𝓡𝓲𝓬𝓬𝓪𝓻𝓭𝓸
Caldo. Freddo. Asciutto. Bagnato.
Questi sono i contrasti che avverto.
Asfalto freddo e un corpo caldo che gli sta sopra.
Asfalto asciutto e un corpo bagnato di sangue.Non so quanto tempo sia passato esattamente, ma quando finalmente riesco a riprendere un po' di coscienza e riaprire gli occhi, non sono più dove mi trovavo l'ultima volta. Ora sono sopra questa barella chiuso in quella che sembra essere un'ambulanza. Probabilmente qualcuno avrà chiamato soccorsi per me. Qualcuno mi avrà trovato, magari Rebecca.
Mi sforzo di aprire di più le palpebre per intravedere l'immagine di chi mi sta accanto. Spero di vederci lei, con i suoi grandi occhi da cerbiatta e quel viso angelico decorato da qualche piccola lentiggine. Ma lei non c'è.
Accanto a me siede un ragazzo sulla trentina che indossa la divisa di soccorso. Non si accorge subito della mia presa di coscienza, è impegnato a compilare dei fogli che tiene appoggiato su un taccuino.
Non deve essere facile scrivere in maniera comprensibile su un autoambulanza che continua a imbattersi nell'asfalto dissestato di questa piccola cittadina sicula.<<Che ore sono?>> sento una voce alla mia destra. Sarà un altro assistente del ragazzo penso tra me e me, senza voltarmi per assicurarmene.
<<Quasi le dieci. A che ora stacchi tu?>> risponde il tipo moro che stavo studiando già da qualche minuto.
<<Veramente il mio turno è già finito da quattro ore, ma Cristian non si è presentato oggi perciò devo coprire anche lui.>>
I due continuano a chiacchierare come se nulla fosse, come se in mezzo a loro non ci fosse un ragazzo sanguinante a cui è appena stato infilato un coltello nel ventre. Non si sono nemmeno accorti del fatto che ora sono sveglio.
<<Dove siamo?>> esordisco con quel filo di voce che scopro essermi rimasta, rivolgendomi ai due.
<<Ah, sei sveglio. Come ti senti?>> finalmente il ragazzo mi degna della sua attenzione.
Estrae dalla tasca della sua giacca rossa e bianca una sorta di lucina con cui mi punta gli occhi, mentre con le dita dell'altra mano mi tiene ben aperte le palpebre.
<<Riesci a vedermi bene? Quanti sono questi?>> domanda mentre mi posiziona tre dita sollevate davanti al viso.
<<Tre>> rispondo.
<<E questi?>>
<<Sette>> rispondo esausto.
<<Ok, bene. Ti abbiamo fatto una piccola iniezioni di morfina per tenere a bada il dolore. Abbiamo fatto una medicazione sulla ferita e ti abbiamo coperto con una garza sterile per tamponare l'emorragia. Ora ti stiamo portando nell'ospedale di Caltanissetta, perché in paese non c'era posto. Vuoi dirci che è successo?>>
La sua domanda mi infastidisce. A dire il vero il suo parlare troppo lo fa. In trenta secondi ha detto trecento cose e io mi sono appena svegliato da uno svenimento. Secondo lui ho davvero capito tutto quello che mi ha detto?
<<Mi hanno accoltellato al basso ventre>> dico.
<<Questo l'avevamo intuito. Ma vuoi dirci perché? La dinamica della situazione come è andata?>> insiste.
Il collega accanto finalmente si sporge verso di me e mi permette di vedere il suo volto. Ha capelli biondo scuro legati in una coda bassa e spettinata. Occhi color verde scuro, come il muschio bagnato. Un naso importante e con una leggera gobba, labbra sottili e una pelle troppo chiara per essere un siciliano di origine. Il suo accento non è di qui, il che mi conferma la teoria che ho appena sviluppato.

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𝕋𝕙𝕖 𝕎𝕒𝕣 𝕀𝕟𝕤𝕚𝕕𝕖
Chick-Lit𝕋𝕙𝕖 𝕎𝕒𝕣 𝕀𝕟𝕤𝕚𝕕𝕖 - 𝕝𝕒 𝕘𝕦𝕖𝕣𝕣𝕒 𝕕𝕖𝕟𝕥𝕣𝕠 (𝕡𝕣𝕚𝕞𝕒 𝕡𝕒𝕣𝕥𝕖) "𝒫𝓊ò 𝓃𝒶𝓈𝒸𝑒𝓇𝑒 𝒹𝑜𝓋𝓊𝓃𝓆𝓊𝑒, 𝒶𝓃𝒸𝒽𝑒 𝒹𝑜𝓋𝑒 𝓃𝑜𝓃 𝓉𝒾 𝒶𝓈𝓅𝑒𝓉𝓉𝒾. 𝒟𝑜𝓋𝑒 𝓃𝑜𝓃 𝓁𝑜 𝒶𝓋𝓇𝑒𝓈𝓉𝒾 𝒹𝑒𝓉𝓉𝑜, 𝒹𝑜𝓋𝑒 𝓃𝑜𝓃 𝓁𝑜 𝒸𝑒𝓇𝒸...