Capitolo 10.

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𝓡𝓲𝓬𝓬𝓪𝓻𝓭𝓸
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Sono passati esattamente tre giorni dall'ultima volta che sono stato da solo con lei. A dire il vero dall'ultima volta che siamo riusciti a parlarci.
Si, è vero, non è che abbiamo fatto chissà cosa; siamo stati sotto casa per massimo dieci minuti e niente di più. Però almeno eravamo soli.

Potevo guardarla come si guarda l'oggetto dei propri desideri. Potevo studiarla in ogni suo dettaglio senza avere il fratello che mi controlla e che le sta con il fiato sul collo per non lasciarla mai sola. Ho potuto persino toccarla. Ho sfiorato quella sua pelle liscia e ambrata che mi accesso un desiderio di stringerla forte a me mai privato prima.

Di solito le ragazze voglio portarmele solo a letto, voglio usarle per provare piacere e mi diverto a darne a loro, perché anche nel sesso non sono mai stato un egoista. Ma Rebecca è diversa: di lei voglio conoscere ogni cosa, ogni pensiero, ogni sfumatura. Di lei voglio sapere tutto e vorrei ricambiare facendole conoscere tutto di me.

Non voglio essere il suo ragazzo ne far parte del suo futuro, questo no, anche perché il mio è già scritto e non è né qui né a Milano dove sta lei. Ma per lei vorrei essere quel viaggio che ti cambia. Vorrei farle fare quelle esperienze che ricorderà per sempre. Vorrei darle quella vita che forse le è stata strappata troppo in fretta. Vorrei essere quel ricordo, che anche quando sarà vecchia, vivrà nella sua memoria e la costringerà a sorridere. Insomma, vorrei solo portare un po' di luce nel buio che si porta dentro.

Non so nemmeno io perché mi sono fissato così tanto con questa ragazza. Forse perché non mi era mai capitato prima d'ora di sentirmi così connesso a qualcuno. Forse perché per la prima volta in vita mia ho avuto "paura" che qualcuno potesse davvero capirmi.

Ho passato tanto tempo durante la mia adolescenza a sperare che qualcuno riuscisse a comprendere ciò che mi portavo dentro e che vedesse il macigno troppo pensante che era sempre pronto a schiacciarmi da un momento all'altro. Ma quel momento non è mai arrivato e così ho smesso di sperare.

Poi ho conosciuto una parte della storia di Rebecca e quel desiderio si è riacceso in me. Ho pensato che finalmente qualcuno poteva capirmi. Che non ero più solo come pensavo da tutta la vita. Per la prima volta il mio dolore non mi ha fatto più paura ma mi ha dato la forza.

La forza di non tirarmi indietro e non spaventarmi a mostrare la mia storia. La forza di parlare. La forza di ascoltare. La forza di non nascondermi.

Per tutti questi anni ho sempre evitato di andare al mare con gli amici perché l'idea di far vedere la mia schiena piena di cicatrici mi ha sempre limitato. L'unico con cui vado è Leonardo, perché conosce la mia storia e di lui mi fido, ma per il resto tutti gli altri sono estranei a cui non voglio far sapere nulla di me e del mio passato.

Però oggi è diverso: oggi sono tre giorni che praticamente non parlo con Rebecca. Ormai suo fratello continua a organizzare pomeriggi interi al mare con i vari gruppi di amici, e la sera lei se ne sta sempre con Rosanna e Francesca, perciò a me neanche mi considera.

La cosa non nego che mi innervosisce perché vorrei che lei avesse lo stesso desiderio di stare con me così come io ce l'ho di stare con lei. Ma allo stesso tempo questa cosa mi da la motivazione giusta per non nascondermi più. Oggi decido che andrò anche io al mare con gli altri e me ne infischierò delle mie cicatrici. Oggi voglio solo vederla e parlarle, voglio incontrare i suoi occhi e strapparle un sorriso.

Perciò dopo pranzo preparo lo zaino con l'asciugamano e le ciabatte, mi infilo una t-shirt bianca e mi allaccio le Nike ai piedi.
Ho deciso di raggiungere i ragazzi direttamente in spiaggia così potrò approfittare per fare una corsetta e mantenermi in forma. Negli ultimi giorni i quaranta e passa gradi che abbiamo avuto qui non mi hanno permesso di fare molta cardio e la cosa non va bene considerando che il fiato è la cosa che più mi servirà quando sarò in Marina.

𝕋𝕙𝕖 𝕎𝕒𝕣 𝕀𝕟𝕤𝕚𝕕𝕖 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora