Il Torneo

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Devo dire che ero emozionato il giorno in cui si svolse la finale del torneo accademico di vulnia, ormai il mio personaggio, l'Arconte, si era guadagnato una bella fama. Sapendo leggere i pensieri dei miei avversari ero riuscito a non perdere nemmeno un incontro. L'anfiteatro in cui si tenne la gara era piuttosto piccolo rispetto a quello vero e proprio del Palazzo Centrale: poteva contenere appena 50.000 persone. Era comunque emozionante essere lì alla presenza di tante persone che invocavano lo spettacolo.
C'erano anche i miei genitori, e l'Imperatore in persona. Solo questo bastava per far capire che tra i concorrenti c'ero anch'io, ma nessuno ancora sapeva sotto quale maschera.
Per tradizione ogni concorrente invocava la protezione di un santo durante tutto il campionato, io mi ero raccomandato al Secondo Santo di Rovia, Santo Saulo protettore dei difensori della fede. Sono sempre stato molto devoto a Santo Saulo per via della sua forza di volontà e del fatto che riuscì davvero a redimersi dopo aver perseguitato i primi seguaci del Redentore, il primo davvero redento. Una cerimonia solenne precedette l'inizio delle gare: il priore dell'Accademia ci benedì tutti e ci ammonì a non violare mai il codice di lealtà e rispetto dello sport. Poi Sileus, l'Imperatore si alzò e ci fissò tutti, mi cercava, anche se nemmeno lui sapeva chi ero.
Noi tutti concorrenti aprimmo le armi, le puntammo verso l'Imperatore tenendole sulla destra e gridammo :
"Ave Imperator, fortis et liberis te salutant."

Un saluto antichissimo: Salve Imperatore, i valorosi e liberi ti salutano. In quel momento eravamo davvero questo: valorosi e liberi che tenevano le armi alzate davanti al loro Imperatore per farsi onore davanti a lui. I nostri cuori battevano e risuonavano all'unisono come il nostro saluto e anche le emozioni e i pensieri di orgoglio e solennità erano identici. Era davvero indescrivibile ciò che stavamo provando in quel momento, ma allo stesso tempo straordinario.
Sileus alzò la mano destra e disse: "Onore a voi figli e figlie di Rovia. Oggi è la vostra occasione per entrare nella storia e coprirvi dell'onore di essere stati i campioni di quest'arena. Al vincitore sarà concesso un ramo di palma rivestito d'oro, già su Terra simbolo di onore e gloria sportiva, e, se lo desidererà, la possibilità di ottenere un diploma per la partecipazione alle operazioni militari esplorative. Sarebbe l'inizio di una carriera militare e diplomatica che vi porterà molto lontano. Ma quali che siano le vostre scelte o le vostre speranze per il futuro oggi vi farete onore .... ricordate però di essere leali con i vostri avversari, ogni minima violazione del codice della vulnia costerà l'espulsione dal torneo. So che avete deciso di nascondervi sotto dei nomi di battaglia e di non mostrare il vostro volto durante il combattimento .... idea interessante .... ma alla fine di ogni scontro lo sconfitto dovrà mostrare la sua identità prima di lasciare per sempre quest'arena, così la storia potrà dire chiaramente com'è andata. E ora campioni battetevi, per voi, per il vostro onore e per la gloria dell'arena ..... BATTETEVI!"
"VALDE IMPERATOR!"
Sì Imperatore avevamo gridato .... sì Imperatore. Quanta energia ci dava il nostro Imperatore.
Il primo scontro sarebbe stato tra il Colosso e l'Arconte, ovvero io. Era un Colosso di nome e di fatto: era più alto di me e aveva una pesante corazza su tutto il busto, la toga copriva le sue gambe e le braccia, ma indossava una cotta di maglia in diamantifero e delle placche che coprivano le braccia. Il suo elmo era circolare, con una visiera che copriva il volto e dava spazio agli occhi oscurati dalle lenti. Sentivo il suo respiro cavernoso studiato apposta per intimorire gli avversari. Era armato di una lunga alabarda dotata del grosso contrappeso a forma di cilindro al lato opposto della lama. L'alabarda è la classica nemica della sesta dea perché è lunga e permette attacchi a distanza, ma è inutile se la sesta dea si avvicina troppo, i combattimenti ravvicinati devono essere evitati dal alabardiere.
Ci stringemmo la mano in segno di lealtà e reciproco rispetto davanti al arbitro che indossava una tuta bianca con due strisce nere sui fianchi.
Io sentivo i suoi pensieri e quindi riuscii perfettamente ad anticipare le sue mosse. Intorno a noi apparvero delle linee che andarono a formare un cerchio rosso sul terreno. Lo scopo del duello era spingere l'avversario fuori dalla linea. Colosso era forte ma lento, dovetti solo spostarmi perché caricò puntandomi contro l'alabarda e per poco non uscì dalla linea da solo. Si voltò e decise di riflettere meglio, io lo guardavo dritto nel centro della visiera. Anche i miei occhi erano oscurati. Con l'elmo a forma di Dionicodonte ero davvero pauroso. Feci scattare e rientrare le seste dee un paio di volte e sentii che causavo in lui dei picchi emotivi: era nervoso, non aveva il sangue freddo. Iniziai a corre verso di lui. Colosso mulinò l'alabarda e cercò di colpirmi, io saltai, sollevandomi con il mio potere telecinetico, avevo realizzato un grosso braccio invisibile che mi sollevò dal terreno e mi permise di vedere la lama del mio avversario passare sotto di me fendendo l'aria. Sapevo che Colosso avrebbe roteato di nuovo cercando di colpirmi con il contrappeso, così ridisceso a terra rimasi prostrato schivando anche il contrappeso. Mi alzai di scatto e feci scattare la lama destra che affondai nel elmo di Colosso. Se le armi fossero state vere lo avrei ucciso sul colpo. Colosso rimase intontito e iniziò a barcollare così io potei far scattare la lama sinistra e iniziare a tempestarlo di colpi che lui riusciva a fatica a parare con l'alabarda e le placche montate sul braccio. Era nel panico e indietreggiava. Ero troppo vicino per lui. Ad un certo punto suonò una tromba. Colosso era uscito dalla linea.
L'arbitro della gara venne verso di noi e mi prese il braccio destro presentandomi come il vincitore della sfida. Avevo appena guadagnato dieci punti, Colosso si sarebbe potuto rifare al secondo turno. Intanto rivelò la sua identità: era Urmus, della facoltà di legge, un tipo con poco acume tattico.
Le sfide continuavano: tridente contro spada, lancia contro daghe, alabarda contro spada, seste dee contro daghe. La folla era in vero delirio e tra essa c'erano senatori, capitolari, legislatori, cardinali, pretori, e i due consoli. Insomma, c'era il vertice dell'Impero ed erano i loro figli che si misuravano in quel anfiteatro.
Le gare durarono tutta la mattina e quando Cocitus arrivò a splendere al centro del cielo fu fatta suonare una campana, sette vincitori, sette sconfitti.
La seconda gara prevedeva combattimenti tra i perdenti, quindi per quel giorno avevo finito, molti dei vincitori erano ben lieti di andarsene a riposare, ma quattro di noi rimasero a vedere tutta la competizione. Volevo studiare bene le capacità di quegli avversari, comunque Colosso riuscì a superare il turno ma aveva cinque punti, un po' poco. Contava troppo sulla forza e sulle mosse da manuale, la prova che non uscire dagli schemi ogni tanto è un grosso errore.
Avevamo degli alloggi isolati, potevamo mantenere la nostra identità nascosta almeno un altro po'. Però sentivo che gli altri mi stavano già temendo, e qualcuno degli altri sei vincitori del primo turno stava già sospettando che l'Arconte fosse proprio Caros Vandor.
Ovviamente passammo per una visita medica prima di ritirarci e di metterci a dormire. Scrissi un breve messaggio ai miei genitori per dire loro che stavo bene e che avevo vinto. Il giorno dopo sarebbe stato molto più difficile.
