Capitolo 50.

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𝓡𝓲𝓬𝓬𝓪𝓻𝓭𝓸

Improvvisamente sento ogni terminazione nervosa bruciarmi, sono pieno di rabbia di fronte a quelle parole. Che significa che lui l'ha costretta? Per tutti questi anni ho vissuto nella convinzione che la mia vita fosse qualcosa e invece era altro? Mi sembra assurdo. Ho bisogno di capirci qualcosa in più.

<<Spiegati meglio>> lo invito a finire la frase e a contestualizzarla, prima che io possa incazzarmi e non rispondere più delle mie azioni.

<<Tua madre era una donna bellissima.. sicuramente lo è ancora.>> Mio padre inizia il suo racconto, la sua versione della storia, quella che non ho mai sentito, e io gli concedo la mia totale attenzione.

<<Eravamo giovani, ci amavamo. Io ero follemente innamorato di lei. Era impossibile non esserlo. Ma ero troppo egoista e non volevo vedere la sua frustrazione. Nel mio piccolo credevo di fare per lei tutto ciò che mi era possibile, tutto ciò che altre donne avrebbero pagato oro per avere. E non volevo proprio accettare che tutto quello non fosse abbastanza per lei. Che io non fossi abbastanza.
Così, un giorno, dopo un paio di anni di matrimonio, pensai che era arrivato il momento di cambiare. Qualcosa doveva cambiare nella nostra vita. Non eravamo felici insieme. Io lo ero con lei, ma non era reciproca la cosa. Tua madre stava entrando in depressione e io mi sentivo responsabile di questo. Da un po' di tempo cercavamo un bambino. Io non mi sentivo pronto a mettere al mondo un figlio, la nostra situazione era precaria, e tra noi due le cose non andavano così tanto bene. Ma lei insisteva che un figlio l'avrebbe resa felice. Voleva essere madre.. così la assecondai. Volevo che lei fosse felice. Lo volevo davvero. Ma dopo mesi di tentativi, non sembrava andare in porto niente. Così io pensai che fosse un segno del destino, che non era il momento di avere un figlio per noi. Ma lei insistette, fino a costringermi a fare delle visite mediche per vedere se ero idoneo a diventare padre>> all'ultima frase sorride tristemente e fa una breve pausa.

Poi ricomincia a parlare: <<ormai per lei non ero più un marito, ma una macchina che poteva essere utile solo a darle ciò che voleva. Da me doveva ottenere quello, nient'altro. Era diventata un ossessione per lei.
Tanto che si convinse che io ero malato, che non potevo fecondarla. Così cominciarono i primi tradimenti. Lei iniziò a uscire con diversi uomini, a portarsi a letto chiunque pur di ottenere ciò che voleva. Io l'avevo capito, sapevo cosa faceva mia moglie mentre io ero a lavorare. Il paese è piccolo e le voci girano. Ma ero troppo innamorato di lei per lasciarla. Speravo solo di riuscire ad essere io quell'uomo che le avrebbe dato la soddisfazione di diventare madre. Così scelsi di investire tutti i nostri risparmi in visite specialistiche. Fino a quando i medici mi dissero che non c'era nessun problema nel mio liquido seminale. Me lo ricordi ancora quel giorno.. tornai a casa, le comprai un mazzo di rose nel tragitto di ritorno, e mi presentai a lei con gli esiti. Ero felice. Credevo che finalmente avrebbe smesso di uscire con altri uomini e si sarebbe concentrata di nuovo su di me. Speravo, con tutto me stesso, che se fossi riuscito a darle ciò che lei voleva, magari mi avrebbe amato di più. Non li guardò nemmeno i fiori, si limitò a spogliarsi della vestaglia che aveva indosso e buttarsi addosso a me. Io ero troppo innamorato per vedere con occhi consapevoli la realtà dei fatti. Lei mi usava e basta. Però i tradimenti cessarono e, dopo qualche mese, finalmente lei era rimasta incinta.>>

Sento il tono della sua voce farsi sempre più carico di emozioni. Tutte contrastanti tra loro. C'è rabbia, rancore, rimorso. Ma anche tristezza, delusione, e.. forse una punta di amore.
Gli appoggio una pacca sulla spalla, per incentivarlo a continuare il racconto. Dai suoi occhi vedo cadere una lacrima fugace, che si affretta ad asciugare prima di riprendere il racconto.

<<Quei mesi furono i più belli del nostro matrimonio. Lei era tornata la donna di cui mi ero innamorato. Era gioiosa, piena di vita. C'era una nuova luce in lei che non avevo mai visto prima. Stavamo bene. E io ero felice. Poi sei nato tu, e da lì a poco sono ricominciati i problemi. I soldi non bastavano più per mantenere quello stile di vita, così io mi trovai un altro lavoro. Ma lei era di nuovo infelice. Si sentiva costretta a fare la donna di casa, a non avere la libertà di uscire con un'amica senza dover badare per forza a te. Voleva farmi sentire il colpa. Infondo ero io che la lasciavo sempre sola. Un giorno mi arrabbiai con lei, ero stufo. Erano anni che mi sforzavo di fare quello che voleva lei, che mi sacrificavo per vederla felice. Così le chiesi cosa volesse ancora da me. Voleva un figlio e gli e lo avevo dato, ma ora toccava a qualcuno mantenerlo. Lei mi rinfacciò di essere un pessimo marito e un pessimo padre. Per colpa mia lei non era felice, l'avevo incastrata con quel figlio. L'avevo fatto apposta per trattenerla a me e non lasciarla andare. Mi disse che aveva capito che lei non era nata per essere madre.
Così scopri che neanche un figlio bastava a rendere felice tua madre. Lei tornò presto a frequentare altri uomini, a uscire spesso la sera e non tornare la notte. E se fino ad allora non avevo mai avuto nessuno con cui prendermela, su cui sfogare la colpa di quella situazione, ora c'eri tu..>> la sua voce si spezza dal dolore, e si lascia andare a un pianto.

Non avevo mai ascoltato la sua storia. A dire il vero, questa è una storia che non bo mai sentito raccontata da nessuno. Ho sempre tratto io le mie conclusioni dai pochi ricordi che avevo. Non avevo mai capito perché mio padre mi odiasse tanto, perché sfogasse su di me tanta rabbia e frustrazione. E ora, forse, inizio a capire. Non che fosse giusto, non che questo lo giustifichi, ma per lo meno so perché lo faceva.

<<Dopo anni così, io arrivai a un punto di non ritorno. Ero stufo, stanco di essere lo zimbello del paese, l'uomo deriso per le corna della moglie. Dissi a tua madre che doveva andarsene, per sempre. E non le lasciai alternativa. La costrinsi a lasciarci, a lasciarti.
Ma infondo era da una vita che io le davo buoni motivi per andarsene. Ero un fallimento in tutto e lei lo sapeva. Per questo non mi amava. In te vedeva il riflesso di me, di un uomo che non stimava. Per questo non riusciva ad amarti come una madre dovrebbe fare, per colpa mia. Alla fine lei prese le sue cose e fece come le avevo chiesto: se ne andò.>>

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