𝓡𝓮𝓫𝓮𝓬𝓬𝓪
_____________________________________Mi è bastato chiudermi alle spalle il cancello d'ingresso del palazzo per iniziare ad avvertire la sensazione peggiore da cui fuggo sempre: la paura. È l'unica emozione che riesco ancora a provare ad oggi ed è la sola che vorrei non sentire più. Per troppi anni della mia vita ho convissuto con questo mostro e anche quando speravo di essermi ormai liberata del passato,ma lui mi ha ricordato che non potrò mai allontanarlo davvero dalla mia vita. La paura è quel filo invisibile che mi tiene ancora connessa alla me bambina, che di paura ne ha sempre provata tanta.
Io e Leonardo abbiamo sempre condiviso la stanza fin da quando siamo piccoli, sia nella casa a Milano che l'estate qui in Sicilia. Nel corso della mia infanzia, per via degli eventi poco piacevoli che ho dovuto vivere, ho sviluppato sempre più l'ossessione di averlo a dormire nel letto accanto al mio. Quelle rare volte in cui per qualche motivo mi sono trovata da sola, gli incubi sono sempre tornati a farmi visita e la cosa mi terrorizza anche ora che sono più grande. Perciò mentre salgo le scale del palazzo per raggiungere il terzo piano, inizio a sentire questa ormai nota sensazione invadermi ogni parte del corpo fino a stordirmi completamente.
Entro in casa trascinandomi a malapena e sforzandomi di reggermi in piedi per poi entrare finalmente nella mia stanza e uscire dall'abito che iniziavo persino a sentire troppo stretto. Ormai il mio fiato è corto e il respiro è spezzato; la mia sudorazione è eccessivamente fredda e i battiti del mio cuore sono furiosi. Sento che ogni parte di me vorrebbe piegarsi alla paura e rinunciare a combatterla per timore di vederla vincere come sempre.
Ma sono cresciuta e non posso continuare a lasciar vincere i miei mostri, perciò tento di non abbattermi e mi sforzo con tutta me stessa di reagire.Di dormire non se ne parla; quando Leonardo non c'è ho preso l'abitudine di restare sveglia per essere sempre vigile e attenta e non permettere a nessuno di cogliermi alla sprovvista. Passo il tempo a fissare la porta d'ingresso della mia stanza e ogni tanto giurerei di sentire anche dei passi camminare verso di me.
Perché io? Sono sempre stata una bambina dolce e affettuosa, ho sempre obbedito alle regole dei miei genitori, non ho mai portato brutti voti a casa e il mio diario non ha mai conosciuto una nota disciplinare. Sono sempre stata impegnata ad essere la figlia modello e mi sono sforzata di non dare mai preoccupazioni ai miei genitori; ho sempre fatto di tutto per ottenere la loro approvazione in ogni cosa. Mi sono interessata di più a cosa volessero loro che a me stessa e nonostante tutto non sono mai riuscita a conquistarli.
Loro mi hanno sempre rinfacciato le cose che non facevo invece che riconoscere quelle in cui riuscivo bene. Hanno sempre preteso di più da me, sminuendomi e concentrando la loro attenzione altrove. Quando ero piccola venire qui era diventato un incubo per me; Leo andava spesso a dormire da Riccardo nella casa accanto alla nostra e io restavo sola in stanza. A dire il vero avrei tanto voluto restare sola, ma lo zio Rosario che abitava al piano di sotto saliva spesso per venire a tenermi compagnia durante la notte, costringendomi a fare cose che una bambina non dovrebbe fare.
Ricordare mi fa male, troppo. Ricordare quanto tempo i miei genitori ci abbiano messo ad accorgersi di quello che accadeva sotto i loro nasi mi disgusta. Anche adesso che quel mostro è stato portato da anni nel carcere di Palermo io temo ancora che possa arrivare in piena notte e riportarmi indietro nel passato. È questa paura che mi fa tremare nel letto e mi tiene sveglia.
«drrrrinnn» ci metto un po' a collegare che il suono del citofono è reale. Perciò non appena lo sento mi affretto a raggiungere la porta felice del fatto che Leonardo abbia deciso di tornare a casa prima del previsto.
«Chi è?» Domando per accertarmi che sia mio fratello e non rischiare di aprire a uno sconosciuto.
«Sono Riccardo» risponde la voce dall'altro capo della cornetta.
Riccardo? Perché è venuto qui a quest'ora della notte? Ci siamo salutati più di un'ora fa e da come mi ha congedata senza neanche voltarsi per salutarmi, tutto mi sarei aspettata meno che venisse qui. Decido di aprire il cancello e farlo salire. Per quanto non fosse lui la persona che speravo fosse arrivata, mi convinco che sia sempre meglio di restare ancora sola.
Dell'espressione del suo viso intuisco che ha ben dedotto che ci sia qualcosa che non va in me ora. Probabilmente non riconosce la stessa ragazza con cui ha passato l'intera serata a stuzzicarsi e che si è persino limonato in riva al mare. Mi scruta attentamente con i suoi occhi color azzurro cristallino in cerca di un qualsiasi dettaglio da poter cogliere, ma il suo sforzo è invano. La mia testa continua ad essere a dieci anni prima e fatica a connettere che oggi è il presente.
Contrariamente a quanto speravo, l'arrivo di Riccardo non mi aiuta a placare la mia paura ma accende la mia rabbia più che mai. Ricordo che quando ero più piccola detestavo l'amico di mio fratello perché era solo colpa sua se Leo mi lasciava sola e questo permetteva allo zio di venire da me. Per anni ho pregato che i due litigassero e la smettessero di essere amici e ora che ho qui di fronte a me quel bambino ormai cresciuto, capisco che quella rabbia è ancora viva e la manifestano i miei occhi.
Sono sempre stata una persona molto espressiva ma altrettanto enigmatica. Leggermi dentro è difficile perché ho imparato a nascondere i miei sentimenti, ma comprendere cosa provo non è così complicato se si presta un po' di attenzione. Non appena Riccardo ha provato a toccarmi la pelle sfiorandomi sull'avambraccio, una sensazione di ira pura mi ha travolta e ho faticato a controllarla. Ma poi tutto è svanito sotto di me e la mia testa ha lasciato nuovamente spazio alla paura.
Magicamente Riccardo è diventato lui e sembra quasi di essere tornata indietro. Perciò per timore porto istintivamente le mani al viso e mi copro per non vedere; mi accovaccio a terra sconfitta e decido che non voglio più combattere perché tanto non servirebbe a nulla. Scelgo la strada della resa nella sola speranza che duri poco questo incubo.
"È una guerra persa già in partenza" mi ripeto tra me e me.«Ti prego fa veloce» è tutto ciò che riesco a dire mentre mi preparo al peggio.
Ma contrariamente a quanto mi aspetto, il peggio sta volta non arriva.

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𝕋𝕙𝕖 𝕎𝕒𝕣 𝕀𝕟𝕤𝕚𝕕𝕖
ChickLit𝕋𝕙𝕖 𝕎𝕒𝕣 𝕀𝕟𝕤𝕚𝕕𝕖 - 𝕝𝕒 𝕘𝕦𝕖𝕣𝕣𝕒 𝕕𝕖𝕟𝕥𝕣𝕠 (𝕡𝕣𝕚𝕞𝕒 𝕡𝕒𝕣𝕥𝕖) "𝒫𝓊ò 𝓃𝒶𝓈𝒸𝑒𝓇𝑒 𝒹𝑜𝓋𝓊𝓃𝓆𝓊𝑒, 𝒶𝓃𝒸𝒽𝑒 𝒹𝑜𝓋𝑒 𝓃𝑜𝓃 𝓉𝒾 𝒶𝓈𝓅𝑒𝓉𝓉𝒾. 𝒟𝑜𝓋𝑒 𝓃𝑜𝓃 𝓁𝑜 𝒶𝓋𝓇𝑒𝓈𝓉𝒾 𝒹𝑒𝓉𝓉𝑜, 𝒹𝑜𝓋𝑒 𝓃𝑜𝓃 𝓁𝑜 𝒸𝑒𝓇𝒸...