Capitolo 55.

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𝓡𝓮𝓫𝓮𝓬𝓬𝓪

Dopo essermi abbandonata a un lungo e straziante pianto, decido che è il momento di rimettersi in sesto; così mi sollevo da terra e mi ricompongo. Opto per fare una bella doccia, utile a ripulirmi dalla tristezza che mi ha macchiato l'anima, e, infine, indosso una tuta decisa a fare una bella corsetta.

Intenta a non restare più chiusa dentro questo guscio, scelgo di trovare un nuovo modo di gestire le mie emozioni. Senza scappare sta volta. Solo affrontandole.

Riccardo parlava spesso di come l'allenamento per l'addestramento alla Marina Militare fosse un buon modo per lavorare sul proprio fisico e contemporaneamente sulla propria emotività.

Raccontava di come l'aiutasse a liberarsi di tutti i suoi pesi, delle emozioni scomode che si aggrovigliavano nel petto e non sembravano sciogliersi mai. Di quanto fosse utile per mettere a tacere le sensazioni più taglienti e, infine, di come fosse facile riuscire a staccare la mente dai pensieri sbagliati durante la corsa.

Così medito che andare a muovere le gambe sia una buona idea anche per me. Non sono ancora pronta a lasciare andare, è vero, ma posso sempre scegliere di vivere diversamente.

Un'ora dopo sono in riva al mare intenta a recuperare un po' di fiato. Non sono abituata a tutto questo esercizio fisico, e l'aria nei polmoni è una cosa su cui devo decisamente lavorare. Le numerevoli sigarette fumate in questi ultimi giorni non sono state di certo un toccasana per me.

Resto qualche minuto a contemplare le bellezza del mare che ho di fronte. La grande distesa di acqua azzurra mi ricorda lui. I suoi occhi cristallini, l'intensità del suo sguardo... in fondo posso sempre scegliere di averlo ancora qui con me. Finché vive nei miei ricordi non sarà mai finita.

Alla mente torna la sua descrizione del mare, quella sera in cui gli avevo chiesto di portarmi a fare qualcosa di folle. La stessa, in cui qualcosa dentro di me è cambiato.

A me il mare non fa paura. Al contrario, lo ammiro. È tenace, coraggioso, sa essere dolce ma anche violento. Non si fa sovrastare da nessuno, anzi è lui che domina. Può contenere mille e più segreti e portare a galla ciò che vuole. Io lo invidio, il mare non ha paura.

Le sue parole sono ancora vive nella mia memoria. Una visione tutta nuova e completamente distante da quello che vedevo io. Qualcosa di diverso a cui ora mi sento profondamente legata.
Nelle onde del mare sento che posso ritrovarlo.

Spero di rincontrarlo qui, esattamente dove ci siamo persi.

Mi sento travolta da un improvviso coraggio, e così decido di fare ciò che quella sera non feci: correre verso la distesa d'acqua e tuffarmici senza pensarci su.

Chiudo gli occhi, respiro profondamente concentrandomi esclusivamente sul suono del mare e distraendomi con qualche volatile che aleggia nel cielo.
Il rumore del vento, la brezza marina, il canto delle onde mi culla in questa quiete.

Dopo un po' inizio a muovere le gambe verso la mia meta e finalmente mi addentro in questo enorme spazio che fino ad ora mi aveva sempre spaventata. Nuoto, libera di sentirmi viva.

Porto la testa sott'acqua e resto a godermi il silenzio che mi concede questo fondale. Non ho paura. Ho solo bisogno di sentire Riccardo più vivo nei mie ricordi.
Ho bisogno di trovarlo nelle cose che mi ha detto. Ma lui non c'è.

Anche qui, ora, lui non c'è.

Di nuovo una tragica tristezza mi invade. Mi chiedo solo se durerà per sempre. Resto in apnea più di quanto io possa concedermi. Vorrei soffocare il dolore. Far morire la tristezza.

In questo immenso mare, sento che persino le mie lacrime sono troppo salate. Chissà che tutta questa distesa di acqua in cui galleggio non sia solo un grande insieme di lacrime versate, che contiene ancora oggi il dolore delle persone.

Sorrido della mia stessa teoria, convinta del fatto che Riccardo riderebbe nel sentirla.
Chiudo le palpebre ancora una volta, per vedere chiara nella mia mente l'immagine di lui. Il blu dei suoi occhi, il ghiaccio dentro. Quello è forse l'unico mare in cui vorrei nuotare. Perché questo in cui sono sembra troppo grande per me.

Decido che il mio momento di coraggio è terminato, e sono pronta a tornare indietro.
Sono fiera di me per essere andata oltre i miei limiti e aver affrontato una mia paura.
Ma tutto questo coraggio lo devo a Riccardo.

Ogni cosa mi riporta a lui.

Resto per un po' in riva al mare, con i soli piedi in acqua. Aspetto che il sole scaldi il freddo che ho dentro e asciughi i vestiti fradici. Un'ora dopo sono pronta a tornare a casa.

La strada di ritorno la percorro tutto correndo, per non sentire il freddo che avverto avendo ancora la tuta umida addosso. Temo che a sto giro porterò a casa con me un bel raffreddore. Me lo sono andata a cercare d'altronde.

Mentre faccio andare le gambe piu veloce che posso, la mia mente è distratta dai miei stessi pensieri, tanto che non presto reale attenzione al mondo che mi circonda. Ma è così che avviene il disastro.

Sono intenta ad attraversare la strada, ma non mi accorgo della presenza di una macchina che arriva a tutta velocità alle mie spalle. E quando finalmente lo faccio, é ormai troppo tardi.

Il rumore assordante delle gomme che frenano sull'asfalto percuote tutta la via. Il mio corpo che si scontra con la carrozzeria dell'auto causa un botto che risuona nella mia testa.

Sono gli unici rumori che riesco a captare, senza realmente capire cosa stia succedendo.

Chiudo gli occhi d'istinto.
E non li riapro più.

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