Capitolo 7.

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𝓡𝓮𝓫𝓮𝓬𝓬𝓪
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Davanti a me c'è il ragazzo che per tutta la sera ho stuzzicato e minimizzato, riducendolo a uno dei tanti nella mia mente. E invece ora lo fisso con occhi pieni di dolore mentre mi sta di fronte e si mette a nudo della sua fragilità. Non sono i pettorali scolpiti o i bicipiti ad avere la mia più totale attenzione, ma i segni del suo passato che mi sta mettendo tra le mani. Io non ne avrei mai il coraggio. Non riuscirei a mostrare così tanto di me a qualcuno. Eppure lui lo sta facendo. È in ginocchio sul pavimento proprio come me e mi guarda intensamente cercando una qualsiasi reazione. Lui non è di certo il mostro da cui sto scappando. Lui è un'altra vittima che scappa da qualcuno.

«Chi ti ha fatto questo?» Chiedo, perché conoscere la risposta sembra essere l'unica cosa di cui mi importi ora.

Lui non appaga la mia curiosità e devia il discorso sul presente «non è importante chi sia stato, ciò che conta è che io non sono più quel bambino» dice.

Non è giusto. L'unica cosa a cui riesco a pensare è che non è giusto che un bambino debba subire quelle atrocità. Non era giusto neanche per me. Ma se ci penso, di me stessa ho sempre pensato che sicuramente c'era qualcosa in me che non andava e che mi faceva meritare quello che subivo. Di chiunque altro però riesco solo a pensare che non è giusto. Nessuno dovrebbe vivere qualcosa di simile.

Dopo qualche minuto di silenzio lo vedo avvicinarsi ancora di più a me e nei suoi occhi leggo tutta la sua frustrazione. Vuole fare qualcosa ma non fa nulla.
Studio più attentamente le sue iridi e nella sua pupilla leggo tutto il suo desiderio.

Mi desidera?
Chi è quel pazzo che desirerebbe sfiorare una come me dopo aver dedotto cosa mi è stato fatto? Nessuno vorrebbe un corpo che è già stato sfruttato a dovere da qualcun'altro. O almeno, nessuno dovrebbe volerlo. E invece Riccardo sembra bramare ogni parte di me. La cosa mi provoca una strana rabbia dentro che fatico a controllare.

«Non guardarmi così, per favore» domando cercando di nascondere la mia emozione.

«Così come?» Domanda subito lui sembrando sinceramente confuso dalla mia affermazione.

«Lascia stare» dico di tutta risposta.

Improvvisamente l'idea di accusare qualcuno di volermi mi fa sentire una sciocca e mi ricorda che magari è tutto frutto della mia immaginazione. Cosa ben possibile considerando che è tutta la notte che sono convinta di dover scappare dal mio mostro. Però l'idea mi ha sfiorato i pensieri e mi ha provocato rabbia: in questo momento così delicato non voglio leggere nel volto di qualcuno che desidera il mio corpo. L'ho letto per troppo tempo negli occhi di un uomo molto più grande di me che mi costringeva a concedermi e non sono pronta a rivedere quel desiderio in qualcun'altro.

Banalmente questo è il motivo per cui ogni mia relazione, se così si possono definire le storielle di un paio di mesi che ho avuto finora, è finita.
Arrivavo sempre a un punto in cui il ragazzo in questione desiderava di più da me e iniziava a fare avance esplicite rendendo note le sue intenzioni. Io mi sono sempre tirata indietro e così la conoscenza si interrompeva. L'unica eccezione è stato Matteo ma con lui è una storia a parte.

Probabilmente, però, anche questa è una macchina del mio passato che mi terrà segnata a vita. Crescendo ho scoperto che il mio corpo è un'arma davvero letale per un uomo, se ben usata e dosata a dovere. Ho capito che posso far male al loro ego, alla loro virilità. Ho capito che posso stare io dalla parte di chi dirige il gioco e decidere quando, come, se e perché. Perciò negli ultimi anni ho preso consapevolezza di me e non mi nascondo più dietro a delle felpe troppo grandi e dei pantaloni extra large.

Ora metto in mostra senza problemi le mie forme e le valorizzo, perché mi fa stare bene sapere che posso provocare un uomo, sedurlo e poi lasciarlo con l'amaro in bocca di non avermi neanche assaggiata. So che per lui è frustrante. Esattamente come era frustrante per me non avere scelta quando ero una bambina e del mio corpo non sapevo ancora nulla.
Ovviamente è un tipo di gioco che faccio responsabilmente, perché non ho intenzione di stuzzicare qualche altra mente malata e subire ancora una violenza simile.

«Becca... non voglio che tu abbia paura di me» la sua voce mi riscuote dalla direzione che stavano prendendo i miei pensieri e dalle sue parole capisco che probabilmente è solo preoccupato.

«Non sei tu a farmi paura» confesso non del tutto onesta.

La verità è che chiunque mi fa paura ormai. Da chiunque mi aspetto il peggio. Di nessuno mi fido. Ma questo non lo voglio dire.

«L'ho capito che stai scappando da qualcosa di molto più grande di te, e magari infondo infondo hai anche un po' paura di me... infondo sono bellissimo e potrei farti perdere la testa da un momento all'altro e allora» lo interrompo prima che possa finire la serie di idiozie che sta iniziando a dire.

Gli tappo la bocca con una mano mentre sul mio volto è spuntato un sorriso involontario.

«Non dire stronzate ti prego» lo bacchetto con tono divertito.

In tutta risposta lui alza le mani come segno di resa e quel gesto mi costringe a dover interrompere quel contatto fisico. Ci guardiamo negli occhi in maniera intensa e indecifrabile e dopo un po' Riccardo fa il primo passo per alzarsi dal pavimento.

«Vado a dormire nel letto di Leonardo, così qualsiasi cosa hai bisogno sai che sono qui» annuncia lui porgendomi la mano per aiutarmi ad alzarmi anche io.

«Quando abbiamo deciso che avresti dormito qui scusa?» Domando sollevandomi da terra.

«L'ho deciso io e non si discute. Tuo fratello non mi perdonerebbe mai di averti lasciata qua da sola in queste condizioni.»

«Hai rotto il cazzo con sta storia di Leonardo. Se fai le cose solo per quello che potrebbe o non potrebbe dire mio fratello allora puoi andartene a fanculo insieme a lui.»

Il mio tono è severo e non lascia spazio all'ironia. Sono stufa di sentirmi ripetere da tutta la sera che fa le cose solo perché mio fratello non gli e lo perdonerebbe. Cosa sono, una bambina che ha bisogno della protezione di questo stupido? Quando ero davvero piccola avevo bisogno che qualcuno mi salvasse, non ora.

«Becca calmati, era una battuta che non hai colto. Resto qui perché voglio restare qui. Con te...» confessa lui, cercando di tagliare quella distanza che teneva lontani i nostri corpi.

«Si ma io non ti voglio» rispondo dura.

È la verità? Non lo so neanche io. So che sarei più tranquilla nel non sapermi tutta sola qui, ma so anche che lui non è mio fratello. L'unico di cui mi fido è Leonardo.

«D'accordo...» risponde senza controbattere la mia affermazione. «Allora me ne vado, ma qualunque cosa non esitare a chiamarmi, per favore» aggiunge poi.

Lo tranquillizzo sul fatto che fra meno di un'ora sorgerà il sole e che una volta salutato il buio della notte anche i miei incubi se ne andranno. Perciò lo ringrazio sforzandomi di mostrare la mia reale gratitudine per essermi stato accanto in quel momento di down e lo guardo andare via.

«Buonanotte Rebecca» dice una volta raggiunga la soglia della porta.

«Buonanotte Riccardo.»

Passo le ore successive a girarmi e rigirarmi nel letto sognando a occhi aperti due grandi iridi color azzurro cristallino.

𝕋𝕙𝕖 𝕎𝕒𝕣 𝕀𝕟𝕤𝕚𝕕𝕖 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora