Capitolo 17.

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𝓡𝓮𝓫𝓮𝓬𝓬𝓪

Con fare deciso mi dirigo verso la riva del mare, sforzandomi con tutta me stessa di non voltarmi indietro. Una parte di me vorrebbe restare qui, urlargli addosso tutto quello che penso e che provo, dirgli quanto la sua verità del cazzo mi abbia ferita. Vorrei gridargli che mi sento una cretina per aver anche solo pensato un istante che ciò che si stava creando tra noi fosse vero anche per lui. Ma evidentemente non è così.

Evidentemente il mio corpo è solo uno dei tanti che lo attrae e gli fa partire qualche ormone, probabilmente è solo una sfida con se stesso per vincere il senso di proibito che prova nei miei confronti. La sorellina del migliore amico: deve essere una bella sfida per lui.

L'altra parte di me, la più dominante, mi spinge ad andarmene. Voglio solo scappare, da lui e dal mio dolore, voglio di nuovo la mia solitudine. Tanto nessuno capirebbe. Tanto anche le parole più forbite del mondo non servirebbero a spiegare a qualcuno come mi sento.

Così, una volta che i miei piedi incontrano la sabbia, mi affretto a rivestirmi e andarmene.
Non voglio andare a casa: ho voglia di bere.
Fanculo il buon senso, Leonardo, Riccardo, i miei genitori. Fanculo tutti.
Ho bisogno di alcool e una bella sigaretta.
Così decido di fermarmi al primo locale sulla spiaggia che trovo di strada e mi addentro per andare al bancone e ordinare da bere.

Un ragazzo dagli occhi verdi e i riccioli neri mi accoglie con un gran sorriso e mi domanda cosa prendo.
<<Un rum e cola grazie>> rispondo, non ricambiando la sua gentilezza.

Non sono dell'umore di sorridere a qualcuno.
Non sono in vena di ragazzi che ci provano con me solo perché mi vedono tutta sola al bancone di un locale.
Io sola ci sono sempre stata e ad oggi posso dire con certezza che è la migliore compagnia che ho sempre avuto. Le persone non mi piacciono, e quelle poche che mi sono poaciute, alla fine si sono rivelate tutte delle merde pronte a deluderti.

Meglio non avere legami, non avere aspettative.
L'essere umano è troppo egoista per riuscire a soddisfare le esigenze di un altro essere umano.

<<Ecco a te bellezza>> dice porgendoli il bicchiere in vetro il ragazzo.

<<Quanto ti devo?>> domando.

<<Il primo giro lo offre la casa>> risponde, facendomi un occhiolino decisamente malizioso.

Non lo ringrazio nemmeno. Sollevo il calice in aria imitando il gesto del cincin e me ne vado.
Il drink è decisamente forte ma lo mando giù come fosse acqua ugualmente. Ho bisogno di qualcosa che mi stordisca il più velocemente possibile.

Mezz'ora dopo ho già in mano il quarto drink e lo sorseggio seduta su una sdraio del locale. La musica attorno a me è rimbombante e il genere house non fa decisamente per me. Qui però un rum e cola te lo fanno a 5€ perciò non ho troppe pretese sul genere musicale, mi accontento di bere bene a poco.

Inizio a sentire la testa farsi pesante e girare, le luci del locale mi stordiscono solo a guardarle, mentre le onde del mare mi causano una sensazione di nausea se le fisso. Sento persino la temperatura corporea aumentare, i battiti farsi più insistenti e la concentrazione calare. Finalmente iniziò a rilassarmi un po'. Finalmente sento che sto perdendo il controllo di me stessa e delle mie emozioni.

<<Ciao bellezza>> una voce alle mie spalle mi induce a voltarmi e aprire gli occhi.

È il ragazzo del locale che stava dietro al bancone e mi ha servito tutti i cocktail.
I suoi occhi visti con questa luce sembrano molto più scuri, le sue pupille ricoprono quasi l'intera superficie e i suoi riccioli neri cadono morbidi davanti al viso. Ha dei bei lineamenti. Non è troppo più alto di me, ma la sua polo bianca abbraccia perfettamente i suoi bicipiti.

<<Che cazzo vuoi>> domando infastidita.

Odio quando qualcuno invade il mio spazio vitale senza che io abbia dato prima il permesso o abbia lasciato intendere che si potesse fare.
Ancor di più detesto che qualcuno mi scuota dalla mia ricercata calma.

Il ragazzo sembra essere sorpreso dal mio modo di rispondergli, probabilmente sarà abituato a un altro genere di lessico. Ma a me non frega niente di risultare scortese e poco fine. Questa è una serata di merda e ho tutto il diritto di rispondere male a chi mi pare.

<<Hai sentito la mia domanda o sei sordo?>> insisto poco dopo.

<<Sei sempre così simpatica?>> chiede lui in tono palesemente sarcastico.

<<Senti coglione>> inizio, alzandomi dal mio sdraio e mettendomi in piedi di fronte a lui. <<Non me ne frega niente di risultare simpatica o meno a uno come te, ne tantomeno bramo le tue attenzioni o le tue stupide e finte avance. Se vuoi farti un favore e non vuoi tornare a casa con l ego ferito sta sera, sparisci da qui.>>

Nel suo volto leggo tutta la sua confusione di fronte al mio atteggiamento. In questo momento sento che la vera me sta uscendo e non mi interessa contenerla.
Questo stronzo deve levarsi subito dalle palle, ho bisogno di stare sola e rilassarmi e lui mi sta disturbando.

<<Che caratterino>> ammette lui, alzando le mani in aria in segno di resa e facendo qualche passo all'indietro. <<Buona serata>> commenta infine lasciandomi nuovamente sola.

Mi rimetto a sedere sulla mia sdraio e riprendo tra le mani il mio drink che è ormai annacquato.  Sbuffo al solo pensare di dover tornare dentro per prenderne un altro.

<<L'hai traumatizzato quel ragazzo>> dice una voce che suona famigliare poco più in là.
Mi volto ed è Riccardo.

Anche lui è seduto su uno sdraio ma nel buio pesto della spiaggia non lo avevo neanche notato.
Che cosa vuole adesso? Mi ha seguita?

<<Vaffanculo Riccardo! Se non vuoi finire traumatizzato anche tu, sparisci come lui>> dico, con tono più cattivo che mai.

Lui resta in silenzio e non fiata. Non controbatte alle mie parole e la cosa quasi mi infastidisce. Odio quando le persone non rispondo alle mie provocazioni o, peggio ancora, non fanno quello che gli dico. Avrebbe permesso che tornassi a casa da sola e ora se ne sta qui a controllare come mi rivolgo ai ragazzi? È solo un egocentrico di merda.

<<Mi hai seguita?>> domando dopo un po'.

Sento il suono della sua risata bassa. Cosa lo fa ridere?

<<Sei tu che perseguiti me Rebecca..>> ora la sua risata sembra una risata nervosa più che divertita.

Vedo la sua sagoma alzarsi dal suo posto e venire verso di me; sul suo volto leggo frustrazione.
Ha le guance che sembrano andare in fiamme e le iridi viola. Ha persino qualche vena in evidenza che pulsa vicino al collo e oserei dire che è sudato in fronte.
L'immagine che ho davanti a me mi spaventa. Questo non è Riccardo.

<<Sei una ragazzina del cazzo che mi è entrata nella testa e adesso vuoi fottermi il cervello, ma non ci riuscirai. È una vita che combatto contro quelle come te, che fuggo dalle emozioni. Ricordi? L'hai detto anche tu, ti rendono deboli. Io non sono debole però>> continua a parlare mentre si avvicina sempre di più a me.

Sembra arrabbiato, triste, un mix di emozioni difficili da decifrare. Le sue parole sono confuse e non riesco a seguirlo nel filo del suo discorso, ma capisco bene che anche lui ha bevuto dalla scia di alcol che lascia il suo respiro vicino a me.

<<Perciò vaffanculo tu Rebecca! Va-ffan-cu-lo!>> scandisce bene l'ultima parola e lascia che sia tagliente su di me.

𝕋𝕙𝕖 𝕎𝕒𝕣 𝕀𝕟𝕤𝕚𝕕𝕖 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora