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Il mattino seguente mi sveglio per prima; non so se sia una semplice casualità o sia a causa dell'agitazione accumulata ieri sera.

Mi alzo dal letto accaldata, ho fatto dei sogni questa notte ma erano parecchio confusionari.
Vado al bagno per sciacquarmi la faccia e cambiarmi.
Appena riesco a focalizzarmi sul riflesso dello specchio, in mente mi balena la consapevolezza che dovrò parlare con Paul.
Penso che però sia meglio chiare dopo la gita.

Mi vesto infilando dei leggings neri e una felpa bianca con sopra lo stemma della mia scuola, sembro una barbona ma poco mi importa in questo momento.

Scendo dalla camera velocemente per raggiungere il giardino dell'hotel, non ho fame dato che il mio stomaco si è chiuso da ieri sera.
Non sono mai stata il tipo di ragazza che ha dato troppo peso al giudizio degli altri, ho sempre anteposto il mio benessere e la mia considerazione personale piuttosto che quella altrui, ma non posso fare finta di nulla.

Sono stata accusata di frequentare due ragazzi contemporaneamente col puro scopo di divertirmi, e questo non è da me.
Percorro velocemente le scale concentrandomi sul tappeto rossiccio morbido che le riveste, almeno così la mia testa smette di replicare gli sguardi di ieri sera.
Corro verso l'uscita come se fosse l'unica via di scampo da tutto questo schifo, e appena fuori compio un bel respiro.

Nonostante l'aria pungente mi pizzichi la punta del naso e delle mani, decido di sedermi fuori invece che tornare indietro e recuperare un gubbino.
La temperatura freddina mi aiuterà a svegliarmi per bene e a schiarire la mente.

Sono sempre stata una persona molto razionale, ad esempio quando mi trovo in una situazione complicata e sono molto influenzata dalle emozioni utilizzo una tecnica infallibile:

Mi concentro fino ad immaginarmi esternamente a questa situazione,
come se fossi uno spettatore secondario e guardassi l'intera vicenda con occhi sconosciuti, così riesco a capire quale sia la decisione migliore da prendere senza dover farmi influenzare dalle emozioni e da ciò che vorrei.
La chiamo la tecnica del personaggio secondario!

Mentre aspiro l'odore di pane appena cotto di un forno a poca distanza dall'hotel sento il telefono squillare.
Controllo il display notando che il numero non è salvato.
Chi mi chiama?

<pronto chi parla?> chiedo mentre mi posso la mano sotto il naso gocciolante.
Non ricevo alcuna risposta perciò controllo che non abbia per sbaglio premuto attacca.
Ma no...la chiamata è ancora in corso eppure non sento alcun rumore.

<pronto? Mi sentite? Chi parla?> ritento spostandomi verso sinistra

<non credo che tu lo voglia sapere> risponde una voce modificata.

Mi blocco all'istante come se fossi completamente ghiacciata, questa voce familiare fa esplodere una serie di sensazioni angoscianti nel mio stomaco,
e poi il cervello sembra mettere insieme i pezzi:
Io conosco questa voce.

È la stessa della scorsa chiamata...

Faccio un sospiro di frustrazione mischiato ad angoscia, è il momento di interrompere questa buffonata.
<questi giochetti non sono simpatici smettetela o vi denuncio> ribatto tentando di mantenere un tono fermo e serio.

<stai attenta Dafne se non vuoi fare la fine di quella puttana di tua sorella, è stato un bello spettacolo vederla morire lentamente> sghignazza il mostro

Non ho il tempo di metabolizzare ciò che ha detto che Il telefono cade a terra nell'udire quelle semplici e crudeli parole.
Non sento nemmeno il rumore della caduta solamente un brivido affiliato percorrermi la schiena.
L'agitazione cresce all'interno del mio corpo mentre una consapevolezza amara mi stringe il cuore fino a farlo sanguinare.

𝐒𝐞𝐚 𝐞𝐲𝐞𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora