𝓡𝓲𝓬𝓬𝓪𝓻𝓭𝓸
Passo le successive due con Rebecca accanto e il mio migliore amico seduto vinco a noi che ci guarda orgoglioso. Penso che infondo sia felice per noi due.
<<È strano pensarlo, e ancor di più dirlo, ma è bello vedervi così>> dice indicando la mia mano aggrappata a quella di Becca. Entrambi gli sorridiamo, <<è anche grazie a te>> dice sua sorella.Una parte di me è grata ma l'altra ha paura. Settembre si avvicina e la mia partenza porterà con se dei cambiamenti. Anche Becca dovrà tornare a Milano e tutto questo cambierà. Ma per ora voglio vivermi questo momento intenso di felicità.
<<Tuo padre è ancora di la, secondo me vorrebbe vederti per sapere come stai>> dice Leo.
So che il suo è un modo carino e indiretto di chiedermi se può farlo entrare. Non mi interessa particolarmente di lui, ne tantomeno credo di aver bisogno di averlo qui. Ma gli concedo comunque l'opportunità di fare il padre.
<<Fallo entrare>> dico al mio amico, ricevendo come premio un sorriso di Becca.
<<Sono orgogliosa di te>> ammette a bassa voce stringendomi di più la mano.
<<Un giorno vorrei che mi insegnassi ad avere il tuo coraggio>> aggiunge poi.
<<Sei tu che mi ispiri ad esserlo>> ammetto.
<<Si può?>> la voce di mio padre, accompagnata dal rumore delle nocche sulla porta, allontana me e Becca da quel momento di intimità che si stava ricreando. Lei sgancia la sua mano dalla mia e mi fa cenno con la testa di aspettare fuori. Ma io non voglio che lei vada via.
<<Becca>> le dico, sperando che si fermi qui.
<<Non scappo, sono qui fuori>> dice rassicurandomi.
<<Ok.>>
La osservo andar via dalla stanza e una strana malinconia mi invade il petto; stare lontano da lei è doloroso. Ora che finalmente siamo riusciti a trovarci vorrei potermi non staccare più.
<<Come stai Riccardo?>> domanda mio padre avvicinandosi al mio letto.
<<Come mi vedi>> dico indicando il mio corpo disteso.
<<Ho parlato con la dottoressa che ti ha operato, ha detto che sei stato molto fortunato, non è stato toccato nessun organo.>>
<<Non è stata fortuna. Chi mi ha accoltellato non voleva uccidermi, ma solo avvertirmi. Questa volta mi è andata bene ma se dovesse arrivare la seconda occasione non credo mi riserverebbe la stessa grazia>> ammetto.
<<Chi è stato Riccardo? Devi raccontarmi cosa è successo altrimenti non posso aiutarti.>
<<Io non ti devo niente, e non voglio il tuo aiuto.>>
L'espressione di mio padre è amareggiata e triste. Ma è vero: non ho bisogno di lui. Non è certo la persona a cui chiederei di salvarmi da questa situazione.
<<Lasciami rimediare, ti prego>> aggiunge. Negli ultimi anni mio padre si è sforzato di ottenere il mio perdono per le botte che mi ha dato quando ero piccolo. È cambiato da quando la mamma se ne e andata, e non posso negare i suoi sforzi per recuperare il rapporto. Ma dopo tutto quello che mi ha fatto vivere non ho più interesse per lui.
<<Non ti preoccupare, so incassarli bene i colpi. Mi hai addestrato bene, ricordi?>> domando, alludendo alla mia infanzia.
I suoi occhi verdi si riempiono di lacrime che si sforza di non far uscire. Sta zitto; non replica nemmeno con una parola la mia accusa. Sembra un cane bastonato che subisce i colpi di un padrone violento. Paradossalmente sembrano essersi invertiti i ruoli. La differenza è che lui faceva male con le mani, io con le parole.
La verità è che anche mio padre ha sofferto parecchio; non voglio giustificarlo, così come non ho mai giustificato mia madre, ma negli anni con la terapia mi sono sforzato quantomeno di capirlo.
Era un uomo felice, convinto di aver raggiunto l'apice nella sua vita: una bella casa, una bella moglie, una bella famiglia e una vita davanti per godersela.Mio padre faceva due lavori, trovandosi a stare fuori casa anche sedici ore al giorno. Il tutto pur di non far mancare nulla alla sua famiglia, per permetterci di avere ogni cosa e di non dover mai rinunciare a nulla. Infatti vivevamo in una bella casa, una delle più belle del paese. Una casa grande, invidiata da tutti i vicini. Tutto grazie allo sforzo di mio padre. Avevamo belle macchine, io avevo i giochi più belli di tutti i miei amici, i vestiti firmati, persino la mia merenda era la più buona della scuola. Ogni anno facevamo un viaggio, e questo era un gran lusso per chi vive qui che è abituato a fare le vacanze a casa. Tanto qui c'è il mare e i soldi è meglio tenerli in tasca. Noi invece potevamo permetterci di viaggiare, di visitare nuovi posti.
