⚖️33. Giustizia

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Gli equilibri nella Marina si stavano spostando. A distanza di diversi mesi dall'esecuzione di Barbabianca, i giornali finalmente titolavano del nuovo Grand'Ammiraglio succeduto a Sengoku. Nina lo sapeva da mesi, grazie alla posta che si scambiava in segreto con Garp, ma vedere quelle notizie sui quotidiani le fece lo stesso un certo effetto.
Sakazuki, detto Akainu, aveva preso il comando ufficiosamente già da tempo, quando la notizia della sua promozione venne diffusa.
Nina non riusciva a guardare la sua immagine sul giornale senza che una rabbia cieca la pervadesse.
Sedeva sul letto di Law nella sua cabina dentro il Polar Tang e rimestava quelle pagine in continuazione senza pace.
«Così lo consumi.» Ridacchiò il capitano osservandola dalla sua scrivania.
«È che non ci posso credere.» Rispose lei infastidita buttando il giornale per terra.
Law tornò con lo sguardo ai suoi progetti.
«Era inevitabile. Chi mai avrebbe potuto prendere il posto di Sengoku?» Osservò rassegnato, con una malcelata insoddisfazione nella voce.
«Aveva designato Kuzan.» Sputò lei stringendo la coperta e inarcando la schiena.
«I Cinque Astri non lo avrebbero accettato in qualunque caso.» Scarabocchiò qualcosa sul foglio, tirando su una gamba sulla sedia nella penombra.
«Doveva spaccargli il culo.» Asserì rabbiosa.
Law la guardò sorpreso da quella affermazione, poi buttò un occhio alla piccola Kiki che dormiva nel lettone vicino a lei.
«Oh sta dormendo, tranquillo.» Disse sistemandole le coperte.
Law sospirò.
«Chissà cosa ci attende adesso.» Si chiese.
«Quello che hai visto fino a ora nella Grand Line, sono mesi che è al comando.»
L'uomo si voltò a guardarla stupefatto.
«Cosa? Come lo sai?»
«Un'informazione per un'informazione.» Ridacchiò lei, toccandosi la cicatrice sulla guancia di qualche settimana prima.
Law alzò gli occhi pensoso.
«Stamani ho messo i calzini spaiati.» La informò laconico.
Nina sorrise.
«Ogni tanto Garp mi fa avere delle lettere per sapere come sta Kikyo.»
La piccola si voltò dentro le coperte e Nina abbassò la voce.
«A volte mi dice anche qualcosa a proposito di queste faccende.» Concluse.
«Come?» Domandò lui sempre più esterrefatto. I suoi occhi grigi bramavano una risposta, a guardarlo pareva in procinto di scoprire il più prezioso dei tesori.
«Quando attracchiamo qualche volta trovo un gabbiano che mi punta. Non so come fa.»
Adesso il volto del capitano si era tramutato in una maschera di cera. Strinse la matita fino a farsi venire le nocche bianche.
«Tu non gli dici dove andiamo spero.»
«Ma sei matto?» Replicò lei indignata. Kiki si agitò di nuovo nel sonno.
«Scusa, avevo capito male.» Si affrettò a ritrattare l'uomo nervosamente.
«Comunque Aokiji non ha rinunciato senza combattere.» Spiegò lei a voce ancor più bassa. «L'ha sfidato in combattimento su un'isola sperduta all'inizio del nuovo mondo.» Continuò.
«E ha perso mi pare di capire.» Dedusse Law intrigato.
«Decisamente, si è ritirato da tempo dalla Marina.»
«Quindi è rimasto un solo ammiraglio.»
«Sì ma questo lì non lo dicono, sia mai che a qualcuno venga in mente di prendere a sberle due o tre Draghi Celesti su isole lontane tra loro.» Ridacchiò lei.
«Kizaru avrebbe un bel po' di lavoro da fare.» Alzò un angolo della bocca e nella semi-oscurità i suoi occhi grigi si riempirono di brama.
«Non farti venire strane idee.» Lo bacchettò Nina.
«L'ultima volta non è andata tanto male.» Ironizzò lui.
«Per te.»
Nella sua voce c'era un velo di tristezza. Per un attimo ripensò a quei giorni e a come fosse convinta della buona riuscita del salvataggio di Ace. Nel giro di così poco aveva perso così tanto, finanche la speranza.
Abbassò gli occhi e portò istintivamente una mano vicino a Kiki. Era ancora lì con lei, tutto andava bene per quanto possibile.
Law la osservò mutare espressione, non ne comprese la ragione, ma si alzò dalla sedia e le si sedette cautamente di fianco.
I suoi capelli ricci profumavano di pulito, li annusò distrattamente mentre le prendeva la mano tra le sue.
«Che c'è?» Le domandò dolcemente.
«Niente. Ricordi.» Replicò telegrafica con aria affranta.
L'uomo le baciò il dorso della mano.
«Passerà. Un giorno i ricordi faranno meno male e tu non te ne sarai nemmeno accorta.» Le spostò teneramente un ricciolo dietro l'orecchio.
Nina chiuse gli occhi lucidi e gli appoggiò la testa sulla spalla, poi sospirò riempiendosi i polmoni del suo odore caldo di muschio bianco.
«Alcuni giorni è meglio e sembra tutto passato, altri giorni potrei quasi soffocare.»
Bisbigliò con voce rotta.
«Oggi è uno di quelli?»
«Non lo era finché non ho letto il giornale.» Una piccola lacrima le colò sulla gota sinistra, si affrettò ad asciugarla. «Sono così incazzata che vorrei spaccare tutto.» Strinse forte il pugno che stava tra le grandi mani tatuate di Law.
«Un giorno tutto cambierà e noi saremo parte di questo cambiamento.» Commentò l'uomo guardandola con aria trasognata.
Era bella anche da arrabbiata, mentre gli si rannicchiava addosso così piccola rispetto a lui, ma tanto forte da smuovere il suo mondo.
«Non mi interessa cambiare un bel niente, vorrei solo ammazzarlo con le mie stesse mani. Dopo tutto quello che mi ha tolto, dopo tutto il male che ha fatto, adesso viene promosso e questa la chiama giustizia.»
Nina non piangeva più, adesso sentiva solo le fiamme della rabbia consumarla da dentro.
Law la strinse a sé.
Raramente rimaneva in silenzio perché non sapeva cosa dire, più spesso lo faceva di proposito, ma quello rappresentava uno dei pochi casi in cui era stato lasciato senza parole. La donna aveva usato un tono tanto livoroso e un linguaggio così tagliente da lasciarlo interdetto.
Gli ricordava lui stesso e tutto il rancore che aveva provato all'assassinio della sua famiglia e della sua gente, così tanto da renderlo folle, troppo per rimanere contenuto in un corpo di quelle dimensioni.
Nina era rigida tra le sue braccia, tesa come una corda di violino si lasciava toccare, ma non permeare dagli impulsi esterni. Sentiva come un'aura proveniente da dentro avvolgerla e renderla impenetrabile. Era già piena di un sentimento tanto selvaggio che non poteva più essere riempita.
«Respira.» Le sussurrò l'uomo, avvertendola dura come un marmo. «Chiudi gli occhi e respira.» La invitò di nuovo.
Le prese il volto rotondo tra le mani e la guardò con uno sguardo che nulla trasmetteva se non amore.
«Non lasciare che l'odio vinca, l'odio ti rende irrazionale e debole.» I suoi occhi grigi seguitavano ad ammirarla malgrado tutto.
La donna aggrottò le sopracciglia contrariata e si liberò da quella presa allontanando il viso.
«Io odio quanto e chi mi pare, non mi serve la tua morale.» Sputò, alzandosi in piedi. Nelle sue iridi ambrate balenavano lampi di furore.
«Nina...» Tentò avvicinandosi a lei e sfiorandole il braccio.
«Lasciami stare.» Gli intimò secca. «Non ho bisogno di un cazzo di prete che mi dica come mi devo sentire, ho bisogno di spaccare qualcosa!»
Kiki si mosse di nuovo tra le coperte, aveva alzato troppo la voce.
«Va bene, andiamo a spaccare qualcosa allora.»
Nina avvertì un moto di gioia a quella risposta, poi guardò la figlia dormire nel lettone e ogni pensiero si dissolse come vapore.
Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, poi un altro, sotto gli occhi di un capitano già pronto a ordinare l' emersione.
«No dai, non possiamo lasciare qui Kiki. Pensa se si svegliasse e non ci trovasse.»
Law strabuzzò gli occhi, stavolta fu lui a farsi prendere dalla collera.
«Tu l'hai proposto!» I suoi denti erano divenuti stranamente aguzzi.
Nina gli sorrise divertita e gli mise le braccia intorno al collo.
«Non mi va più.» Commentò distrattamente prima di lasciargli un bacio sulle labbra che gli provocò un grave episodio di faccia inebetita.
«Dai vieni.» Lo esortò la donna calpestando il quotidiano con i piedi scalzi per poi sdraiarsi accanto alla figlia.
Law non se lo fece ripetere due volte e la seguì con un'insolita andatura svolazzante.
Kikyo riposava tra loro che si guardavano intensamente scambiandosi dolci sussurri.

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