60° CAPITOLO

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Pov's Severus

"Dai! Fallo per me, almeno oggi non fare il musone e vieni!" 

"Ci siamo appena sposati, vuoi già rischiare il divorzio?"

Emily roteò gli occhi e sbuffò alzandosi dal nostro tavolo facendo attenzione al suo vestito. 

"Però il lento me lo devi" mi minacciò puntandomi il dito contro il viso. 

Guardai il dito puntato contro di me, poi lentamente risalii ai suoi occhi: pensavo che avrei potuto perdermi lì dentro. Era di una bellezza disarmante, ma non era solo estetica: era la sua anima ad essere bella e bella era un'eufemismo. 

"Allora mi chiamerai quando sarà il nostro ballo" 

Mi regalò un sorriso che, nonostante fosse già sera, rischiò di accecarmi per la luce che emanava. Si sporse verso di me e mi baciò la guancia, abbracciandomi senza darmi modo di alzarmi. 

"Ti amo" disse stringendomi forte e poi, senza aspettare una mia risposta, mi lasciò andare e si diresse verso il centro della Sala Grande dove l'aspettavano vari invitati per divertirsi. Non appena arrivò lì, il volume della musica cominciò ad alzarsi e cominciarono a ballare. 

Scossi la testa nel sentire il ritmo delle canzoni e mi versai un calice di vino: e secondo lei io avrei potuto ballare questo genere di canzoni, tra l'altro anche babbane, in mezzo a tutti quanti? Sogghignai divertito e buttai giù un sorso di vino, osservando ogni cosa per accertarmi che tutto stesse andando per il verso giusto. Mi alzai, restando in piedi dietro al tavolo, il calice di vino in mano e l'altra in tasca: chi ancora mangiava, chi era intrattenuto in qualche discussione, chi sembrava già sul punto di addormentarsi (cosa che non riuscivo a capire con quella musica) e chi, invece, aveva occupato il centro della sala e stava ballando. Tra questi, al centro di un cerchio che avevano creato, una chioma dorata andava da destra a sinistra seguendo le note della canzone: sembrava aver ammaliato tutti quanti attorno, i quali battevano le mani a tempo per farle il tifo. Il suo corpo si muoveva con una sensualità a dir poco disarmante: ondeggiava i fianchi come fosse un serpente e lo sguardo, solitamente capace di provocarti con la più profonda dell'ingenuità, ora sembrava sfidare chiunque apertamente a farsi avanti. Quella passione che emanava, che sembrava quasi tentare ai peccati e alla dannazione più pura, la sensualità dei movimenti e la sicurezza del sapersi muovere entravano in contrasto con il vestito bianco che la fasciava nei punti giusti e la faceva apparire come una sorta di figura angelica. 

Insomma, sembrava un angelo che apriva le porte dell'inferno. 

Quell'angelo era mia moglie. 

I miei occhi non riuscirono a guardare nient'altro in quella sala: spaziavano dai suoi, alle sue labbra, al suo corpo che sembrava invitarmi implicitamente a farmi avanti. E come se il mio sguardo le avesse appena perforato la pelle, lo catturò nel suo e ,sorprendendomi, mi fece l'occhiolino, sogghignando leggermente come se avesse colpito il segno. 

Strinsi la mano, che tenevo in tasca, a pugno e buttai giù un altro sorso di vino: cazzo, se aveva colpito il segno. Mi ritrovai ad essere geloso di tutti quegli sguardi ma al contempo mi assaliva un moto di orgoglio perché lei era, sotto ogni punto di vista, mia. I suoi capelli, i suoi occhi, il suo sorriso, la sua voce, il suo corpo, la sua anima erano miei e questo pensiero mi bastò a farmi sentire l'uomo più potente e fortunato di tutto il mondo. 

"Beh, non potrei che essere più contenta della scelta che hai fatto" 

Mia madre mi affiancò, prendendo il calice vuoto dalla mia mano e poggiandolo sul tavolo, poi voltò lo sguardo su di me. 

Io mi schiarii la voce,  mettendo anche l'altra mano in tasca e tenni ancora gli occhi fissi su Emily qualche secondo prima di guardare mia madre: "Grazie per la benedizione, mamma" risposi per metà ironico. 

Light On Truth 3: ɪʟ ʀɪᴛᴏʀɴᴏ ᴅᴇʟʟᴀ ᴠᴇʀɪᴛÀDove le storie prendono vita. Scoprilo ora