Eravamo arrivati al primo dei cinque giorni in cui il pianeta Scauron eclissa Cocitus e lascia Rovia al buio per cinque giorni. È un sistema che permette ai venti di rigenerarsi e mantenere l'atmosfera spessa e con una pressione ottimale per la vita. A molti Roviani non piace questo periodo, ci sono anche delle leggende che parlano di demoni e spiriti di morti assassinati che tornano per tormentare i discendenti dei loro aguzzini durante questo periodo. La vulnia prevede anche la ripresa delle leggende e il loro studio. Devi capire Lettor che se vuoi praticare la vulnia devi abbracciare il suo stile di vita che prevede di avere la storia e le tradizioni come maestre di vita.
Nella seconda mattina si sarebbero riprodotte delle leggende, duelli basati su storie antiche. Il mio duello rappresentava lo scontro tra gli angeli Metrione e Michel per ottenere il privilegio di proteggere e guidare l'Umanità durante l'Esilio. Io interpretavo Michel, il generale degli eserciti dell'Onnipotente, il mio avversario era armato di spada e il suo nome di battaglia era Veleno. Era molto diverso da Colosso: era astuto, ma comunque sentivo anche arroganza da lui, era sicuro di battermi. Non sapeva chi aveva davanti.
I nanodroidi dell'arena si alzano assumendo la forma e la consistenza di alberi, rami e foglie, molto grandi e spettrali. Secondo questo racconto i due angeli combatterono in una foresta su Terra.
Veleno era più agile di me, ma io ero più veloce. L'armatura era un vero esoscheletro che aumentava enormemente la nostra forza e la nostra agilità. Saltammo sui rami. Veleno saltò verso di me con la spada sguainata per un affondo. Era una spada a doppio taglio lunga un metro e venti centimetri e con un'impugnatura a croce con un grosso pomo.
Era bravo, voleva prendermi di sorpresa, ma non poteva. Feci una piroetta per togliermi di mezzo, il mio avversario mi mancò e per poco non cadde dal ramo. Saltò via. Voleva fare l'attacca e fuggi. Stava mantenendo la calma.
Io mi misi a saltare da un ramo al altro. Era molto buio, e le grida degli spettatori non erano d'aiuto per individuare l'avversario. Scesi dal albero, mi misi al centro dell'arena e mi misi ad ascoltare con la mente. Sentivo il mio avversario, mi stava osservando. Saltò giù e cercò di prendermi alle spalle,
mi voltai di scatto e mi misi in ginocchio prendendo la spada, a differenza di Veleno io sapevo che una spada non è fatta solo della lama. Spinsi con forza e Veleno si ritrovò a terra svenuto per il pomo che lo aveva colpito in faccia. Gli alberi svanirono, avevo vinto di nuovo.
Veleno si rivelò essere Imorus, studiava medicina, fu il mio archiatro quando divenni Imperatore. In effetti anche nel racconto sacro Michel aveva vinto, ma l'Onnipotente non diede l'onore a nessuno dei due perché solo il Suo Spirito doveva essere a guida dell'Umanità. Io fui più fortunato del Arcangelo.
Mi accorsi che i miei poteri mi davano davvero un enorme vantaggio sui miei avversari. Ed era giusto perché in ogni competizione si combatte con ciò che si ha.
Ormai i campioni misteriosi si stavano drasticamente riducendo, eravamo rimasti solo in tre: io con le mie seste dee, una ragazza, Nebulosa, con le daghe, e Tifone, un tipo alto e forte con il tridente.
Sì la vulnia è aperta anche alle donne, come tutto nell'Impero, e non sono da sottovalutare data la loro eccellente capacità tattica e la determinazione impareggiabile.
Proprio Nebulosa fu la mia avversaria in una gara piuttosto complessa: torri mobili che si alzavano e si spostavano, certe volte calando di colpo. Sotto di noi un lago, l'arena si era riempita di acqua. Si trattava di far cadere l'avversario in acqua.
Arconte e Nebulosa, ormai eravamo diventati famosi, il vincitore non sarebbe mai stato dimenticato, al perdente nessuno lo avrebbe più fatto dimenticare.
Avevo già capito le sue caratteristiche; il suo vantaggio: l'agilità, il mio vantaggio: la forza, il suo vantaggio: la velocità, il mio vantaggio: la mia stabilità, il suo svantaggio: la sua fragilità, il mio svantaggio: la mia lentezza.
Fu mia nonna, l'Imperatrice, a dare il via alla gara lanciando un sasso nell'acqua. Le increspature furono lette da un sensore che attivò i meccanismi dell'arena. Le colonne iniziarono a roteare, io rimasi immobile mentre la rotazione mi portò a dare le spalle alla mia avversaria. Ma io continuavo a fissarla con la mia mente, così seppi quando voltarmi e far scattare la mia sesta dea sinistra, parando il colpo di daga e con la mano destra le afferrai il polso bloccando la seconda daga. In quel istante la colonna iniziò a scendere velocemente, ma altre due stavano emergendo ai suoi lati. Mollai Nebulosa e saltammo nelle parti opposte. Avevo appena fatto capire a Nebulosa che non mi avrebbe mai colto di sorpresa. C'era già chi incitava a me o a lei tra il pubblico e non volevo di certo deludere i miei sostenitori.
Improvvisamente le colonne su cui ci trovavamo caddero di lato. Passai sul lato lungo e mi accorsi che ora era quello a galleggiare. Nebulosa aveva fatto lo stesso ed era pronta a procedere. I due frammenti si unirono e cominciammo un duello vero e proprio. Lei mi colpiva con le daghe, ma io paravo i colpi facendo uscire e rientrare le seste dee. Era quasi buio ma riuscivamo comunque a vedere i riflessi sulle lame. I suoi pensieri mi dicevano che voleva farmi indietreggiare fino a farmi cadere, compiva anche delle piroette per gettarmi contro la sua toga e sbilanciarmi. La sua maschera rappresentava un volto di donna pallido e con una piccola bocca rossa.
Ad un certo punto decisi di contrattaccare: feci calare dal alto prima la sinistra e poi la destra delle mie lame con una grande forza che per poco non fece perdere le daghe a Nebulosa. Ma i due frammenti su cui ci trovavamo stavano iniziando ad immergersi. Un'altra colonna si stava alzando accanto a noi e sui suoi lati c'erano delle scale. Saltammo e afferrammo le scale per salire. Io ero più in alto ma lei era più veloce.
Mi superò, voleva aspettarmi in cima e prendermi di sorpresa. Con il mio potere feci un salto e una rapida rotazione per prendere la scala di Nebulosa ed essere dietro di lei. Salii alle sue spalle, quando fu arrivata in cima afferrai il lembo della toga e feci un altro del miei balzi, la superai e mi ritrovai in cima alla colonna prima ancora di Nebulosa. Inutile dire che era davvero sorpresa. Aprii le seste dee e colpì il collo della ragazza con la forza sufficiente per farle perdere la presa. Cadde in acqua e il suono del suo tuffo fu coperto dal delirio della folla. Aprii le braccia e le seste dee prendendomi gli applausi.
L'acqua si ritirò mostrando Nebulosa incolume. Si rivelò essere Alemia Toror, sarebbe diventata il mio ministro della cultura e dell'istruzione, anche se non mi perdonò mai quella sonora sconfitta. Era una bella ragazza con lunghi capelli castani, non molto alta ma piena di energia. Fortuna che non ero nei panni del poveraccio a cui strappò il terzo posto.
Ormai eravamo solo io e Tifone, si era dimostrato molto abile facendo piombare il suo nemico giù dalla prima colonna con un colpo alle gambe. Era forte e determinato, soprattutto per il suo orgoglio, ma io leggevo in lui che era certo che io fossi Caros Vandor e che sognava di combattere con me, ma non per sfida. Sentivo che voleva dimostrarmi di poter far parte della mia prospettiva.
Niente più trucchi, niente più sfide speciali o rappresentazioni, solo Arconte e Tifone a battersi finché uno dei due non avesse ceduto.
Il primo sistema per vincere nella vulnia è essere agile ma statico. Con il tridente Tifone poteva attaccarmi a distanza e impedirmi di avvicinarmi, ma anche io potevo impedirgli di avvicinarsi. Aveva un vero e proprio elmo con due lunghe corna ricurve, tutto ciò lo faceva sembrare un vero e proprio diavolo. Ma io apparivo come un mostro.
L'arbitro di gara era davanti a noi, puntava un bastone con cui ci divideva. Ad un certo punto abbassò il bastone e gridò "conditite" (battetevi). Appena si fu tolto di mezzo Tifone compì un affondo verso di me, ma era lento e potei schivare il colpo. Feci scattare la sesta dea destra e lo colpì sul elmo. Tifone barcollò per qualche momento, volli aspettare che si fosse ripreso. Fece roteare il tridente e lo calò dal alto. Lo schivai ancora, lui fece altri affondi che però schivai facilmente.
Fui io allora a colpire con le seste dee ma lui parò i colpi con il braccio destro, deviando il mio affondo mentre teneva il tridente dietro le spalle. Mi colpì con un pugno sul volto e questa volta fui io a barcollare. Era davvero forte, ma non molto più di me.
Continuavamo così, colpo su colpo. Lui mulinava e affondava il tridente, io facevo scattare e rientrare le seste dee e alternavo affondi con colpi di mano.
Avrei potuto farlo volare via con un solo pensiero, ma che ne sarebbe stato del suo onore?
Continuammo così per ore, cinque per l'esattezza e la folla continuava ad incitare, la tensione era palpabile.
Ad un certo punto era sfinito, lo sentivo, sia nella mente che nel corpo non riusciva più ad andare avanti. Voleva arrendersi, puntava contro di me il tridente, stava per appoggiare le punte a terra e arrendersi. No, non era giusto.
Con la sesta dea sinistra bloccai la lama e alzai l'indice destro per chiedere la fine dello scontro in parità poiché non volevo perdere ma avevo un avversario abbastanza forte da farmi andare avanti troppo con lo scontro. Lui era molto sorpreso del mio gesto, ma la sua mente mi faceva capire che sentiva di aver trovato non solo un degno avversario ma forse anche di più.
Passò il tridente sul braccio sinistro e alzò anche lui l'indice destro. Osservammo Sileus il quale sorrise e alzò entrambe le mani.
"Parità! Un torneo, due vincitori! Veramente un grande sorpresa! Qualcuno è contrario ad indicare entrambi questi giovani vincitori e campioni?" disse l'Imperatore.
"No ... No ... Meritano entrambi il trionfo!" gridò la folla.
"Dunque il trionfo ad entrambi. La parità e il trionfo. Così si sappia che su Rovia è il merito a governare" disse Sileus.
Fummo acclamati e sentivo che c'era davvero molta soddisfazione, soprattutto tra i nostri avversari. Ci eravamo battuti bene e gli altri lo riconoscevano.
"E ora via gli elmi! Vogliamo i vostri nomi!" gridò Sileus.
Ci togliemmo i caschi contemporaneamente e mostrammo i nostri volti. I miei parenti erano fieri di me. Avevo dimostrato il mio valore anche ai miei camerati accademici. E lo stesso per il mio avversario che aveva anche raggiunto un altro obbiettivo: in effetti era riuscito a farmi capire il suo valore e a determinare il mio.
C'era la sorpresa nel vedere che ero abbastanza abile da vincere nella vulnia, e molti credettero che sarebbe valsa la pena conoscermi meglio.
Il mio avversario era Mirus Algina, uno studente di strategia militare iscritto al partito di Sileus. Dalla sua mente vedevo che aveva intenzione di essere mio alleato. Aveva sperato di trovare qualcuno da seguire.
Quel trionfo condiviso è stato l'inizio di un'amicizia che è durata tutta la mia vita.

Le memorie dell'Imperatore CarosDove le storie prendono vita. Scoprilo ora