43° CAPITOLO

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Pov's Severus

Di cosa parlava la profezia? 

Di che eredi si trattava e cos'è che avrei dovuto fare io? 

Fargli da balia di nuovo?

Sospirai, passandomi le mani sul viso e mi alzai dalla poltrona del soggiorno, andando alla finestra. 

"Ti vedo tormentato da quando sei uscito dall'ospedale" disse mia madre, che non aveva distolto gli occhi da me un momento. 

"Non lo sono" 

Non avevo raccontato a nessuno cos'era successo quando ero privo di sensi: semplicemente lo avrei tenuto per me. 
Ma un'altra profezia era troppo. E per di più non sapevo da dove iniziare: facendomi dei conti, questi eredi dovevano essere almeno quattro. Certamente non sarei passato casa per casa per vedere chi avesse quattro marmocchi a carico. 

Per la barba di Merlino, Albus...cosa mi hai affidato di nuovo...

"Emily come sta?" 

Oh, giusto lei. 

Andava tutto bene con lei o almeno era tutto normale. Non avrei mai pensato di ritrovarmi in una cosa del genere, ma mi faceva stare bene. Ogni volta che veniva, era così radiosa, solare che temevo sempre di scottarmi troppo: era stato il sole nella mia vita passata nell'oscurità della notte, all'ombra della luce della luna. Continuavo a pensare che fosse qualcosa di troppo prezioso per me, ma poi lei mi sorrideva ed era come se tornassi di nuovo un ragazzino. 

"Sta bene" risposi soltanto, sorridendo leggermente sapendo che lei non potesse vedermi, visto che le davo le spalle. 

"Finalmente sta andando tutto bene. Sono molto felice per voi due e per te soprattutto" 

Non faceva altro che ripeterlo: adorava Emily più di quanto io l'amas-

L'amavo. 

Quella ragazzina testarda ed impulsiva col carattere di una donna? 
Non la sopportavo, all'inizio, quando Minerva me l'affidò come assistente: era insopportabile. Poi, era come se fosse maturata nel giro di un anno, io non riuscivo a non pensare a lei ed era stato tutto molto veloce. 

Era una donna. 

La donna per me, pensai egoisticamente. 

La sua figura si stagliò nitida nella mia mente: era poco più alta di un metro e sessantacinque, quei lunghi capelli dorati le ricadevano sulle spalle con morbidezza e il profumo che emanavano ogni volta riusciva a destabilizzarmi. Aveva gli occhi di una sognatrice, lucenti, le labbra carnose che quando si incurvavano in un sorriso, sembravano una preghiera muta di un  bacio e il suo corpo...non c'erano modi per descriverlo: sembrava plasmato nei punti giusti. 

L'avevo osservata, benché non fosse successo nulla tra di noi, ad eccezione di qualche bacio: ogni forma, ogni curva del suo corpo, ogni centimetro di pelle che lasciava scoperto emanava sensualità. Anche se lei sembrava troppo...innocente per rendersene conto. 

Scossi la testa come per scacciare quei pensieri il più lontano possibile: dovevo tenere tutto sotto controllo. 

Mi spostai dalla finestra e andai a farmi un caffè, sotto lo sguardo indagatore di mia madre. In cucina mi versai una tazza di caffè e restai immerso nei miei pensieri, tanto che non sentii la porta di casa aprirsi e chiudersi e dei passi avvicinarsi. 

Quando alzai la testa verso la soglia della porta, notai due occhi fare capolino e un sorriso fare più luce di quanto ne potesse entrare dalla finestra. Nascosi un sorriso dietro la tazza di caffè, guardandola entrare: indossava un jeans scuro che le fasciava le gambe e i fianchi, un maglioncino nero con uno scollo sul petto, non troppo provocante, ma che lasciava molto a desiderare ed un cappotto bianco. 

Che cosa stavo pensando...dovevo smetterla. 

"Ho pensato di venire a disturbarti, anzi abbiamo" disse, correggendosi poggiando le mani sul tavolo ed io inarcai un sopracciglio, in una muta e curiosa domanda. 

"Sono con Emma: ho pensato di portarla un po' al parco" 

"Capisco" risposi poggiando la tazza del caffè nel lavandino e poi tornai a guardarla, notando che si era avvicinata. 

"Ti ho disturbato?" 

"Sei l'unica Lupin di cui tolleri la presenza, non mi disturbi" risposi divertito e le accarezzai una guancia, notando subito come diventò rossa. 

"Ti va di venire a farmi compagnia?" 

"Mi tocca fare da badante?" 

"No, ci penso io ad Emma" disse lei divertita "Se ti va, vieni per fare un po' di compagnia a me" 

"Quindi devo fare da badante a te?" chiesi io, divertito punzecchiandole un fianco. Lei si scostò di lato, ridendo leggermente: "Guarda che non ne ho bisogno" 

"Oh, lo pensi tu, non io" 

"Allora vieni?" insistette e io annuii, provocando così un sorriso di vittoria. 

"Vai a mettere qualcosa di comodo e io ti aspetto in salotto" disse subito sorridendo, girando sui tacchi e dirigendosi verso il salotto, ma le presi un braccio prima che potesse fare un altro passo, facendola voltare verso di me e avvolgendo un braccio alla sua vita. Lei mi guardò, stupita ed io mi chinai sul suo viso, poi sulle sue labbra e la baciai, forse con la stessa delicatezza con cui si raccoglie un fiore. La sentì tremare tra le mie braccia e serrai la presa attorno alla sua vita, stringendola a me finché non mi staccai dalle sue labbra, andando poi a cambiarmi. 

Quella donna mi rendeva capace di fare cose che mai avrei creduto. 

Quando scesi, dopo aver messo un pantalone e un maglioncino nero, restai a fissare la scena che avevo davanti, osservando tutto nei minimi dettagli: mia madre sorrideva guardando la bambina che camminava verso Emily, la quale l'aspettava un po' più distante, piegata sulle ginocchia e con le braccia aperte. La bambina rideva e fece dei piccoli passi verso di lei e quando arrivò, la strinse tra la braccia: "Bravissima, piccolina!"

"Sei molto brava con i bambini...ti adora" commentò mia madre e capii quello che stava facendo, ma non potei non trovarmi d'accordo con quello che disse: ricordavo come si prendeva cura di suo fratello, era portata per fare la madre. 

Non avevamo toccato quell'argomento, non ancora, ma sarebbe successo presto perché non volevo che rinunciasse a quello che voleva ed al tempo stesso io allontanavo qualsiasi remota possibilità di diventare...padre. Non ero capace. Non era un ruolo che io potessi ricoprire senza sbagliare continuamente. 

"Già, me lo dicono in molti.." disse lei ed colsi nel suo sguardo, mentre guardava la figlia di Lily, un velo di tristezza di cui mi sentii maledettamente colpevole. 

"Chissà...magari questa volta è quella buona: tu e mio figlio potreste imboccare quella strada"

"Forse" rispose solamente lei un po' per alimentare le speranze di mia madre, un po' per le sue. 

Mi schiarii la gola, come per avvertirle della mia presenza, di cui ero sicuro che mia madre si fosse accorta: "Andiamo" dissi guardando Emily, che annuì. Poco prima di uscire, però, gettai uno sguardo a mia madre, il quale lo ricambiò salutandomi con la mano e con uno sguardo che parlava da sé. 

Light On Truth 3: ɪʟ ʀɪᴛᴏʀɴᴏ ᴅᴇʟʟᴀ ᴠᴇʀɪᴛÀDove le storie prendono vita. Scoprilo ora