Padre, padre, padre

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Rimasi fermo a prendere gli applausi e le acclamazioni, il vox si riattivò e potei parlare di nuovo alla gente.
"Dichiaro.... la vittoria del valore.... che i Valicalia comincino e nessuno osi violarli o ignorarli."
Fui acclamato mentre la sargena iniziava a strisciare e a porre il muso sotto la mia mano, cercava protezione da quel suono orribile e ormai si fidava di me. Appena i tecnici riuscirono ad entrare nell'arena ottenni di essere condotto alla gabbia dei cuccioli, quegli uomini si tenevano ben distanti mentre la sargena mi seguiva strisciando piano piano con estrema prudenza. Quando aprimmo la gabbia sotterranea la creatura entrò e non volle più uscire. Anche lei aveva vinto quel giorno.
Inutile dire che mia madre e mia nonna erano in un'angoscia mai provata prima e gli archiatri dell'Imperatore mi si avventarono addosso come gli Spartiati...... ma fu Sibilla..... lei fu il mio sostegno, la visione che mi rimise in pace, con quel volto preoccupato per me e per la mia sorte; fu lei ad aprire il mio elmo e l'unica che sorrise veramente nel vedermi vivo e salvo. Persi i sensi stremato.
Mi risvegliai circa dodici ore dopo, ero sdraiato in un lettino del Lazzaretto sul Palazzo Centrale fui sorpreso di vedere, nelle poltrone della stanza oltre a mia madre e a mia nonna, Sibilla addormentata su un divanetto della stanza. Mi misi seduto e mi accorsi di avere degli acciacchi, ma niente di grave. La mamma fu la prima ad accorgersi che ero sveglio e a dirmi da quanto tempo dormivo, poi si svegliò anche mia nonna ben lieta di salutarmi, nonna Relian era forte ma anche così affettuosa.
"Ma cos'è successo?" chiesi anche se lo sapevo bene.
"È quello che ci chiediamo tutti: che cosa è successo?" chiese mia madre.
Io stavo benissimo, mi sentivo molto più leggero e ben messo, anzi ero proprio in forma. Il mio sguardo cadde su Sibilla, mia madre se ne accorse e anche la nonna Relian sorrise.
"Ha chiesto di rimanere qui tutto il tempo- disse la nonna- ad un certo punto è crollata anche lei.... molto preoccupata."
Io guardai negli occhi quelle persone a me tanto care, frugai nelle loro menti e sentii ansia, felicità e altri pensieri tra me e Sibilla; insomma avevano capito, ma in quel momento pensavano ad altro.
"Cos'è successo nell'arena?" chiese mia madre.
"Ho combattuto e ho vinto" dissi io, era tutto ciò che c'era da dire e da sapere.
"Non credo di aver mai visto Sileus così furibondo: ha messo i legionari a sequestrare e ispezionare l'arena e vuole mandare ai lavori forzati chiunque sia il responsabile di......"
"Il solo responsabile- dissi interrompendo mia nonna- se n'è andato dopo la mia vittoria. Diciamo pure al nonno che può mettere a cuccia i legionari."
Non capivano e non avrebbero capito, tra l'altro non ci riuscivo nemmeno io.
Sibilla si svegliò poco dopo e fu molto felice di vedermi vivo e vegeto, così come io fui lieto di vederla. Mi rialzai presto e potei uscire subito dal Lazzaretto, le emorragie interne erano state riparate velocemente senza pericoli o problemi, non mi rimanevano nemmeno le cicatrici. La mia prima preoccupazione fu essere informato sulle condizioni dei sargeni, mi dissero che stavano bene, che erano nelle gabbie e che si stava ancora decidendo cosa farne. Ordinai che fossero portati in una riserva naturale destinata a creature della loro natura e pretesi di essere informato sul trasferimento e sull'integrazione della famiglia. I lanisti erano piuttosto perplessi, ma non osarono contraddire gli ordini del Coimperatore. Devo dire che era inebriante tutto quel potere.
