🍋15. Sour Island

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Salutarono coloro che erano sbarcati appena scesi dalla scialuppa con baci e abbracci, mentre avevano già congedato a bordo il timoniere, Spugna, Riccio di mare e Narvalo che erano rimasti a guardia del Polar Tang.
Tutti tranne Law, che non volle farsi salutare in alcun modo se non accettando un disegno di Kiki.
Non fu un addio particolarmente struggente, dato il temperamento generale dei pirati heart, ma a Bepo e Narvalo scese comunque qualche lacrima.
Nina si sentì un po' persa sulle prime, provata, ma privata di quella stampella che l'aveva accompagnata fino a quel momento nelle sue piccole vicissitudini.

Sour Island aveva un clima primaverile, perfetto per i vestiti che Narvalo le aveva donato e che aveva deciso di inaugurare per l'occasione.
Kiki portava una maglietta bianca a maniche lunghe, una salopette in jeans e le sue scarpette nere che le stringevano leggermente i piedi, mentre Nina aveva degli occhiali da sole scuri, una bandana gialla, e un lungo vestito a quadretti bianchi e celesti.
Inforcati gli zaini, le due non persero tempo e si avviarono verso il centro del paese.
La via era sterrata, ma sempre dritta e ben segnalata, costeggiata da grandi alberi di cedro che con le loro radici mantenevano l'integrità del suolo.
Da quello che ricordava di quando aveva visitato il luogo con il padre, non c'erano minacce particolari, ma bisognava fare attenzione a non imbattersi nelle talpe giganti native di quella terra- le cosiddette sodeco- le quali scavavano profonde gallerie nel sottosuolo compromettendone la stabilità. Per questo motivo da tempo immemore gli abitanti piantavano un po' ovunque alberi di agrumi, che reggevano la terra con le loro radici, immangiabili per gli animali a causa de loro sapore tremendamente acre.
Nina si prodigò nello spiegare questi dettagli alla piccola Kikyo così come se li ricordava e così come suo padre li aveva spiegati a lei, mentre procedevano verso la città principale: Oronte.
L'isola non era molto grande, ne risultò che nel giro di un'ora a passo lento le due si trovarono davanti già i primi palazzi.
L'architettura locale affascinò la piccola Kiki: le case non avevano il tetto spiovente come era abituata a vedere, ma parallelo al terreno e da lontano si vedevano già diverse cupole, torri e guglie costruite con materiali variopinti che riflettevano la luce.
«Dobe andiamo mamma?» Chiese la piccola senza staccare gli occhi da quello spettacolo di colori che brillavano sotto il sole del primo pomeriggio.
«Andiamo a fare un paio di commissioni e poi facciamo merenda.» Annunciò la donna.
Quando giunsero nella capitale, si infilarono immediatamente in un negozio per bambini e Kiki ne uscì con un nuovo paio di scarpe più grandi e color blu.
La donna non ricordava bene dove fossero dislocati i suoi punti di interesse e i pochi che rammentava si erano spostati o avevano chiuso i battenti.
Questo fece loro perdere diverso tempo sulla tabella di marcia, perciò arrivarono dal parrucchiere quando l'ora della merenda era già trascorsa da un po' e i loro stomaci brontolavano.
Una donna bassa e tarchiata con i capelli viola squadrò le due da capo a piedi, poi annunciò che ci sarebbe stato da attendere per la tinta, mostrando con le mani inanellate le poltroncine tutte occupate del salone.
Quando uscirono, il sole stava tramontando sulla linea dell'orizzonte frastagliata dagli altissimi edifici che riflettevano colorazioni turchesi, gialle e verdi.
«Mamma ho fame.» Si lamentò la piccola mettendo una mano sul pancino mentre con l'altra teneva Miss Princess.
«A questo punto cerchiamo un posto per cenare.» Propose la donna.
Proseguirono lungo la via che divideva in due il paese e trovarono presto un piccolo ristorante.
Appariva molto spartano, tutto in legno con il tetto quadrato, tende bianche a righe verdi, luci soffuse e tavoli bassi ai quali ci si poteva accomodare sedendosi su un bel tappeto decorato.
L'ingrediente principale della cucina locale erano ovviamente gli agrumi, come la donna poté evincere dal foglio del menù che le venne portato al tavolo, così entrambe ordinarono riso al limone e non ne restarono per nulla deluse.
Prima di uscire passarono dal bagno, poiché Nina voleva cambiarsi per andare verso la loro ultima meta della giornata: la taverna Ancre.
La donna uscì dal locale indossando un tubino nero con le spalline che le arrivava appena sopra il ginocchio e un cappottino corto di pelo sintetico appoggiato sulle spalle, lo zaino in mano.
Non credeva che i vestiti regalatigli da Narvalo le sarebbero tornati veramente utili, ma con il senno di poi aveva fatto solo un gran bene a farsi convincere dall'amica ad accettarli.
«Dove andiamo mamma?» La bimba la guardò con occhi innamorati.
«Da un amico tesoro.»
Si accese una sigaretta nel breve tragitto e non la spense per entrare all'Ancre.

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