37-"Sono troppo impacciato per le sorprese."

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"Cosa stai facendo?" Domando guardandolo mentre cerca qualcosa tra i cassetti.

"Le ho nascoste qui ieri, le sto cercando. Cazzo, spero che Mary non le abbia spostate!"

"Cercando cosa?"

"Trovate!!" Urla. Ad un tratto sento un rumore metallico, che Chris si affretta subito a fermare, stringendo tra la mano quel oggetto misterioso.

"Sono troppo impacciato per le sorprese." Viene verso di me, con le braccia conserte dietro la schiena e un sorriso da bimbo ingenuo.

"Non sto capendo. Una sorpresa? A che cosa ti riferisci?"

Lui abbassa lo sguardo e fa un sospiro profondo. È più agitato di me. Che sta succedendo?

"Okay, adesso ascoltami, perché sto per dirti una cosa importante..."
Esce da dietro la schiena un mazzo di chiavi, me lo porge sulle mani.

Inizialmente lo guardo perplessa, poi però lui inizia a parlare e io a capire...

Lui prende la lettera che aveva promesso di darmi e la apre schiarendosi la voce per poi iniziare a leggere.

"Ti ho sempre sentito dire che qui ti senti a casa, che sei felice quando sei qui.
Poi pensandoci bene, ho riflettuto sul fatto che nonostante tu ti senta a casa, qui non hai un posto tutto tuo da poter chiamare così, adesso penserai -Wow, che genio Chris, non l'avevo notato- ma fammi spiegare..."

Fa una pausa sospirando profondamente. Non mi guarda nemmeno, non distoglie gli occhi dal foglio. D'altro canto però, io non riesco a distoglierli da lui. Poi riprende a parlare.

"Genevieve ti ospita sempre quando ne hai bisogno, e ti ho ospitata anche io, ma il termine ospite non ti si addice; perché se tu qui ti senti come a casa, io posso dire che mi sento a casa in qualsiasi posto, basta che sia anche tu."

Il mio cuore si lascia travolgere da un tornado di emozioni nel sentire quelle parole rivolte a me. Altro sospiro profondo, altre parole in arrivo...

"Sai benissimo che ho perso la mia famiglia quando ero appena un adolescente e sai anche che non mi piace parlarne, ma da allora ho sempre preferito il silenzio e la solitudine.
Avere persone accanto e saper dare loro attenzioni, non è mai stato il mio forte. Ma con te è stato tutto abbastanza naturale, e abbastanza perfetto.
Per cui, nonostante il nostro rapporto non sia mai stato stabile, posso assicurarti che ho sempre avuto l'intenzione di farlo diventare tale."

Eccolo, adesso mi guarda... con quegli occhi, che a poco alla volta riescono a farmi  intravedere tutte le emozioni che sta provando in questo momento.
È preoccupato e in ansia, ma allo stesso tempo mi sembra felice, forse nel vedere i miei occhi lucidi e increduli.
Queste parole riuscirebbero a tenermi in vita, anche se fossi sul punto di morire. Poi riprende...

"Non voglio che tu veda questo regalo come qualcosa di imposto, non ti sto chiedendo di lasciare tutto e stare con me... non potrei farlo mai, ma voglio che tu qui ti senta come a casa sotto tutti i punti di vista.
In quel mazzo ci sono le chiavi di casa, della moto, del garage e della cassetta postale. Spero che tu capisca l'importanza che do a questo gesto e-"

Non lo lascio finire di parlare, ha detto già troppo.

Sono estasiata, sulle nuvole. Non mi sta dando solo le chiavi per poter accedere alla sua quotidianità, lui mi sta palesemente invitando a diventare la sua quotidianità... e non c'è niente al momento desidero più di questo.

Gli salto addosso iniziando a baciargli le guance, le labbra e a farfugliare qualche frase, come:"non so che dire" oppure "veramente, sono contentissima."

Lo sento ridere sulla mia tempia, mi stringe forte, e spero solo che un momento del genere non finisca mai.

