Capitolo 8.

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𝓡𝓲𝓬𝓬𝓪𝓻𝓭𝓸
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In realtà l'idea di tornare davvero a casa mia non mi ha neanche sfiorato l'anticamera del cervello, ma volevo evitare di stare a discutere con Rebecca. Per una volta in vita mia ho solo deciso di mettere da parte l'orgoglio e di non impuntarmi: tanto con lei molto probabilmente non servirebbe comunque a niente.

Così ho ben pensato che restare sulle scale del condominio fosse un buon modo di non andare troppo lontano e riuscire a intervenire per tempo nel caso in cui qualcosa non dovesse andare liscia. Perciò appena chiude la porta di casa alle mie spalle prendo posto sul gradino e mi appoggio con la schiena al muro cercando una posizione in cui stare relativamente comodo.

Ovviamente di dormire non se ne parla, perciò la mia testa inizia a vagare tra ricordi e domande a cui sicuramente non darò una risposta oggi.
Passano così le successive due ore e ormai dalle piccole fessure del palazzo intravedo persino la luce del giorno. Ogni tanto mi alzo per sgranchire le gambe e mi avvicino con l'orecchio alla fessura della porta, solo per accertarmi che li dentro sia tutto apposto.

Non sento rumori particolari e questo mi tranquillizza a tal punto da permettermi di entrare in dormiveglia quando ormai il sole del primo giorno penetra dalle finestre.

«Ricky?» sento una voce in sottofondo chiamarmi per nome più e più volte.

Apro leggermente gli occhi per intravedere il mio interlocutore, che scopro essere il mio migliore amico.

«Oh Leo, com'è?» domando stropicciandomi la faccia e tirandomi su dal pavimento.

Il mio amico ha tutta l'aria di chi se l'è spassata per bene sta notte, a differenza di sua sorella penso tra me e me. Mi racconta brevemente come sono andate le cose con la bionda del locale ma non ci mette troppo a tornare al fulcro principale.

«Ma tu invece che ci fai qui?» mi chiede.

Scelgo di dire la verità o mento? Per un attimo nella mia testa si presentano mille possibilità, ma poi alla fine scelgo di seguire l'istinto.
Racconto una parte di verità mischiata a un po' di buon senso, che mi suggerisce di non confessare il vero motivo per cui in piena notte sono venuto qui.

«L'ho vista un po' strana quando ci siamo salutati qua sotto e salendo a casa mia poi ho pensato che forse aveva paura a restare da sola, perciò dopo un po' sono venuto a vedere se andava tutto bene e... mi sa che ha avuto qualche incubo.»

La teoria sta in piedi, Leonardo non sembra neanche lontanamente dubitare della mia versione, che tra l'altro è anche vera in parte, perciò questo mi fa riacquisire la calma.

«Si, immagino di che incubi si tratta...» confessa lui con voce preoccupata.

«Ti ha detto qualcosa?» domanda poi continuando a indagare.

Decido di non dire nulla, perché non so fino a che punto Leo sa cosa sia successo alla sorella e non vorrei rischiare di dire qualcosa di troppo. Mi limito a raccontare il minimo indispensabile.

«Alla fine ho pensato di dormire qui sulla scala almeno se aveva ancora problemi potevo intervenire» dico in conclusione.

«Sei un buon amico fra» commenta il mio amico dandomi una pacca sulla spalla.

«Che cosa le è successo?» domando, passando io ora dalla parte di colui che investiga nel passato della sorella.

«Non te lo posso raccontare, altrimenti sai che l'avrei già fatto anche solo per sfogarmi. Ma questo riguarda Rebecca e non posso dirlo» ammette lui avendo tutto il mio rispetto e la mia comprensione.

Dalla sua risposta però deduco che sappia la verità, anche solo in minima parte almeno. Mi chiedo allora perché abbia lasciato la sorella da sola se sa che ha questi incubi.

«Sapevi degli incubi?» domando insistendo.

«A volte li ha, ultimamente erano rari però. Probabilmente non è stata una buona idea lasciarla a dormire da sola la prima notte qui. Sono stato un coglione» ammette lui facendo trapelare tutto il suo senso di colpa.

Tento di rassicurarlo e di alleggerirlo di quel peso che si sta portando. Gli ricordo che è un fratello straordinario e che Becca è fortunata ad averlo. Poi lo rassereno del fatto che ci ho pensato io a sua sorella e che lei sembrava anche più felice senza di lui attorno.

«La reprimi troppo tu, sembrava un aquila che finalmente volava libera» dico stuzzicandolo e tentando di confrontarlo allo stesso tempo.

Per un frangente di secondo, l'idea che Leo non voglia più lasciare da sola sua sorella mi preoccupa. E se non avessi più modo di avvicinarmi a lei come sta notte? La cosa non mi piace. Perciò mi impegno con tutto me stesso a far trovare pace al mio amico e a levargli ogni senso di colpa. Se dovesse scegliere di stare appiccicato a Becca tutta l'estate sarebbe la fine per me.

Il solo pensare a queste cose mi fa ridere. Io che mi preoccupo se avrò modo di avere ancora tempo per una ragazza? Che razza di stregoneria è questa ? A che incantesimo mi ha sottoposto Rebecca?

Non posso negare a me stesso che l'attrazione è tanta, ma se fino a qualche ora fa era solo una questione di possedere un bel corpo che mi attraeva, ora è diverso.

Da quando sono venuto in questo appartamento sento che la connessione tra noi va oltre: c'è qualcosa che ci unisce e ci rende tremendamente simili e tutto ciò mi intriga e mi spaventa allo stesso tempo. Non posso nascondere che la debolezza di Rebecca un po' mi spinge a voler essere quel qualcosa di bello che le farà dimenticare gli incubi del passato. Ma so anche che non potrei esserlo per sempre.

Io fra qualche mese partirò, andrò in giro per l'Italia e non è una cosa a cui sono disposto a rinunciare. Questo è ciò per cui ho lottato e combattuto duramente per anni e non è discutibile.
Perciò immerso tra questi pensieri mi convinco che persino sperare di aver più tempo possibile con Rebecca sia cosa vana.

«Grazie del conforto Ri, sei il migliore amico che si possa desiderare» dice Leo riportandomi alla realtà.

Lo rassicuro ancora un po', dopodiché finalmente mi congedo e torno a casa mia. Mi butto a letto e provo a spegnere i pensieri nella speranza che questo silenzio che mi circonda possa servire a fare un po di ordine nella mia inquietudine.

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