42° CAPITOLO

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Pov's Emily 

Ero pronta a rimanere tutta la notte di nuovo lì, ad aspettare che lui si svegliasse. 

Si sarebbe svegliato, anche se ormai mancavano poche ore al termine che aveva dato il medico.

Ma non importava.

Era quello che mi ripetevo da ieri.

Non importava perché anche se le ore sarebbero scadute, io avrei insistito affinché lo tenessero ancora in osservazione.

Non avrei gettato la spugna, non adesso che lui aveva bisogno di me. 

"E' tornato quello di sempre: ha cacciato tutti e dice di dover andarsene. Non resterà neanche un minuto di più" 

"E che ti aspettavi? Piton è Piton, non cambierà mai" 

Mi bloccai, catturata dalla conversazione di quelle due infermiere. 

"Scusate" 

Loro si voltarono e mi studiarono da testa a piedi: forse mi avevano riconosciuto per quello che era successo perchè, dopo avermi osservata, si scambiarono uno sguardo complice. 

"Si è svegliato? Severus Piton, si è svegliato?" chiesi con il cuore che mi martellava in petto. 

"Si, appena due ore fa" disse una delle due

"Stanza 934, alla fine del corridoio a destra" continuò l'altra ed io ebbi solo il tempo di sentire dove si trovasse, che mi voltai e presi a correre verso la stanza. 

Non sapevo con quali forze, ma mi diressi verso quella destinazione: si era svegliato.

Lo sapevo, sapevo che sarebbe tornato, lo sapevo. 

Quando voltai l'angolo, alla fine del corridoio, notai Sirius, James e Lily fuori dalla porta, così mi fermai e camminai verso di loro.

Avevo la mente invasa da mille pensieri, il fiato corto e il cuore che sarebbe uscito a momenti dalla casa toracica.

Poi vidi anche Eileen uscire, che fu la prima a notarmi.

Tutti gli altri si voltarono verso di me e una volta che fui arrivata, si fecero da parte per farmi entrare. 

Sentii in quel momento le gambe tremare e presi un respiro profondo prima di affacciarmi alla porta: ed era sveglio.

Era poggiato a svariati cuscini e guardava fuori dalla finestra, tenendo lo sguardo verso il lato opposto della porta. 

Tirai un sospiro di sollievo nel vederlo e sorrisi: "lo sapevo..." sussurrai mentre sentivo una mano accarezzarmi la schiena. 

"Vai, penso aspetti solo te" 

Deglutii e feci un altro passo, entrando nella stanza: non appena sentì la presenza di qualcuno, si voltò, molto svogliato e lo vidi pronto, con la sua solita lingua tagliente, a cacciare chiunque ci fosse, ma non appena il suo sguardo si posò su di me, sui miei occhi.

Fu un istante. Come un colpo di fulmine a ciel sereno.
Lo guardai negli occhi e non dovette dire nulla perché lo capii, lo sentii dentro l'anima: lui ricordava.

Ricordava tutto.

Ogni cosa. 

Il cappotto mi scivolò dalle mani, ma non me ne curai.

Tenni lo sguardo sul suo e feci qualche passo verso il suo letto mentre la porta dietro di me si chiudeva con un leggero scatto, ma di nuovo non me ne curai. 

Rimasi ancorata al suo sguardo finché non mi sedetti al fianco del suo letto perché sentivo che avrei fatto la stessa fine del mio cappotto, se non avessi fatto riposare le gambe almeno un secondo. 

"Ciao..." dissi poi in un sussurro incapace di dire altro e lui abbassò lievemente la testa, in un cenno del capo.

Se invece non era così?

Se non ricordava?

"Ciao, Emily" rispose, pronunciando il mio nome con una sicurezza che non potei non sorridere.

Allungai una mano verso la sua e la poggiai sulla sua, risentendo il calore del suo corpo. 

"Ti sei svegliato..." 

