissimo, anche se piange quando non sente quella golannona nelle vicinanze" disse.
"Bene perché tra un po' sarò di nuovo lì a salutarlo, ho un bel regalo per lui."
"Quindi torni a casa?"
"Passerò per Rovia e poi andrò su Crator... sono molto grato a Sileus e a te ma... Cracontos è una fucina, voglio tornare a viaggiare tra Terra, Rovia, Numa ed Ecton... voglio fare arte dopo tutta questa ingegneria. Voglio tornare a fare il pittore, lo scultore e il disegnatore... voglio bellezza ed è per questo che spero tu vorrai accettare le mie dimissioni dalla carica di Magiaster Artificiorum."
Rimasi sorpreso da questo, però lo compresi.
"Bene- dissi- lo sapevo che questo giorno sarebbe arrivato. Però ho due condizioni: devi trovarmi un degno successore, anche se uno bravo come te non lo troveremo per almeno altre dieci generazioni, ma qualcuno che sia capace di non far crollare tutto. La seconda: rendi l'Impero più bello e splendido di quanto non s'immagini. E fatti vedere più spesso anche nel Palazzo Centrale, capito?"
"Affare fatto!" disse quel geniaccio prima di chiudere l'ologramma.
Sibilla rientrò un momento dopo seguita da quella grossa bestia fedele e docile.
"Dunque si è liberato del suo peso il geniaccio?" chiese.
"Ha realizzato il suo sogno di rendere i duecento milioni di mondi più uniti e adesso vuole tornare a casa e a viaggiare per vedere cose nuove in giro per il cosmo. Direi che lo ha meritato."
"Credo anch'io."
Si mise a guardare fuori, due grandi stelle binarie in lontananza. Uno spettacolo affascinante e affascinata lo era anche lei.
"Dunque rivedremo Sarinus" disse con aria malinconica.
"Devo dire che non speravo che accettasse l'invito- dissi- da quando è diventato Vasilus ha combattuto diverse guerre, le ha vinte tutte ma non appena un nemico cade sembra che ne sorga un altro."
"Forse gli Zotaliti che hanno attaccato noi sono più radicati dentro il Gran Reame."
"E, se come ha detto tuo zio, Sarinus ci nominerà suoi eredi saremo in una situazione molto complicata."
"Però i nemici interni di Sarinus non vorranno più la sua caduta per non far cadere Orissia nelle nostre mani e questo ci metterà in pericolo."
"Beh... lo siamo sempre stati, ma questa volta saremo più fortificati, più preparati, più paranoici se vuoi. Ma non arriveranno mai più vicini a noi o a nostro figlio. Mai più."
Ci stringemmo osservando il cosmo intorno a noi, finché Ergesius non bussò alla porta.
Ci avremmo messo tre settimane ad arrivare nel sistema Sol, lo preferivamo al cancello astrale per fare un vero e proprio pellegrinaggio da Rovia a Terra, un buon auspicio per l'incontro imminente con il Re dei Re di Orissia.
Quando passammo per il sistema di Malavia c'era un'atmosfera lugubre.
Mi trovavo sul caput, la Cor Fidelis stava attraversando il sistema circondata dalle navi legionarie e alfiere blu scuro dei pretoriani, si muovevano seguendo un barritus molto ritmico, simile a dei tamburi. La mia grande flotta scortava altre navi con illustre personalità, tra cui la Barca, una grande nave basilica che trasportava il Sommo Pontefice.
Era grande quasi quanto un'ammiraglia classe grifo, con una grande struttura sferica nella zona posteriore da cui si innalzava una specie di grande castello; ovunque si guardasse appariva sempre come una grande croce circondata da un cerchio perfetto. Ovunque riportava scritte e icone sacre con auguri di pace.
Le navi basilica erano piuttosto numerose e capaci di compiere grandi viaggi nello spazio, avanzate e resistenti quanto i vascelli dei legionari e dotate di finestre al plasma estremamente resistenti e spessi, eppure non erano equipaggiate di armi offensive di qualsiasi genere. Su quelle navi viaggiavano ministri della fede redenziana o monaci, specie di frati minori, che viaggiavano costantemente in tutti i mondi portando medicine, cibo, aiuti ovunque fosse necessario. Una di quelle navi accompagnava una legione durante le campagne più dure per il supporto morale, ma anche per vigilare sulla moralità dei soldati. Quel giorno fu come un'icona che ci proteggeva dall'influenza nefasta del pianeta Zotalo.
