Il processo

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Il dottore di legge Bergus era un uomo basso, calvo con una corta barba bianca, occhi verdi e uno sguardo sereno. Era un uomo semplice ma molto saggio e intelligente, non era affatto emozionato per essere al cospetto degli Imperatori di Rovia: gli importava solo di fare il suo dovere. Si sarebbe presentato con gli abiti tradizionali di un magistrato orissiano, ovvero una tunica color celeste e un mantello blu scuro, molto diverso dai colori tradizionali del giudice roviano ma comunque accettabili. Bergus era una vera autorità presso l'ambiente giuridico sia nel Gran Reame che su Rovia: aveva studiato in diversi mondi dei discendenti dei valeriani, era entrato a far parte dello Skarlaktos come segretario degli uffici legali del Vasilus dove aveva fatto carriera e scritto molti trattati legali che avevano fatto la sua fama. Il suo mandato su Rovia per quel periodo era un dono di Merus e una garanzia di imparzialità.
Lo incontrammo nella città di Taurisia, sede di uno dei più grandi tribunali del nostro mondo e dove si sarebbe svolto il processo. Era una delle città più piccole di Rovia, ma il suo Palazzo di Giustizia era un'opera d'arte meravigliosa e con un grande valore simbolico per il popolo roviano. Al suo interno si trovava una grande aula ovale, ai lati si trovavano delle splendide vetrate color rosso sangue con al centro la Stella a Nove Raggi azzurra. Sul pavimento, al centro dell'uovo, un mosaico che raffigurava una Giustizia bendata. Le pareti e le colonne ai lati della stanza erano grigie. Il pubblico e i media con le loro attrezzature erano relegati in una metà dell'aula, l'altra era riservata al personale e agl'imputati.
Io, Sibilla e Bergus entrammo nell'aula accolti da uno scrosciante applauso, tutta l'aula era permeata di raggi che catturavano le immagini e i movimenti riproducendoli in proiezioni olografiche in tutti i mondi dell'Impero. Tutti avrebbero visto e sentito tutto.
In quanto Imperatore ero a capo delle istituzioni giudiziarie e possedevo il martello con cui si dirigevano i processi e si timbravano i verbali. Lo consegnai a Bergus dandogli così il mandato per presiedere il processo in quanto capitolare.
Io e Sibilla ci sedemmo su due troni che erano stati posizionati per noi accanto al pulpito del capitolare.
Il dottore della legge orissiano fece un inchino a me e a Sibilla, poi si mise alla scrivania in cima al suo pulpito e mostrò il martello.
"Io, Aius Bergus di Orissia, ricevo il mandato dell'Imperatore dei Roviani per presiedere questo processo e condurre il capitolo formato da me e dai cinque giudici prescelti. Tutto il processo sarà condotto in base alla legge di Rovia espressa nei Dodici Codici, derivata dalle leggi dei nostri padri Valeriani e dei loro padri Terriani. Siamo qui per fare giustizia e pertanto io dichiaro che qualunque comportamento scorretto e inappropriato a questa sede non sarà tollerato, e l'oltraggio a questo Capitolo e al tribunale sarà punibile con il carcere. Ho il potere di prendere questo provvedimento e vi assicuro che lo farò se sarà necessario. Sono pronti i cinque giudici?"
Cinque persone, tre uomini e due donne, si fecero avanti e si schierarono davanti al pulpito del capitolare; nessuno di loro era Roviano, indossavano abiti tradizionali dei loro mondi, uno di loro aveva le mani palmate e una corona fatta delle ossa di un qualche animale marino. I giudici erano legislatori, notai, dottori della legge che venivano convocati per esprimere i giudizi nei processi, insieme con il capitolare che presiedeva, e i legislatori (difensori e accusatori) formavano il Capitolo. C'era voluto del tempo per trovarne alcuni che non avessero subito la guerra civile, ma ormai l'imparzialità era garantita finalmente.
I giudici confermarono di essere pronti e assicurarono la loro imparzialità.
Il capitolare si sedette al suo posto sotto una grande scritta, presente in ogni tribunale dell'Impero Roviano.