Dopo questa faccenda Sileus e mio padre mi fecero visita assicurandosi che stessi bene, e in effetti nemmeno io avevo mai visto o sentito mio nonno così furibondo, era davvero deciso a trovare i responsabili di quel guasto all'arena. Non era importante, glielo dissi, ciò che contava era far proseguire i Valicalia e lasciare che la gente si divertisse.
Quando finalmente fui lasciato solo mi resi conto che tremavo dalla fame: scrissi un lungo messaggio alle cucine del Palazzo Centrale e mezz'ora dopo furono teletrasportati sul mio tavolo: un primo di spaghetti al ragù di lugarni, dei vermi molto proteici, un secondo di arrosto di bisonte numo e un dolce al cioccolato e mandorle azzurre. Un lauto banchetto preparato con efficenza e una grande velocità.
Dopo aver mangiato bene e a sazietà ripensai a qualcosa che non avevo mai potuto chiedere o scoprire. Feci un gesto della mano sinistra e la stanza cambiò trasformandosi in un bosco con al interno una tastiera, tutto un grande ologramma che però dava l'impressione di essere davvero reale, i campi di forza lo rendevano anche sensibile al tatto. Iniziai a digitare una richiesta che non avevo avuto il tempo di fare a mio nonno, ma non potevo più aspettare.
Da Coimperatore Sileus mi aveva dato accesso a tutti i dati più criptati e ad ogni segreto dell'Impero, così potei osservare tutto ciò che Rovia conosceva, ricercava, nascondeva. Tuttavia era qualcos'altro che volevo sapere; scrissi il mio nome e tra gli alberi arrivarono degli uccelli molto grandi, sembravano dei falchi che si posavano sui rami e sul terreno: erano archivi e schede, appena ne toccavo uno si trasformava in un leggio con un libro sulle cui pagine scorrevano le immagini e le parole, fui sorpreso di vedere un vero e proprio archivio su di me: Sileus si era preoccupato di catalogare e classificare tutta la mia vita e i miei progressi e lavori. Scorsi e passai ogni parola avidamente finché non trovai esattamente ciò che volevo: una cartella intitolata "Natura e poteri di Octopon Vandor Caros", i risultati delle ricerche e delle analisi che mi erano stati fatti da bambino, forse la risposta a tutte le mie domande, forse la spiegazione del mio potere. Mi risultò impossibile entrare, l'accesso mi era negato, quello era uno dei tre archivi dell'Impero a cui nemmeno io potevo accedere, riservato solo all'Imperatore. Dovevo parlarne con lui, in effetti avrei dovuto farlo molto tempo prima.
Un istante dopo chiusi tutto e presi il comunicatore: mi ero ricordato che avevo un appuntamento quella stessa sera, una cosa che non avrei perso per niente nel Universo. Dissi "Sibilla" e partì la chiamata, quel oggettino a forma di ellisse posto sul mio orecchio sinistro mi stava mettendo in contatto con lei.... sì lei.
"Octopon?" mi rispose la sua voce dall'altra parte.
"Salve Sibilla" dissi io.
"Come stai?" mi chiese.
"Molto meglio, avevo bisogno di un lauto pasto e ora sono pronto!"
"Pronto per cosa?"
"Non ricordi il mio invito di questa sera che tu accettasti?"
Mi sentivo molto sicuro di me, più di quanto non lo fossi mai stato, ma non avevo intenzione di dirle qualcosa del genere senza averla di fronte.
"Ma..... sei sicuro di essere davvero in condizioni di....?"
"Credimi Sibilla: non potrei sentirmi più pronto per una serata simile!"
"Ma..... sì avevamo detto questa sera, ma dopo quello che è successo anche solo ieri..... fino a questa mattina....."
"Non ero pronto. Lo sono ora!"
"Ma guarda che capisco se rimandiamo....."
"Devo mostrartele questa sera per forza. Ci sono solo questa sera!"
"Che cosa?"
"Le luci più belle di Rovia!"
Qualche secondo di silenzio e poi lei mi chiese: "Perché sono le più belle quelle di questa sera?"
"Perché illuminano cose meravigliose e quelli che possono essere momenti che valgono una vita!"
