Capitolo 43.

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𝓡𝓲𝓬𝓬𝓪𝓻𝓭𝓸

Non so quanto tempo sia passato dall'ultima volta che ho aperto gli occhi, ma di sicuro sono trascorse delle ore. Schiudo leggermente le palpebre per lasciare entrare la luce indispensabile a farmi capire dove sono; ancora qui. La stanza dell'ospedale mi riporta presto alla realtà di quanto è successo. Mi sono addormentato, ma prima di questo Leonardo è venuto qui a dichiararmi di aver perso sua sorella. L'avrà trovata? Ho bisogno di saperne qualcosa.

Mi sforzo di sollevare il corpo quanto basta a permettermi di raggiungere con il dito il bottone dietro  la testiera del letto, che richiama l'infermiera. Qualche minuto dopo una signora sulla sessantina fa irruzione nella mia stanza e mi domanda preoccupata se sto bene.
<<Si, sto bene. Devo andare in bagno però>> confesso, irritato dal fatto che debba chiedere aiuto per fare una cosa così banale.

La signora si avvicina a me e mi porge la sua mano per aiutarmi a sollevarmi dal letto e andare verso il bagno presente nella stanza. Mi concede la giusta dose di privacy, sufficiente a farmi liberare di tutti i liquidi che può contenere la mia vescica, e solo dopo torna a guardarmi. <<Forza ragazzo, ti rimetterei presto>> dice sollevandomi da dove ero seduto e aiutandomi a tornare sul letto.

<<Posso andare tranquilla?>> domanda una volta tornato nella mia posizione nel letto.
<<Si, ma prima volevo chiederle una cosa>> confesso.
<<Per caso ha visto il mio amico, o sua sorella?>>

<<Tesoro sono arrivata di turno un'ora fa, non so nemmeno di chi stai parlando>> ammette dispiaciuta.

<<Me lo può prestare il suo telefono? Vorrei chiamare mio padre>> domando facendo un po' la vittima. Non è davvero di mio padre che mi importa, ma è l'unico numero che ricordo a memoria.

<<Ma non posso farlo. Domani mattina potrai chiamare chi vuoi, ora è tardi perché non ti riposi?>>

<<Forse lei non ha capito..io non riesco a dormire se non sento mio papà. La prego..>> insisto imitando un lamento.

<<Mi metterai nei guai così..>> dice lei sbuffando ma estraendo comunque il telefono dalla tasca dei suoi pantaloni. <<Ti do un minuto soltanto>> aggiunge porgendomi l' apparecchio.

<<Grazie mille>> le rispondo concedendole tutta la mia onesta gratitudine in un sorriso.

Al quinto squillo risponde mio padre.
<<Pronto?>> ha la voce assonnata.
<<Che fai, dormi? Rebecca? L'avete trovata?>> domando irruento.
<<Si, mi ero appisolato un attimo. Rebecca sta bene, è con me. E con lui c'è anche il tuo amico. Domani mattina veniamo a trovarti, sta sera non ci fanno entrare>> dice tutto di getto.

<<Che le è successo?>> domando cuorioso.

<<Riccardo, pensa a dormire ora. Sta bene! Non ha neanche un graffio credimi>> insiste, come se a me bastasse questo.

<<Si ma dove era?>> insisto.

<<Si era persa nel reparto al piano superiore; aveva seguito la dottoressa che ti ha operato per farle delle domande in merito a te e alla fine si è persa. Lì il cellulare non prendeva e così non riceveva le nostre chiamate. Poi l'abbiamo trovata>> dice, ma dal tono della sua voce deduco che non sia tutto.

<<Adesso basta>> mi rimprovera l'infermiera ricordandomi che è già tanto che sto parlando al telefono.

<<Ok, ora devo staccare.. è lì? Voglio sentire la sua voce>>

<<Sta dormendo, vuoi che la sveglio davvero?>> domanda mio padre.

<<No. Non fa niente.. a domani allora>> concludo.

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