Dal Divino i gusti
Dai giusti la legge
Nella legge tutti

Vennero presentati i ventidue imputati. Erano tre ex senatori e molti grandi industriali, capitani d'industria talmente ricchi da potersi comprare il Palazzo Centrale. Una volta detti i loro nomi essi accettarono il capitolare e i cinque giudici, ognuno di loro aveva un legislatore, ovvero un dottore della legge che li rappresentava con il titolo di advocator che vuol dire protettore, la Comunitas era invece rappresentata dal legislatore con il titolo di procurator, l'accusatore. I ventidue imputati avevano un advocator a testa e come portavoce avevano il dottor Garbulus, una vera stella nella Gilda Notarile. Fui sorpreso nel riconoscere Urmus, il mio vecchio collega dell'Accademia Palatina, tra i legislatori della difesa. Era un vero reggimento, ma anche gli accusatori non erano da meno, la Gilda aveva schierato i migliori al servizio dei cittadini desiderosi di giustizia.
Io e Sibilla eravamo seduti su una tribuna d'onore al centro degli spalti che avevano la forma di un anfiteatro. Un grande banco al centro del palco era il posto dei testimoni. Quel palco era stato benedetto e consacrato, per la religione redenziana, base e fondamento della nostra identità, non ammette il giuramento, bisogna solo dire sì quando è sì e no quando è no. Quindi, chiunque salisse su quel palco sapeva che la menzogna gli sarebbe costata cara.
Il capitolare colpì tre volte la campana sul suo banco e diede inizio al processo dando la parola all'accusa.
La procuratrix che parlava a nome dell'accusa, la dottoressa Nemea, tenne il discorso: "Onorevole capitolare, illustrissimi Giudici, Serenissimi Imperatori, nobili e vasti popoli del grande Impero Roviano... siamo qui riuniti oggi per giudicare questi ventidue individui, tra i quali si trovano anche dei cittadini roviani. L'accusa dimostrerà che essi sono traditori della patria, che hanno partecipato all'assassinio dell'Imperatore Sileus, Padre della Patria, che hanno finanziato, sostenuto e alcuni hanno addirittura militato all'interno del movimento sileicida che ha tentato di distruggere l'Impero e l'unità dei popoli. Mostreremo ai Giudici e alla Comunitas le prove del loro tradimento, del fatto che sono stati partecipi e in diverse occasioni artefici diretti di omicidi, saccheggi e genocidi. Abbiamo prove e testimonianze che saranno presentate per dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, che queste persone hanno ucciso, tradito, derubato e sterminato... per avidità e desiderio di ricchezza! Hanno preferito il denaro alla loro gente e noi dimostreremo le loro colpe verso la patria, l'Imperatore e tutte le nostre genti!"
Detto questo la procuratrix si sedette al suo posto seguita da uno scrosciante applauso.
Si fece avanti Garbulus che prese la parola e si rivolse all'assemblea.
"Onorevole capitolare, illustrissimi giudici e ottimi abitanti dell'Impero... sapete perché siamo qui? Perché di recente la nostra patria è stata sconvolta da un disastro orribile; fratello contro fratello, padre contro figlio. Tutto per il potere, per il diritto di dettare legge. La storia più antica del cosmo, e dopo la morte della maggior parte degli sconfitti ecco che i vincitori pretendono di processare questi uomini e queste donne, alcuni dei quali godono dell'onorato titolo di cittadini roviani, perché hanno bisogno di punire qualcuno. La vittoria è totale solo se qualcuno viene punito. Ebbene la difesa dimostrerà che gli imputati furono coinvolti contro la loro volontà e intenzione nella guerra e che non meritano di essere coinvolti in questa caccia alle streghe. Qui noi non difenderemo questi uomini e nemmeno la legge, difenderemo qualcosa di molto più sacro e prezioso! La giustizia!"
Era bravo ma forse non abbastanza.
"Molto bene- disse il capitolare Bergus- dunque il processo può procedere, ovviamente tutte le prove e gli elementi di ambo le parti devono essere pienamente condivise, non sarà tollerata scorrettezza da parte di nessuno! Quindi, invocando l'aiuto della Giustizia e della Verità, iniziamo il processo!"
