1001 colpi

23 4 0
                                    

Quando mi svegliai mi ritrovai nella mia stanza, guardai l'orologio e vidi che erano le sette del mattino.
Aprii la porta e trovai le mie guardie del corpo in attesa sul corridoio.
"Cos'è successo?" chiesi.
Non lo sapevano, mi dissero che avevano semplicemente fatto la guardia, pensavano che avessi solo dormito.
Lo stavo chiedendo soprattutto a me stesso: che cosa era successo? Non lo sapevo, non ricordavo niente. Non era successo niente.
Corsi verso la camera di Sibilla, quando entrai vidi Leriano che armeggiava con una strana macchina, sembrava un mappamondo da cui partivano degli elettrodi posti sul petto e sulla pancia di Sibilla.
"Cos'è?" chiesi.
"Ah... ben sveglio- disse Leriano- è un po' complesso ma..."
"Leriano... cos'è questa roba?" dissi con un tono molto nervoso.
"Beh... qualcosa sta succhiando via l'energia bioelettrica di Sibilla e del bambino. Qualunque cosa sia... dobbiamo compensare. In pratica stiamo passando energia organica nei loro corpi."
Guardai Sibilla che era quasi addormentata, sempre più debole.
"Funziona?"
Imorus si fece avanti e rispose che la situazione non era ancora cambiata, però non si erano indeboliti ulteriormente.
Uliria aveva somministrato a Sibilla delle onde alfa che le avevano indotto uno stato d'incoscienza; almeno così non soffriva.
Mi fu detto che erano appena arrivate entrambe le mie nonne, non ci pensai, ero troppo occupato a prendere una sedia e a piazzarmi accanto al letto.
I medici non erano sicuri che fosse opportuno lasciarmi stare lì, ma come avrebbero osato dirmi qualcosa?
Rimasi ad aspettare per ore, cercando di ricordare la notte scorsa, mi veniva in mente solo un uomo con un libro, non sapevo cosa volesse dire, non ricordavo altro.
Imorus mi spiegò che cosa stava per accadere e mi suggerì di non essere presente quando fosse stato il momento.
"Non ti azzardare a dire una cosa simile" dissi.
"Octopon- disse il medico prudentemente- io ti suggerisco di scegliere ora. Quando verrà il momento, perché verrà, chi dei due dovremo salvare?"
Lo guardai e risposi scandendo bene ogni parola: "Li dovete salvare entrambi!"
Poveri medici, poveri dottori, li avevo messi davvero in una posizione difficile e ancora peggio fu il seguito.
Al tramonto Sibilla si svegliò in preda alle contrazioni.
Gridava il mio nome, io mi tolsi un guanto e sfilai il suo prendendole la mano.
La medicina roviana era capace di ridurre a zero il dolore di un parto, ma quella era una situazione molto fuori dall'ordinario. Era come se un parassita stesse risucchiando l'energia vitale dai corpi di Sibilla e del bambino e nessuno sembrava capace di capire come fosse possibile.
Cercavo di consolare il mio amore, di dirle che sarebbe andato tutto bene, ma credevo di soffrire come lei.
Credo che fosse già notte fonda quando il temporale si fece più intenso. Uliria indossò dei guanti speciali fatti appositamente per quella situazione.
"Salva lui- diceva Sibilla- Salva lui... salva lui... salva lui... devi salv..."
Non poté finire la frase perché iniziò ad urlare. Le grida di dolore più intense che abbia mai udito in tutta la mia vita.
"Va bene- mormorai, senza sapere a chi lo stavo dicendo- va bene. Lo farò..."
Dopo qualche momento, non so dirti quanto Lettor, Sibilla si accasciò sul cuscino, esausta e dolorante. Tremava e subito un'infermiera si pose accanto a lei e iniziò a soccorrerla, in quel momento mi voltai e vidi Imorus che soccorreva il bambino ponendolo in un lettino speciale, una delle diavolerie mediche, ma non piangeva, non emetteva nessun suono. Mi avvicinai e lo vidi sdraiato lì, piccolo, pallido, immobile. Imorus e Uliria lo esaminarono fino in fondo, ma le loro menti mi dissero che non c'era niente da fare. Non aveva nemmeno fatto il suo primo respiro. Aveva lottato e aveva perduto.
"Octopon..." sentii Sibilla alle mie spalle e la raggiunsi. Cercavo di trattenere le lacrime ma... cosa avrei potuto mai dirle?
"Sono qui amor mio- le dissi- va tutto bene. Non preoccuparti, va tutto bene!"
"Come sta? Lui dov'è?" chiese Sibilla con voce tremante.
Avevo il volto rigato dalle lacrime, temevo che sarebbe morta se le avessi detto la verità, ma non potevo lasciarla lì.
Feci un sospiro, ma prima di dire qualcosa ecco il Canto della Creazione, ecco una nuova, improvvisa, splendida melodia
Un colpo di tosse, poi un pianto. Non ci potevo credere e non ero l'unico.
Mi alzai mentre Imorus e Uliria si avvicinavano sbigottiti a quel bambino che ora mostrava un colorito rosa e squarciava il silenzio con un pianto che liberava i suoi polmoni.
Uliria lo prese in braccio a mani nude. Si era appena tolta i guanti e non aveva di certo pensato di passarmeli.
"Respira bene- disse lei quasi piangendo- il battito cardiaco è regolare, l'attività cerebrale è ripresa regolarmente. Sta bene!"
"Non capisco... non è poss..."
Prima che Imorus potesse dire altro presi il bambino che Uliria aveva appena avvolto in una coperta.