Poi un giorno, all'improvviso, tutta questa bellezza si è sgretolata davanti a suoi occhi e lui non ha potuto fare niente per evitarlo. Mia madre non voleva più stare a casa, faceva il minimo indispensabile per me e accusava mio padre di averla costretta a vivere un incubo. Lui si trovava spesso costretto a stare solo con me, perché lei usciva la sera e tornava l'indomani mattina. Ha perso dei lavori per colpa di mia madre che scappava di casa. E lui doveva restare con me. Finché, stare con me, lo ha portato a nutrire astio per suo figlio, scaricando tutta la sua frustrazione sul corpo di un bambino.
Per colpa mia stava perdendo la moglie, la bella famiglia che aveva, il rispetto nel mondo del lavoro, la reputazione in paese. Ormai tutti sapevano cosa faceva mia madre fuori casa la notte. Tutti sapevano che mio padre non era più così tanti serio sul lavoro perché spesso non si presentava in orario o doveva andare via prima. Il tutto per badare a me che ero un bambino a cui mia madre non voleva più badare. So che ha sofferto anche lui.
Quando la mamma un giorno si è presentata con le valigie davanti alla porta e se n'è andata senza dire una parola il cuore di mio padre si è rotto.
La sua vita è cambiata in questi anni: ha venduto la casa per comprarne una più piccola per noi due. Ha venduto le macchine e ora ha solo il furgoncino del lavoro. Ha dovuto reinventarsi con il lavoro ed è finito a lavorare nei campi sotto il sole e sotto la pioggia pur di portare a casa qualcosa da mangiare per me e per lui. Non si è mai rifatto una vita con un'altra donna. Crescendo è cambiato anche con me: ha iniziato a dedicare la sua vita solo a me. Solo che io non gli ho mai permesso di farlo davvero perché avevo troppa rabbia dentro.Ora che è qui di fronte a me un po' mi fa tenerezza, e una parte di me lo ringrazia comunque per tutto ciò che ha fatto. Un'altra ovviamente lo odia.
<<Sono qui fuori se hai bisogno di me>> dice, dirigendosi verso l'uscita.
<<Grazie di essere corso qui da me>> gli concedo.
In risposta alza una mano, come a far intendere che è il minimo che ha fatto.
<<Un'altra cosa>> aggiungo. Lui si volta verso di me e attende che io dica qualcosa. <<Grazie di aver portato qui i miei amici>> aggiungo in conclusione.
<<La ragazza non sembrava solo un'amica>> dice, sforzandosi di sorridere.
<<È vero, forse è qualcosa in più. Per questo vorrei chiederti di proteggerla finché io starò qui, non perdetela mai di vista per favore>> insisto.
<<Ti fidi a lasciarmela in custodia?>> domanda confuso e incredulo.
<<Non ho alternative>> ammetto senza dargli soddisfazione.
<<Certo.. allora a presto>> dice infine, uscendo dalla stanza e lasciandomi nuovamente solo con me stesso.

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𝕋𝕙𝕖 𝕎𝕒𝕣 𝕀𝕟𝕤𝕚𝕕𝕖
ChickLit𝕋𝕙𝕖 𝕎𝕒𝕣 𝕀𝕟𝕤𝕚𝕕𝕖 - 𝕝𝕒 𝕘𝕦𝕖𝕣𝕣𝕒 𝕕𝕖𝕟𝕥𝕣𝕠 (𝕡𝕣𝕚𝕞𝕒 𝕡𝕒𝕣𝕥𝕖) "𝒫𝓊ò 𝓃𝒶𝓈𝒸𝑒𝓇𝑒 𝒹𝑜𝓋𝓊𝓃𝓆𝓊𝑒, 𝒶𝓃𝒸𝒽𝑒 𝒹𝑜𝓋𝑒 𝓃𝑜𝓃 𝓉𝒾 𝒶𝓈𝓅𝑒𝓉𝓉𝒾. 𝒟𝑜𝓋𝑒 𝓃𝑜𝓃 𝓁𝑜 𝒶𝓋𝓇𝑒𝓈𝓉𝒾 𝒹𝑒𝓉𝓉𝑜, 𝒹𝑜𝓋𝑒 𝓃𝑜𝓃 𝓁𝑜 𝒸𝑒𝓇𝒸...