Iniziarono le ricerche, le chiamate e le arringhe. Venne chiamato a testimoniare uno degli staffieri che avevano assistito alla morte di Sileus il quale riconobbe tre degli imputati, dicendo che non solo erano presenti ma avevano trattenuto Garrinus e un altro senatore dal prestare soccorso all'Imperatore. Lo stesso senatore Garrinus fu chiamato a testimoniare e confermò tutto.
Dei tre imputati due negarono di aver trattenuto i senatori, si volevano nascondere, presi dal panico si erano gettati alle spalle degli altri presenti finendo per farsi scudo degli altri presenti. Uno di loro però era diverso, più arrogante e frustrato. Si chiamava Barrus, un ex senatore il quale disse subito di aver fatto parte del complotto fin da subito.
"Quindi lei ammette di aver partecipato al cesaricidio?" disse Nemea.
"Con orgoglio!"
Garbulus si alzò dal suo seggio e disse: "Obiezione onorevole capitolare! L'imputato non è in sé!"
"SO PERFETTAMENTE CIÒ CHE DICO! HO PARTECIPATO ALL'OMICIDIO DI SILEUS E NE SONO FIERO!"
"In questo modo danneggia gli altri nostri assistiti!"
La gente stava cominciando ad essere nervosa e il capitolare batté più volte sulla campana.
"Ordine in aula! ORDINE!- disse riottenendo il silenzio- L'obiezione è respinta! L'accusa può procedere!"
Nemea chiese a Barrus il perché avesse deciso di partecipare a quell'azione.
"Perché eravamo una splendida repubblica prima che quell'uomo imponesse il suo dominio e la dittatura! Io ho combattuto per il diritto del nostro popolo alla democrazia e ora sarà costretto a piegarsi davanti ad un pomposo sistema di idolatria con un solo individuo a dettare legge per tutti!"
"Avrebbe dovuto studiare di più la storia e la legge signor Barrus!"
"OBIEZIONE!"
"Ritiro la mia ultima affermazione!"
"Lo spero bene procuratrix- disse il capitolare- perché è inammissibile che un legislatore insulti un imputato!"
Era solo l'inizio, molti altri avrebbero dato di matto, ma c'era qualcuno che manteneva la calma. La difesa chiamò a testimoniare uno dei principali imputati, l'ex senatore Alganor Pernor Flaccus, il grasso e ricchissimo capo delle Compagnie Pernor, il vero finanziatore e capo delle armate sileicide. Il suo difensore gli fece dire che non sapeva niente della guerra, che aveva ingaggiato delle truppe mercenarie solo per difendere i suoi possedimenti dagli eventi turbolenti dopo la morte di Sileus.
Quando si fece avanti la procuratrice Nemea la sua prima domanda fu: "Signor Pernor... lei è un uomo di fede?"
"Onestamente no, non sono un credente."
"Però è un cittadino roviano. Mi dica, lei rispetta la legge roviana?"
"Obiezione capitolare" disse Garbulus.
"Per quale ragione?"
"Irrilevante!"
"Irrilevante?- disse Nemea- Sta dicendo che è irrilevante sapere perché l'imputato è sotto processo?"
Garbulus rimase in silenzio.
"L'obiezione è respinta! Signor Pernor, risponda alla domanda per favore!"
"Io non ho mai violato la legge!"
Era molto calmo, sicuro di sé.
"Conosce il pianeta Geruntus?" chiese Nemea.
"È la sede degli uffici amministrativi e dei principali cantieri delle mie industrie astronavali."
"E se non sbaglio, laggiù, tutti gli abitanti le pagano un ottimo affitto per i loro appartamenti, le abitazioni e i servizi."
"Le mie attività comprendono anche gli immobili e i ristoranti."
"Lei sa cosa dice il terzo punto del Primo Codice?"
"Ammetto che non me lo ricordo!" sembrava divertirsi.
"Io credo di sì! È quel punto della legge roviana che proibisce ad un solo uomo di essere proprietario di un intero pianeta e padrone dei suoi abitanti."
"Ah sì, ora ricordo. Non ho mai capito il perché di questa legge. ma posso chiederle qual'è il punto?"
"Io credo che lei lo sappia fin troppo bene! Non è forse vero che lei è definito il re di Geruntus?"
"Sono il più ricco dei suoi abitanti e il datore di lavoro della maggior parte di..."