Da dove mi era uscita? E perché ero così euforico e sicuro? Non l'ho mai scoperto.... ma era fantastico e un attimo dopo lo fu ancora di più.
"Quando.... quando.....- cercava di parlare ma credo che l'emozione l'avesse bloccata, dolcemente ci riuscì- quando passi di qui a prendermi?"
Trionfo! Mi sentivo trionfatore! Ma mi trattenni, non era il momento di esultare.
"Alla dodicesima, tra quattro ore. Va bene?"
"Perfetto! Sì.... allora tra quattro ore!"
"Tra quattro ore! Ci vediamo più tardi Sibilla."
"A presto Octopon!"
Chiuse la comunicazione ma io avevo riconosciuto il tono, quel tipo di tono vocale che avevo anch'io quando parlavo con lei. Quindi forse anche Sibilla....
Ma perché farmi delle idee in quel momento? Dovevo prepararmi per quella che sentivo sarebbe stata una serata meravigliosa e specialissima, forse la più importante della mia vita. Non mi importavano le idee, le prove, le macchinazioni, i titoli, non mi importava di Rovia o dell'Impero. Solo Sibilla contava per me, dopo l'arena ero diventato sicuro di moltissime cose e una di queste era non solo che io amavo Sibilla, ma che quella sera glielo avrei finalmente detto.
Qualcuno disse di aver sentito un urlo quella sera alla villa di Sibilla, ma è una leggenda che nessuno ha mai confermato.
Eravamo d'accordo di girare in incognito quella sera, alla larga dal Palazzo Centrale e dal ricevimento che Sileus aveva fatto organizzare per i Valicalia a cui il Coimperatore, per legittimi motivi, non avrebbe potuto partecipare così come la principessa della seta che era impegnata in questioni personali. Quel vecchiaccio.... era davvero un complice prezioso.
Mi preparai con una comune giacca in cardonite nera molto comune, un cappello con visiera e schermo olografico e pantaloni neri con stivali. Senza il lungo manto che era la toga mi sentivo a disagio, non era il mio stile ma dovevo passare inosservato in quella folla che avrei incontrato quella sera. Ero pronto circa un'ora prima del dovuto, uscii di casa e subito i quattro pretoriani di guardia alla porta mi seguirono decisi ad andare ovunque mi dirigessi. In quel momento mi limitai a salire sulla mia macchina e a partire, mentre i soldati correvano. Le loriche dei legionari erano un vero e proprio esoscheletro con diversi propulsori e meccanismi che davano al soldato la possibilità di correre a velocità incredibili. Faceva molta impressione vedere quei quattro soldati corrermi dietro, anche imbarazzante direi, ma almeno erano efficienti. Mi fermai davanti a casa dei miei genitori, volevo fare un rapido saluto ai miei genitori prima di uscire quella sera.
Vidi che i miei genitori stavano uscendo per il ricevimento dei Valicalia ed erano molto eleganti, forse non proprio felici di andare a quella noiosa festa ma pronti.
"Buona sera" dissi scendendo dal veicolo.
Furono un po' sorpresi, non mi avevano mai visto così.... popolano.
"Ben trovato" disse mio padre.
"Che eleganza" commentò mia madre.
"Sono solo attrezzato per fare i miei doveri" dissi.
I miei genitori si guardarono e ripensarono a qualcosa che avevano vissuto molto tempo prima.
"No! Niente di simile. Non fatevi strane idee."
Me le ero già fatte io ma meglio non parlarne. I due alzarono le mani e mi chiesero come stavo, se davvero ero pronto a uscire malgrado ciò che era successo il giorno prima.
"Devo dire che mi sento fin troppo bene e sono pronto a fare il mio dovere" risposi.
"A me sembri piuttosto felice" disse mia madre.
"Sto solo facendo ciò che devo" dissi io.
"E anche ciò che meriti" disse mio padre. Quanto mi voleva bene mio padre.
Augurai loro una buona serata e sentii che erano davvero felici per me e mi auguravano una buona fortuna.