Seduto sul mio trono, in cima alla navata centrale della grande sala di comando, osservavo uno schermo olografico che mostrava un piccolo puntino grigio lontano, nel buio. Ergesius era accanto a me, la sua toga bianca con fascia nera portata con orgoglio.
"Posso chiedervi cosa provaste quando lo vedeste la prima volta?" mi chiese Ergesius.
"Pilotavo una nave da guerra rubata ed ero attaccato da navi di pirati ben armate e spietate, non avevo molto tempo per pensare... però mi rendevo conto che c'era e c'è ancora qualcosa lì, sepolto in quella grossa roccia. Ripetete ai comandanti che non dobbiamo avvicinarci a Zotalo... dobbiamo starci alla larga."
"Vostra Serenità- disse Ergesius- avete mai pensato di far distruggere quel pianeta? Avete il potere di farlo e..."
"No! Zotalo non è solo un pianeta maledetto... è una gabbia e che deve rimanere intatta."
Non volli parlare oltre di quel pianeta e non pensai a quello che sentivo sul Canto della Creazione.
"Hai preparato il documento?" chiesi dopo aver distolto il mio pensiero da quel pianeta.
"Certamente Serenissimo" disse Ergesius porgendomi un rotolo di cardonite verde giada su cui erano scritte delle lettere d'oro.
"Bene, lo esaminiamo subito e intanto..."
Fui interrotto da un avviso su tutta la nave.
"Tutta la flotta si disponga per i salti iperspaziali. Quattro minuti al salto."
"Bene- dissi io- finalmente andiamo a respirare. Cornicen... una marcia un po' più allegra per favore!"
Sul lato destro della sala il Cornicen, il cartografo responsabile del barritus spense la sequenza di tamburi e armeggiò con un dispositivo simile ad un grosso organo metallico, calibrando frequenze e i movimenti dell'olifante, il dispositivo di comunicazione delle navi roviane. Dopo averlo attivato esso emise un barritus diverso, sembrava una serie di trombe che segnavano una marcia solenne ma non bellicosa, come in effetti era la nostra.
Tre settimane tranquille, con nostro figlio accanto, i nostri amici in arrivo e una buona dose di pace prima dell'incontro con Sarinus. La vivemmo come una vacanza, con i pretoriani che ci difendevano con la loro potenza e ovunque passavamo gli abitanti ci inviavano saluti si dicevano onorati del passaggio della famiglia imperiale nel loro spazio. Tutto nella norma.
Quando arrivammo nei pressi del sistema Sol facemmo una piccola deviazione verso la grande nube di materia oscura che fino a pochi anni prima oscurava la stella Sole e il pianeta Terra. Io e Sibilla salimmo su una sala panoramica e osservammo quella grande e spaventosa nuvola nera che fluttuava nel cosmo, anche gli uomini e gli animali a bordo, pur non avendo il nostro potere, sentivano qualcosa in essa.
"Li senti anche tu?" mi chiese Sibilla.
"Non credevo che i diavoli potessero cantare... sembrano nostalgici e infreddoliti."
"Sì, ma tranquilli. Sei sicuro che sia una buona idea?"
"Ovviamente no. Ma dobbiamo."
C'eravamo solo noi due nella sala, iniziammo a scrutare nel Canto, concentrammo la nostra attenzione sulla nube e su ciò che si annidava al suo interno. Non conoscevamo il suo nome, ma lui conosceva noi, si ricordava di noi e di chi ci proteggeva.
"Avanti... fatti vedere... devo parlare con te... devo parlare con te..." dissi con la mente e il cuore. Sibilla stava in silenzio, mi sosteneva con la sua concentrazione, ma ero io a parlare.
"Fatti vedere... parlami..."
Sentii un brivido di freddo.
"Sei tu il re della tua razza?"