"Lei è il datore di lavoro di tutti loro! Ed è proprietario delle loro case, dei loro immobili che suo padre comprò a prezzi stracciati, prima che Sileus diventasse Imperatore, dopo aver violato le leggi roviane distruggendo l'ambiente del pianeta e costringendo gli abitanti o a trasferirsi vendendo le loro proprietà a prezzi stracciati, così che lei e la sua famiglia vi siete potuti impadronire degli immobili e delle infrastrutture dell'intero pianeta."
"Obiezione! Cosa sta cercando di dimostrare? È solo una perdita di..."
"Vogliamo solo dimostrare che tipo di persona è l'imputato! Un uomo che non ha alcun riguardo né per la legge né per la dignità umana. Questo trucco la famiglia Pernor lo ha fatto su Geruntus e su centinaia di altri mondi: rovinati, saccheggiati e depredati!"
"Io sono proprietario delle infrastrutture e degli immobili, non dei pianeti!"
"Un cavillo che sembrava funzionare durante la Repubblica, quando le rendite delle sue industrie le davano il potere di far girare lo sguardo alle istituzioni. Per non parlare del suo modo di pagare i dipendenti; la maggior parte delle persone sotto la sua influenza viene pagata in cibo!"
"Continuo a non vedere cos'abbia a che fare tutto questo con..." il difensore fu interrotto.
"Sto cercando di mostrare cos'è quest'uomo, inoltre, tutto ciò è un movente che dimostra il motivo della sua avversità nei confronti dell'Imperatore!"
Uno dei collaboratori dell'accusatrice le passò un documento che recava il sigillo di Sileus.
"L'Imperatore aveva preparato un decreto, raccolto consensi e testimonianze delle sue azioni criminali, dopo averle accuratamente documentate. Sileus aveva intenzione di restituire quei mondi ai suoi abitanti. Questo significava la fine della sua esagerata fortuna e dei suoi cavilli Pernor. Ecco perché ha deciso di agire e di distruggere l'Impero."
"Io non ero a conoscenza di quel decreto e non ho mai preso parte a quella maledetta guerra!"
"E allora perché ha ingaggiato mercenari del Nucleo e fatto schierare navi da guerra durante quel periodo?"
"Come ho detto erano delle misure di sicurezza per difendere le mie proprietà."
"Ottenute illegalmente!"
"Lo dimostri invece di fare retorica!"
Nemea si zittì. Un colpo basso.
"Lei è solo un criminale, un genocida e uno sfruttatore arrogante e megalomane! Ne ho le prove e..."
"BASTA COSÌ! - urlò il capitolare- Procuratrix lei è richiamata all'ordine!"
Nemea tornò a sedersi sapendo di aver perso il controllo. Le menti dei giudici erano perplesse e io sentivo che se gli altri avessero fatto qualcosa di paragonabile a ciò che aveva fatto lui avrebbero anche potuto cavarsela.
"Procedendo con il..." il capitolare venne interrotto.
Uno degli imputati si alzò in piedi, era un personaggio molto ambiguo, un importante armatore chiamato Zolus che gridò qualcosa di pericoloso.
"In quanto cittadino roviano io rivendico il mio diritto di sottopormi direttamente al giudizio dell'Imperatore!"
Tutti lo osservarono perplessi.
"Come dice prego?" chiese Bergus.
"Ha sentito bene! Non sopporto questa farsa e io so come sono andate le cose per me. La legge mi concede il diritto di farmi dire in faccia dall'Imperatore cosa pensa di farmi dopo che gli avrò dato la mia versione! Il primo capitolo del Dodicesimo Codice mi da questo diritto!"
Bergus attivò lo schermo della sua scrivania osservando dei dati al riguardo.
"Secondo i registri disponibili... sono almeno tremila anni che questo diritto non viene rivendicato da nessuno" disse il capitolare.
"Perché per colpa di gentaglia come lui non ne abbiamo mai avuto la possibilità! Ma adesso abbiamo di nuovo un Principe, un Imperatore e voglio che sappia la verità che tutta questa retorica e pomposità può solo far annegare!"
Il capitolare dovette colpire molto forte la campana per riottenere il silenzio.