Per mia fortuna, da Coimperatore, avevo a disposizione ogni singolo mezzo dell'Impero e quindi avevo già un aliante che mi aspettava.
Quando arrivai alla villa di Sibilla vidi che non c'erano guardie, non c'erano i droidi osservatori al cancello ma mi accorsi che c'era qualcuno: era roba da non credere. Vidi una Sibilla che non si era mai vista: indossava degli stivali bianchi con tacchi e dei disegni floreali che correvano su due larghi pantaloni dello stesso colore, quello era un gilè ben abbottonato che circondava una camicia estiva molto leggera e comoda, i capelli erano raccolti in una lunga ed elegante treccia invece che nella normale coda. Sorrise quando mi vide.
"Ave Coimperator" mi disse.
"Pace a te principessa della seta" le risposi mentre saliva in macchina.
"Dopo i convenevoli salve" conclusi.
"Sono contenta di vedere che stai bene" mi disse.
"Ho imparato che ci vuole ben altro di un'arena impazzita per schiacciarmi."
"Lo sai che ti vedo proprio rinnovato?"
"In che senso?"
"Sembri ancora più forte di quando sei entrato nell'arena, più sicuro, più ....."
"Deciso?"
"In armonia" concluse dopo qualche secondo.
"Senti- dissi io- non credi che potrebbero riconoscerti?"
"Non sono abbastanza in incognito?"
"È che i tuoi capelli....." fui zittito da un colpo di chioma dopo il quale i capelli di Sibilla diventarono di un nero intenso.
"Dicevi?" aveva un sorriso beffardo mentre me lo chiedeva.
"Nanodroidi?" chiesi.
"Sì, li ho indossati questa sera, un po' scomodi, come fossero una lacca, ma abbastanza efficaci."
"Senti ma.....?"
"Se osi insinuare che  il biondo oro che hai visto fino ad oggi non sia il mio colore naturale ti incenerisco!"
Il suo tono era piuttosto chiaro.
"..... maaaa.... sei pronta per una serata speciale?" non era esattamente una conclusione eccelsa ma funzionava.
"Voi Roviani amate davvero le grandi feste, eh?"
"Solo quelle per cui vale davvero la pena."
Arrivammo ad un aeroporto dove ci aspettava un aliante, un velivolo atmosferico di forma triangolare dotato di quattro propulsori lec, due sulla coda e gli altri all'attacco tura delle ali, una grande apertura alare e un gancio sul ventre. Dovemmo solo parcheggiare perché l'aliante si agganciò alla macchina e la sollevò.
Volavamo sulla Vandorra notturna, uno spettacolo incredibile: luci bianche e arancioni costellavano le montagne, le valli e i monti intorno al Palazzo Centrale e i globuli lux, le sfere di energia illuminanti, fluttuavano nel cielo seguendo scie magnetiche nell'etere, sembravano lucciole che svolazzavano distanti, mentre quelle vicine al Palazzo Centrale, gigantesche, un poeta le aveva definite "stelle che orbitano intorno ad una divinità addormentata".
"Devo ammetterlo: Chetrala non è così" disse Sibilla.
"Lo giudicherò presto"dissi io. Ma davvero non si poteva non rimanere incantati da quella meraviglia, quella città di pietra, metallo e luce che davvero era degna di essere il cuore pulsante dell'Impero Roviano.
"Lo vedi?- dissi indicando una grande distesa d'acqua scura in lontananza- quello è il famoso Mar di Vandorra, un grande lago di acqua dolce al limite orientale della città."
"Non lo avevo mai visto di notte. Stiamo andando lì?"
"Sì, al festival che si terrà laggiù, in un posto da cui potrai vedere quelle luci che ti dicevo."
"Mi hai incuriosito."
L'aliante iniziò a sorvolare l'acqua a grande velocità fino a giungere in vista di un'isola in cui risplendevano le luci di due villaggi, uno per lato, al centro dell'isola si trovava una piattaforma circolare, un aeroporto su cui l'aliante si posò sganciando la macchina e riprendendo il volo verso la costa.
"Tornerà quando lo richiameremo" dissi io.