Lo osservai incredulo, era leggero, aveva degli occhi marroni molto vividi, credo che avesse qualche capello biondo ed era robusto per essere un neonato. Ai miei occhi era perfetto.
Mi voltai verso Sibilla, non parlava ma tendeva le mani verso di noi. Mi avvicinai e le porsi il bambino.
Lei mi guardò stupita.
"Cosa- chiesi- cosa c'è adesso?"
"La tua mano..."
Solo in quel momento mi accorsi che la mia mano sinistra era scoperta e stavo toccando mio figlio così come aveva fatto poco prima Uliria. Anche Sibilla aveva ancora una mano senza guanto e, con molta cautela, toccò un dito del bambino. Non accadde nulla: nessuna ustione, nessun grido di dolore, nessuna reazione o folgore.
Non credo di aver mai visto Sibilla così felice. Nostro figlio non ci sarebbe stato negato e lui non avrebbe dovuto vivere con un'armatura addosso.
Sibilla prese il bambino in braccio e lo osservò, impacciata e stanca.
"È perfetto- disse- è perfetto!"
L'abbracciai senza smettere di guardarli entrambi.
"Come si chiama?" le chiesi.
"Merus- disse- il suo nome è Merus."
Merus Vandor, mio figlio, un guerriero che aveva lottato per nascere e aveva vinto.
"Hai ragione è perfetto" dissi baciandole la fronte.
"Grazie Octopon- disse Sibilla- e grazie a tutti voi per non averci abbandonati."
Richiusi il guanto e andai ad abbracciare Imorus e Uliria, tutte le persone lì presenti, gli altri medici e gli infermieri, ebbero la nostra gratitudine eterna.
Passai nel salotto, vi era tutta la mia famiglia al completo, i miei amici, Merus e Oliria Lyriani, tutti lì ad attendere, tutti che temevano.
Quasi non li guardai quando varcai la porta. Cercai il Magister Legionibus e lo vidi sulla soglia all'atro capo della stanza, proprio accanto a Mirus.
"Magister Legionibus- gli dissi- ordino che in ogni città, di ogni singolo mondo dell'Impero Roviano i legionari armino un cannone e sparino mille e uno colpi... per festeggiare e onorare... la nascita di Merus Vandor Airos, figlio primogenito mio e dell'Imperatrice Sibilla."
Inutile dire cosa accadde dopo in quella stanza; tutti furono colti da emozioni molto intense, mia nonna Relian quasi se la prese con i medici per averci fatto spaventare, ma nessuno era in grado di spiegare veramente cos'era appena successo.
La notizia della nascita di mio figlio si sparse rapidamente e ogni città si svegliava d'improvviso con  un grande cannone che sparava a salve. Non appena i media spiegavano cosa significava iniziavano parate e grida di giubilo, sia per il bambino che per Sibilla.
Merus Lyriano non riusciva a commentare l'onore che aveva ricevuto, ma da quel giorno non ebbe più pesi sul cuore.
Sibilla si riprese presto e anche il nostro Merus. Qualunque cosa li avesse afflitti durante il travaglio ormai sembrava completamente passata. Quando arrivammo su Rovia battezzammo nostro figlio nella cappella palatina, il difficile fu scegliergli un padrino, io e Sibilla eravamo incerti tra Mirus e Leriano. Per fortuna il primo cedette l'onore convinto che lo meritasse chi aveva aiutato di più il piccolo nel momento della nascita, il geniaccio lo gradì molto, ma non era finita lì.
Quando Merus Vandor Airos era ormai nato da tre settimane il Senato fu convocato per una riunione ordinaria a cui furono però invitati anche il Sommo Pontefice e molti influenti membri del Concistorio. Sibilla venne con il bambino in braccio e si fermò sul palco davanti alla Scala dei Giganti, io ero seduto sul Soglio Imperiale ma mi alzai non appena Garrinus ebbe spiegato all'assemblea che, come prevedeva la tradizione, il capo dello Stato avrebbe compiuto alla loro presenza il rito della presentazione.
Una tradizione molto importante per noi Roviani, perché era il momento in cui un padre riconosceva il proprio figlio e lo ammetteva nella famiglia.
Non smisi di guardarli e di sorridere loro mentre mi avvicinavo. Chi avrebbe mai immaginato che saremmo arrivati a quel punto?
Quando fui sul secondo scalino mi fermai.
Sibilla si fece avanti e parlò, la sua voce riprodotta in tutta la sala.
"Io, Sibilla Lyriana, principessa della seta, duchessa di Crator, regina dei Vagnar, principessa di Ctefo, Advocata del sacro pianeta Terra, Imperatrice di Rovia, presento mio figlio, il mio primogenito, Merus Vandor Airos, a suo padre, il mio sposo, Octopon Vandor Caros Aedifus Orissio Sileus Imperator."
Detto questo Sibilla poggiò Merus sul primo scalino, proprio davanti ai miei piedi, lo fece piano, si vedeva che aveva moltissima cura del nostro primogenito.
Il piccolo non sembrava molto felice di essere appoggiato sul duro sidermo, ma ci rimase per poco perché io mi chinai subito per prenderlo in braccio, lo sollevai osservandolo, avvolto nella sua coperta rosso porpora. Aveva uno sguardo molto incuriosito, forse voleva capire cosa succedeva, chissà. Quando mi guardò però mi riconobbe e sorrise.
Lo sollevai e mi rivolsi al Senato, alla mia famiglia, all'intero universo.
"Questo è mio figlio! Il suo nome è Merus Vandor Airos!"

Le memorie dell'Imperatore CarosDove le storie prendono vita. Scoprilo ora