Guardavo la nube nera davanti a me, ma non era fuori.
"Devo parlare con te..."
"Solo perché mi è ordinato dall'Alto Cielo. Solo per questo."
Sussurrava. Avevo già sentito la voce del diavolo in passato, anche quella era spaventosa ma non altrettanto orribile, l'ultima volta che io e Sibilla lo avevamo sentito piangeva disperato, ora quell'essere era di nuovo lì ma nella sua vera natura. Il re dei diavoli che avevano sorvegliato Terra per più di cinquantamila anni.
"Non mi guardare" disse prima che mi voltassi.
"Ti è stato ordinato di rispondermi?"
"Sì... da dove si può decretare tutto... chiedi."
"Dimmi il tuo nome!"
"Tuchulca... i primi uomini che mi conobbero mi chiamavano Tuchulca... anche i giganti sapevano che sono Tuchulca... il guardiano."
"Tuchulca... ho già sentito il tuo nome... mi ricorderò di te... dimmi chi è colui che non riusciamo a vedere e che predica il ritorno di Zedub!"
"Pari a te... alla tua donna... a vostro figlio... un miracolo del Paradiso a cui risponde un prodigio dell'Inferno... lui è più debole e morirà presto... perché voi potete essere solo sette..."
"Cos'è un logoteta?"
"Te lo ha già detto il tuo avo... i logoteti possono essere solo sette... uno rappresenta il Re dell'Abisso... uno il Fabbricante di Stelle suo nemico... uno l'Arcimaestro che tiene il Libro... il potere vi serve per il vostro dovere che è ispirare... domare... usare noi..."
Parlava con profondi sospiri, come se fosse uno sforzo per lui.
"Tuchulca... qual'è il suo nome?"
"Foca!"
"Come lo posso catturare?"
"Morirà presto... insieme alla pace... prendi pure il resto del genere umano... prendi pure il trono di tutti i mondi degli uomini... concentrati su questo... lui non ti può fermare... il Re dell'Abisso non ti può fermare... Zedub è prigioniero e non ti può fermare... ma la pace allontanerà di molti anni il giorno in cui Foca morirà e gli anni di vita di vostro figlio..."
"Cosa dici Tuchulca?"
"Quello che ho detto... non mi guardare... il mio compito è finito... torno tra i miei fratelli nel regno che ci è stato lasciato... se tornerete tra noi... MORIRETE!"
Detto questo Tuchulca scomparve, tornò tra i suoi simili e non lo cercammo più.
Guardai Sibilla che sembrava in procinto di piangere e in effetti anche io. Contattai il caput e ordinai di andare via di lì immediatamente.
Saltammo e raggiungemmo il sistema Sol finalmente, sull'orbita del planetoide più esterno, una piccola e bella sfera azzurra. La flotta sarebbe rimasta intorno ad esso aspettando il momento giusto per raggiungere Terra.
Io e Sibilla entrammo nella nostra cabina e cercammo nostro figlio. Uliria era lì presente a controllarlo, appena entrammo lo prendemmo in braccio e lo stringemmo molto forte, ne avevamo bisogno.
"Li avete visti davvero?" chiese Uliria che ricordava il terrore di quando aveva incontrato quelle entità la prima volta.
"Non lo vedremo mai più- dissi- e andremo oltre. Sappiamo quello che volevamo e non serve più niente da loro."
Mentre Sibilla cullava nostro figlio io scrivevo un messaggio per il Magister Legionibus, Mirus, l'Inquisitore Prolicarius, il giovane legato Ulsir, Robbius e altri ufficiali. Li informavo che il mandante degli attentati, il vero nemico sia di Rovia che di Orissia in quel momento si chiamava Foca e si nascondeva oltre il Nucleo, conoscendo il suo nome forse sarebbe stato più facile trovarlo.
Appena ebbi mandato il documento ricevetti un avviso dal caput: era arrivato il segnale che aspettavamo.
"È in orario, preciso e meticoloso come sempre" disse Sibilla.
Ci trovavamo nei nostri alloggi sulla Cor Fidelis e osservavamo il piccolo planetoide sotto di noi.
"Dov'è?" chiese Sibilla.
"Dovrebbe trovarsi lassù- dissi indicando un punto sopra il planetoide- è molto lontano e difficile da vedere, ma tra poco si attiverà e brillerà come un faro. La stazione di controllo ha comunicato che il segnale dal cancello di Lur è arrivato. Dovrebbe accadere tra tre... due... uno..."
Una nuova stella si accese nel buio, grande e lontana, brillò per due minuti.
"Andiamo a dare il benvenuto al Re dei Re di Orissia!" dissi.
Circa dieci minuti dopo la mia flotta arrivò vicino al cancello astrale. Quello che Leriano aveva fatto costruire per il sistema Sol era una vera opera d'arte: bianco e oro su cui erano riportati diversi episodi del viaggio mio e di Sibilla verso Terra. Non si poteva non rimanere estasiati nel vederlo, belle erano anche le navi che erano appena passate; settanta galeoni della flotta dei Diecimila con la forma della fiamma di una candela che circondavano un'astronave con due splendide ali d'aquila e una testa triangolare, sembrava portare una corona con sette punte. Era completamente disarmata perché portava membri della famiglia reale in un viaggio di pace verso un sovrano straniero, ma i simboli di fuoco e stelle sullo scafo testimoniavano che il Vasilus in persona era a bordo.
Duemila navi roviane circondavano la flotta orissiana in attesa mentre la Cor Fidelis si posizionava al centro esatto della grande flotta.
Io e Sibilla eravamo sul caput della nostra ammiraglia e osservavamo quella flotta schierata come una linea retta.
"Ti è mancata questa visione?" chiesi a Sibilla.
"Onestamente su Rovia ho visto cose altrettanto imponenti" disse mia moglie sedendosi accanto a me.
Il Canto della Creazione si fece tenute ma allo stesso tempo stabile. Feci un cenno ai cartografi che inviarono un messaggio verso l'ammiraglia orissiana, un saluto formale, pochi secondi dopo ricevemmo un messaggio simile dalla nave di Sarinus.
"Saluto al grande e potente Imperatore di Rovia il cui potere si estende su cento milioni di mondi. Lo saluta e lo omaggia il grande ed eccellente Vasilus Sarinus Lyriano Re dei Re di Orissia, l'Unico lo renda potente e grandioso."
Il messaggio audio era accompagnato da una musica solenne e pomposa.
"Posso dire la verità? Lo stile orissiano mi è davvero mancato" dissi con sincerità. Sibilla sospirò pensando al suo passato e al motivo per cui Sarinus era arrivato.
Feci un cenno al capo cartografo che attivò un canale di comunicazione.
"Mi rivolgo al mio fratello Sarinus, della stirpe dei Lyriani, Re dei Re di Orissia. Lunga vita a te grande Vasilus il cui potere si estende su cento milioni di mondi, ti do il benvenuto nello spazio della mia patria e nel sistema Sol, luogo d'origine della razza umana e di tutti i suoi colori. Ti invito a volare con noi e a dirigerti in pace verso il sacro pianeta Terra. Questo è un saluto pacifico che ti mando io in quanto Imperatore di Rovia."
Pochi secondi dopo la flotta orissiana iniziò a viaggiare verso il centro del sistema, la Cor Fidelis roteò su sé stessa per poi essere seguita dal resto della flotta. Sibilla pareva soddisfatta della mia risposta al messaggio.
"È probabile che non risponderà- disse Sibilla- ma ho sempre trovato interessante il modo in cui siete diretti voi Roviani, su Orissia la voce del Vasilus sarebbe troppo pura per essere trasmessa nello spazio ad orecchie straniere."
"Ricordo che tuo zio una volta mi ha ammonito perché ad essere troppo diretti si diventa arroganti. Dici che non risponderà?"
"Sa bene che non può lasciarti senza risposta; aspettati un..."
Si attivò uno schermo olografico sul mio trono e venne proiettato un piccolo discorso scritto dal Vasilus in persona.
"Io parlo e lui scrive- dissi iniziando a leggere- ecco la differenza tra l'Imperatore e il Gran Re."

Le memorie dell'Imperatore CarosDove le storie prendono vita. Scoprilo ora