"Bene, anche se questo sembra un buon posto dove ritirarsi" commentò Sibilla.
Quanto aveva ragione.
Mi misi a guidare in direzione del villaggio occidentale che si affacciava sulla costa, quella piccola foresta era davvero buia ma i fanali illuminavano la strada in modo più che sufficiente.
"Questo posto me lo ha suggerito mio padre- dissi io- un luogo tranquillo, dove fanno una bella festa senza troppa gente e in vista dello spettacolo."
"Ma che spettacolo è?"
"Non anticipo nulla- risposi sicuro di quanto la curiosità la stesse corrodendo- però devo dire che sono abbastanza sicuro che ti piacerà."
Arrivammo ad un parcheggio al ingresso del borgo, un arco apriva le mura della cittadina, sembrava di essere in tempi molto antichi: un villaggio con le strade e le case in pietra, ma quello era sidermo e ciò che sembrava legno era cardonite modellata per sembrarlo. Passato l'arco ci trovammo davanti ad un monumento eretto in onore di Sileus: l'Imperatore stava eretto su un uomo caduto in terra, un Kelsharr.
"Viene celebrato davvero ovunque" disse Sibilla.
"Non diversamente da molti altri. Comunque questa serata non è per celebrare lui o una guerra, ma solo una vittoria sulla disperazione" dissi offrendo il braccio a Sibilla che lo prese con un sorriso. Ci incamminammo verso il luogo in cui si stava svolgendo la festa: una piccola sagra con balconi, tavoli con panchine, un palco con orchestra, dei bar e ristoranti. Il tutto arricchito dagli ologrammi proiettati dagli strumenti dell'orchestra e alcuni androidi monocoli che trasportavano piatti, bevande e qualche altra macchina ambulante che svolgeva diverse funzioni, c'era già gente di tutte le etnie a scambiarsi saluti, a scherzare e a godersi una bella serata.
"Ricorda che se ci riconoscono...." iniziai.
"Sarà una seccatura" concluse lei.
Andammo vicini al muro della piazza: era una grande terrazza che dava a strapiombo sul gigantesco lago, davanti a noi la capitale e la sua distesa di luci.
"Fantastico" disse Sibilla.
"Aspetta di vedere più tardi" dissi io.
Ci guardammo intorno e Sibilla fu la prima ad individuare la bancarella giusta. Ci scambiammo uno sguardo di complicità e ci dirigemmo verso quelle attraenti pizze. Ne prendemmo un piccolo quadrato a testa, l'uomo al banco ebbe la sensazione di avermi già visto, ma non ricordava dove.
"Scusa ma- disse Sibilla- a parte il pilota del aliante, davvero non ci sono guardie a sorvegliarti?"
"C'è il satellite in orbita, gli ho proibito di vederci ma sanno dove siamo e al primo segno di pericolo, da scoprire attraverso le mie funzioni vitali che monitorizzano in ogni momento, ci teletrasportano tutti e due al Palazzo Centrale. E perché le tue guardie non....?"
"Perché ho ordinato loro di non seguirmi e ormai si fidano di te e del fatto che in tua compagnia non corro pericoli. Ho dato loro la serata libera, ma solo Uliria aveva qualcosa da fare."
"E anche Leriano" dissi io.
"Secondo me quei due si somigliano molto" disse guardando la città.
"Già si somigliano davvero" risposi guardando nella stessa direzione.
"Buona sera bella gente!" disse al microfono un tipo che aveva l'aria del terribile organizzatore di serate e festival: era un famoso cantante di origine eborila, si chiamava Etus Zugdulu, le sue canzoni erano di moda è molto apprezzate, anche a me piaceva il suo stile. Stavamo vedendo un ologramma: Etus era sul palco del festival principale ma tutta Rovia e i sistemi vicini stavano seguendo in diretta il suo spettacolo in posti come quello.
"Benvenuti ad un nuovo appuntamento con i Valicalia! Abbiamo avuto un inizio piuttosto turbolento quest'anno ma.... IL FESTIVAL CONTINUA!"