"Ingegner Zolus... in effetti la legge le da questo diritto. Ma se si sottopone al giudizio dell'Imperatore dovrà rinunciare ad un rappresentante legale, conferire direttamente a Sua Maestà Serenissima e accettare il verdetto che egli emetterà nei vostri riguardi!"
Zolus sembrò sospirare e disse: "Lo accetto! Sia l'Imperatore a decidere!"
Si allontanò dagli altri e due pretoriani si avviarono verso di lui conducendolo verso di me. Guardai Sibilla, mi fece un cenno e mi alzai dirigendomi verso uno degli uffici laterali all'aula. Mi sedetti ad una scrivania mentre i due pretoriani facevano sedere Zolus su una sedia davanti a me. Mi tolsi la corona e l'appoggiai al tavolo davanti a me.
"Voi due- dissi ai pretoriani- avete l'ordine di non svelare a nessuno di quanto verrà detto in questa stanza, per tutta la durata della vostra esistenza!"
"Ita Imperator!" dissero i soldati in armatura blu.
"Lei si rende conto che sta mettendo la sua vita nelle mie mani?" chiese.
"Almeno dovrete ascoltarmi... mio Imperatore!"
Mi rispettava, mi rispettava veramente. Promisi di non dire niente della sua confessione, ma sappi Lettor che non era un traditore della nostra civiltà.
Quando uscimmo dall'ufficio il processo era ancora in corso ma venne interrotto. Tutti, compresi i giudici e il capitolare si alzarono in piedi e ci osservarono. Andai davanti al seggio del capitolare, gli feci un cenno e lui appoggiò il martello sul tavolo aspettando di poterlo riprendere.
Mi voltai verso il pubblico e fui inquadrato e trasmesso in diretta su tutti i mondi.
Osservai Zolus che era in piedi alla base degli scalini davanti a me e mi fissava. Aveva uno sguardo serio e impavido.
"Rifonderete tutti i danni subiti dalle genti dei mondi capuani, ricostituirete la loro flotta commerciale e non vi candiderete mai più a nessuna carica pubblica" dissi.
Lui annuì. Gli sarebbe cosato il novanta per cento delle sue fortune, ma non gli importava poiché avrebbe rimediato alle sue vere colpe e sarebbe tornato a casa.
"Detto questo... assolto! È il mio verdetto!"
Feci stampare l'atto del processo che ufficializzava la mia decisione inappellabile, presi il martello da Bergus aprendo la base, era un timbro termico che lasciò il mio sigillo giuridico. Il documento venne poi affidato alla cancelleria e all'archivio del tribunale rendendo il verdetto legale e definitivo.
Tornai al mio posto mentre lui se ne andava tra acclamazioni e voci contrarie. Sibilla mi sorrise.
Il processo durò due mesi, durante i quali vennero dimostrate e appurate le colpe dei ventuno rimasti.
Alla fine un altro di loro venne assolto, gli altri invece tre di loro furono condannati alla libertà vigilata a vita, nove a venticinque anni di detenzione in una galera con lavori forzati itineranti nei territori imperiali, cinque a sessant'anni di detenzione. Gli ultimi tre detenzione e lavori forzati a vita. Oltre a ciò tutti i loro patrimoni e beni vennero sequestrati e affidati all'Imperium in nome della Comunitas per completare i rimborsi ai civili.
Fra gli ultimi tre c'era Pernor il quale chiese di poter essere fucilato. La richiesta venne respinta perché Rovia non ammette la pena di morte. Quel vecchio grassone disse che non si sarebbe fatto mettere in gabbia come una bestia ad agonizzare.
Un secondino del carcere, sotto compenso, gli aveva nascosto e poi fornito una pasticca contenente una potente neurotossina. Come tutti gli adoratori del mattone, come tutti i traditori sconfitti, Alganor Pernor Flaccus preferì togliersi la vita.
Bergus tornò su Orissia dopo aver scritto una pagina importante della storia della Via Lattea.
Dopo la fine di quel processo l'Impero poté ricominciare a guardare al futuro.
Per fortuna non ero solo, perché ci aspettavano delle sfide ancora più grandi della guerra civile.

Le memorie dell'Imperatore CarosDove le storie prendono vita. Scoprilo ora