"Questo è evidente" rispose lui scettico, ma con un po' di divertimento "Ciò che non lo è, invece, è che mi ricordo ogni cosa" 

Il labbro inferiore mi tremò ed il mio corpo sembrò finalmente rilassarsi, come se avesse combattuto a lungo una guerra: non mi ero neanche resa conto che fossi tesa come una corda di violino.

Cercai di trattenere le lacrime, ma qualcuna sfuggì al mio controllo tanto che dovetti portare la mano libera sugli occhi, per calmarmi un momento.

Lui capovolse la mano che gli stringevo e mi tirò lentamente verso di sè, finché non mi strinse ed io non nascosi il volto nell'incavo del suo collo.

Era tornato da me.

Era tornato e ricordava anche. 

"Lo sapevo...sapevo che saresti tornato..." mormorai con la voce un po' incrinata e sentii il suo braccio stringermi un po' di più. 

"Ho pensato che perderti un'altra volta sarebbe stato uno dei tanti errori più grandi della mia vita" rispose ed io mi staccai un po', giusto per guardarlo negli occhi "che hai fatto agli occhi.." aggiunse poi, confuso. 

Io scossi la testa e alzai le spalle: "Non è niente di importante...come stai? Che ti hanno detto?" chiesi io mettendomi comoda, seduta sul letto al suo fianco e lui riprese la mia mano, guardandomi. 
"Sto bene e voglio andarmene da qui, ma non me lo permettono" disse "Già è tanto che sia rimasto qui per tutto questo tempo"

"Hai avuto una commozione cerebrale ed eri in coma, dove saresti voluto andare?" 

"Odio questo posto" disse solamente ed io sorrisi divertita "Vedo che sei ritornato in te in poco tempo...sii un po' paziente, almeno" 

"Sono stato già abbastanza paziente: ho visto Potter e Black, mi si è abbassata adesso" 

"Ma...ti ricordi di loro, no?" 

Annuì. 

"Perché li chiami per cognome?"

"Abitudine" 

Questa volta fui io ad annuire, un po' confusa: ci sarebbe voluto un po' di tempo per rimettere tutto a posto. 

"Dobbiamo parlare" disse d'un tratto "Adesso ricordo, ma so anche quello che è successo dopo che ho perso la memoria: ero sempre io dopotutto." 

"Va bene, parliamo di qualsiasi cosa tu voglia" 

"Sei stata via un anno dopo che ho perso la memoria.."

"Ho sbagliato, lo so. Sarei dovuta restare e.."

"Posso finire di parlare o mi interromperai di nuovo?" 

Mi morsi l'interno del palato e arrossii, annuendo e lasciandolo continuare. 

"Grazie. Dicevo: sei stata via un anno e so che sei stata in...America, no?"

"Si, ho lavorato come...detective e mi sono tenuta impegnata, nella speranza di...non pensarti più"

"Ci sei riuscita?"

"No, ovviamente. Ti pensavo, costantemente e quando sono tornata...tu non ricordavi ancora nulla ed io ho sofferto ancora di più: ce ne siamo dette di tutti i colori...io te ne ho dette di tutti i colori" 

"Si, ricordo perfettamente l'appellativo 'diavolo' che mi hai dato: hai reso molto l'idea" 

"Scusami.." sussurrai mortificata e lui mi guardò, alzando le spalle per quel che riuscì: 

"E' l'appellativo meno offensivo che mi abbiano rivolto" disse alzando un angolo della bocca divertito e io sorrisi guardandolo, stringendo la sua mano. 

Passai la notte lì, con lui: parlammo di ogni cosa, rimettendo i ricordi in ogni posto giusto e solo a quando fu notte fonda, mi addormentai accanto a lui, con la testa poggiata sul suo petto. 

Senza dubbio, il Natale che avrei ricordato per tutta la vita. 

Light On Truth 3: ɪʟ ʀɪᴛᴏʀɴᴏ ᴅᴇʟʟᴀ ᴠᴇʀɪᴛÀDove le storie prendono vita. Scoprilo ora