Ed ecco la gente che applaudiva e acclamava.
"Spero siate pronti a muovervi perché questa sera..... FAREMO CADERE LE STELLE DAL CIELO!" gridò ancora Zugdulu iniziando a cantare una delle sue canzoni preferite mentre la gente scendeva in pista a ballarla. Io e Sibilla ci guardammo, ricordavamo l'Armonia delle Sfere Celesti, e.... cosa ci tratteneva quella sera? Niente. Inoltre sentivamo nelle nostre menti il ritmo e l'emozione di quelle persone e non potevamo non farci prendere dal quell'euforia.

"Questa è la vita!
Questa è festa!
Questa è vita!
Questa è la festa!
È la mia vita e la vivo! Mi manca solo.... il cantare!

Canterò, questa mia canzone,
festeggerò ogni mio istante,
partendo dal Nucleo accecante fino al Abisso dove ogni luce è inesistente!

Questa è la vita!
Questa è festa!
Questa è vita!
Questa è la festa!
È la mia vita e la vivo! Mi manca solo.... il cantare!

Questa mia canzone è inarrestabile.
Come vivere la vita che per me è una festa,
con questo ritmo che mi martella la testa.
Ho visto il cosmo ma voglio restare... su Rovia! È questo mondo il mio cosmo ora.

Questa è la vita!
Questa è festa!
Questa è vita!
Questa è la festa!
È la mia vita e la vivo! Mi manca solo.... il cantare!"
Immaginaci Lettor a seguire il ritmo di questa canzone con un ritmo veloce, travolgente, e lei era con me, veloce, agile, graziosa e così in armonia con me.
Ad un certo punto, tra una piroetta e l'altra, mi ritrovai in ginocchio davanti a lei, qualcuno ci guardava, incerto su chi fossimo, una ragazzina era certa di aver riconosciuto Sibilla e io, ero pronto. La canzone era finalmente finita quando mi rialzai e mentre Zugdulu si prendeva gli applausi e si preparava a iniziare un altro pezzo io dissi a Sibilla: "Ti devo dire una cosa."
"Sì?"
"Qualcosa di molto importante che non posso più rimandare o ignorare."
"Davvero?"
Mi sorrideva, iniziava a respirare velocemente, credo che fosse emozionata.
"Io...." mi interruppi. Sentivo qualcosa nel Canti della Creazione, come un urlo e poi fui preso da una grande angoscia che mi opprimeva come se qualcuno mi stesse stritolando il cuore. Anche Sibilla sentiva quel grido nel Canto ma non la stessa angoscia.
Ero piegato su me stesso e alcuni dei presenti si accorsero che stavo male, fu chiamato un medico ma subito si teletrasportarono cinque pretoriani intorno a noi, uno di loro era equipaggiato con attrezzatura medica e si mise a scansionarmi. Immagina la sorpresa della gente di avere davvero il  Coimperatore in quella piccola festa.
"Voglio parlare con mio padre- dissi- dov'è mio padre?"
Ero fuori di me, sentivo il bisogno di vedere che mio padre stava bene ma non mi dissero nulla, non sapevano di cosa parlassi. In quel momento partì lo spettacolo: raggi lec furono sparati al cielo e colpirono strisce di nanodroidi sospesi nel cielo che iniziarono a formare disegni nel cielo come fiumi di fuoco rossi, verdi e blu illuminando a giorno il lago. Ma io non guardavo, non ci riuscivo, non potevo, pensavo a mio padre e non capivo cosa.... d'un tratto Zugdulu fu interrotto e al suo posto un uomo calvo, grassoccio e con una toga nera da serata salì sul palco al suo posto, era Bartanus, il sindaco di Vandorra e direttore di quel festival.
"Una tragica notizia- disse il sindaco rivolto a tutti gli ascoltatori- c'è stato un attentato al Palazzo Centrale, il Maggiordomo palatino Renor Vandor Licario è stato assassinato.... Licario Vandor figlio di Sileus è morto!"

Le memorie dell'Imperatore CarosDove le storie prendono vita. Scoprilo ora