Appena ci stacchiamo dall'abbraccio, provo con lo guardo a fargli capire quanto sia contenta di quello che ha fatto.

"Grazie." Riesco a dirgli, posandogli un altro bacio sulle labbra, di quelli dolci, quasi ingenui.

"È un regalo bellissimo e tu sei dolcissimo. Grazie, davvero." Afferro quel mazzo di chiavi stringendolo al petto... è una sensazione che auguro di vivere a tutti.

Sentirsi finalmente parte integrante della vita di qualcuno, in questo caso non di una qualunque, ma della sua, mi fa sentire così speciale.

"E la lettera la voglio ugualmente." Puntualizzo.

"Ci sono scritte le parole che ti ho appena detto..."

"Non mi importa, Chris. La voglio ugualmente per rileggerla quando ne ho voglia." Ribatto secca. Non può deciderlo lui, quella lettera deve essere mia.

Mi affretto subito verso la scrivania per prenderla, ma le possenti braccia di Chris mi immobilizzano.

Ho le braccia lungo i fianchi e lui, le tiene ferme in quella posizione, circondandomi la vita con il suo braccio.

"Abbiamo un idromassaggio a due passi... non mi sembra che gli stiamo dando la giusta attenzione." Gnigna a meno di un centimetro dal mio orecchio.

Mi giro a guardare quella vasca piena d'acqua che emana un buonissimo odore di vaniglia.

Poco dopo sento mancarmi il terreno sotto i piedi, e poi un'ondata d'acqua calda mi sovrasta.
Mi ha buttata in piscina.

Fortunatamente non ha chissà quanti metri di profondità, eppure io adesso sono bagnata fradicia dalla testa ai piedi.

"Christian, sei uno stronzo." Sono le uniche parole che riesco a dire, anche se ridendo.

L'asciugamano che ho addosso adesso è tutto bagnato, e risulta molto più ingombrante e pensate.

"Cosa sono io?" Dice lo stronzo entrando nella vasca.

Viene verso di me, come per intimorirmi. Io, però lo raggiungo e poco dopo le distanze tra noi si accorciano.

"Hai sentito bene. Sei uno stronzo." Mi toglie i capelli dalla faccia, sorridendo come un bambino, nonostante io stia continuando ad insultarlo.

"Però sono sicuro di essere il tuo stronzo preferito, o mi sbaglio?" Mi provoca mentre posiziona gli occhi sulla mia bocca.

"Non ti sbagli, ma non c'è molto da vantarsene." Lo canzono, provocandolo anche io.

"Allora posso vantarmi di averti fatta bagnare su quella scrivania, solamente toccandoti? Che ne pensi, questo sarebbe un bel vanto, no?!" Sussurra quelle parole come se fossero romantiche.

Ovviamente avrebbe potuto dire di meglio, ma non aveva torto.

Non rispondo verbalmente, ma con la mano mi affretto a raccogliere un po' d'acqua dalla vasca e lanciargliela dritto sul volto.

Dando il via così a una gara di schizzi, come se avessimo 4 anni.

"Basta! Tanto ho vinto io." Esordisce alzando le mani.
Si ha vinto lui, ma solo perché ha le mani più grandi delle mie e riusciva a prendere più acqua.

Poco dopo ci sistemiamo sul bordo della vasca e lui, armeggiando con la bottiglia di shampagne, prova ad aprirla senza creare il botto tipico dello spumante.

Mary ci aveva espressamente richiesto più silenzio possibile; e anche se non l'abbiamo completamente ascoltata, penso che il botto dello shampagne sarebbe il colmo.

Riempie i due bicchieri con lo spumante e poi mi schiarisco la voce, pronta per il brindisi.

"A noi, al nostro amore e al nostro futuro." Dico portando il bicchiere alla bocca.

"E alle nostre scopare." Lui mi fa l'occhiolino, per poi fare il mio stesso movimento di prima, circondando una parte del bicchiere con le labbra carnose e perfette.

"Sei sempre il solito depravato." Esordisco ridendo.

Un regalo dal destino Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora