🐘39. Zo

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Zou era una delle isole più strane sulle quali Nina avesse mai messo piede.
Era arrivata con discreto ritardo sulla sua tabella di marcia, dopo aver sostato a lungo nella stravagante Dressrosa in subbuglio per un imminente torneo.
La sua meta si trovava sul dorso di un gigantesco elefante impossibile da individuare se non tramite una vivre card, a causa del fatto che si spostava in continuazione.
Al suo arrivo non aveva avuto difficoltà nel volare sopra la sua groppa e iniziare a esplorare il luogo.
Ovunque era circondata da una fitta foresta verdeggiante e ci mise non poco a incrociare il primo abitante.
Il piccolo paradiso era abitato da una specie antropomorfa chiamata "visoni", questi avevano la peculiare caratteristica di assomigliare a una svariata serie di animali con la pelliccia.
Bepo in effetti proveniva proprio da quell'isola, ma non la ricordava molto poiché ne era emigrato durante l'infanzia.
Nina si trovò di fronte un gigantesco visone gorilla che indossava un buffo frac.

Qualche ora dopo si riunì alla ciurma e alla figlioletta scoppiata in lacrime alla sua sola vista.
Venne immediatamente aggiornata della situazione sull'isola da Narvalo, che con voce più squillante del solito le descrisse per filo e per segno ogni avvenimento accaduto dal momento del loro sbarco.
Zou era stata attaccata da una delle bestie dell'imperatore Kaido con lo scopo di stanare un certo Ninja proveniente da Wano. Si trovavano in assedio da giorni e da giorni i re del luogo combattevano strenuamente per ricacciare indietro gli invasori.
Il re Gatto-Vipera combatteva il capitano Jack durante la notte, il re Cane-Tempesta lo affrontava di giorno. Nonostante la battaglia incessante il nemico non desisteva e quello era già il quinto giorno.
«Facciamo qualcosa, no?» Aveva replicato Nina mentre teneva in braccio la figlia.
«Non ce lo permettono.» Le aveva risposto Narvalo.
«Perché?» Chiese lei attonita.
«Fanno combattere solo i visoni, non vogliono aiuto dagli ospiti.» Narvalo abbassò lo sguardo e si sistemò la folta chioma riccia.
Nina sospirò e strinse a sé la bimba che ridacchiò.
I giorni trascorsero e i combattimenti non cessarono, ogni giorno Bepo tornava e aveva delle nuove da raccontare ed era sempre più polveroso e sempre più stanco.
Il suo pelo candido e morbido si era fatto ispido e giallognolo, il suo temperamento mansueto si era indurito e ciò traspariva dai dettagli che decideva di raccontare e dal modo in cui lo faceva.
Un giorno non tornò e quello fu il giorno in cui una parte della ciurma di Cappello di Paglia sbarcò sull'isola.
I pirati heart si erano appena decisi ad andarlo a cercare, quando alcuni dei reduci di quella scorretta battaglia cominciarono a rientrare.
Erano malconci, affamati e infreddoliti e tutti raccontavano la stessa storia: un gruppo di visoni inferiori era sbarcato sull'isola e li aveva sottratti al giogo di un'arma chimica sguinzagliata dalla controparte per annientarli.
Il drappello di umani era stato accolto nella nuova sistemazione del popolo del giorno e si stava prodigando nell'assistere tutti i visoni colpiti dal fumo velenoso.
Nina sorrise quando ne udì le descrizioni, ma nessuno della ciurma osò andare a incontrarli prima che fosse tornato il loro capitano.
Kiki era l'unica a essere rimasta serena tutto il tempo: nessuno aveva azzardato nel raccontarle cosa stesse succedendo e la madre la sottraeva prontamente alla conversazione ogni volta che avvertiva stesse andando a parare sulla situazione bellica dell'isola.
Ogni tanto faceva i capricci perché voleva giocare con Law, ma Nina era diventata brava a distrarla. Il contesto le ricordava tremendamente la situazione già vissuta, scuoteva il capo quando ci pensava come a volersi scrollare di dosso quella sensazione.
I corti riccioli biondi le ondeggiavano in modo buffo intorno alla testa, provocando gustose risate alla figlia ignara.
La bimba diventava sempre più sagace e bella ogni giorno che passava e più cresceva, più era simile al padre. Succedeva a volte che la donna si svegliasse nel cuore della notte in preda a uno dei suoi incubi e credesse di stare ancora sognando nel trovarsi il volto dell'ex compagno addormentato a fianco.
Non avrebbe saputo dire se fosse più doloroso il vederlo di nuovo accanto a sé o il rendersi conto che non era lui, non era mai lui.
Piangeva sempre dopo quegli episodi e abbracciava forte la figlia, oppure Law se era lì.
La battaglia con Sakazuki non era stata risolutoria come aveva creduto, al contrario non aveva fatto altro che aumentare la sua ossessione per la vendetta, per la figlia, per la vittoria a ogni costo. Se da una parte ne era uscita quasi morta e ancora portava segni e deficit fisici, dall'altra le aveva donato la consapevolezza che l'omicidio di quell'uomo rientrava a pieno titolo tra i suoi desideri più grandi.
Tuttavia questa fissazione non le faceva affatto bene: era diventata molto più forte, ma non riusciva a controllarsi, era distratta, spesso alienata dal mondo circostante e immersa nelle sue fantasie sanguinolente. Aveva spezzato molte più vite di quanto le piacesse ammettere da quando si era ripresa e ne era consapevole, ma non riusciva più a capire quando era il momento di fermarsi. Ogni volta che combatteva una frenesia la pervadeva, le alleggeriva la testa, distorceva la sua percezione della fatica e della forza dei suoi colpi, le faceva fischiare le orecchie e quando tornava in sé aveva tra le mani un cadavere orribilmente sfregiato.
Ne aveva parlato con Law e con i membri della ciurma con i quali era più in sintonia, Bart le aveva detto che dalle sue parti esistevano alcuni dottori della mente che potevano aiutarla, ma erano lontani e assolutamente non facevano parte del piano.
Law le aveva proposto più volte di cambiare rotta e cercare aiuto verso i lidi indicatigli dall'uomo, ma i sensi di colpa di Nina le avevano sempre impedito di accettare e intanto le sue vittime crescevano, tanto da valerle la nomea di "macellaia di Barbabianca".
Il capitano l'aveva portata con sé a Punk Hazard per evitarle inutili scontri e quando la situazione li richiedeva, l'aveva fatta riunire alla ciurma sperando che i componenti l'avrebbero tenuta alla larga dal campo di battaglia.
Nina lo sapeva e lo accettava, anche di questo avevano parlato, ma adesso che Law non si vedeva da giorni iniziava a rivalutare la sua decisione.
Non si era mai sentita sola come in quelle notti in cui l'unico confidente era uno spicchio di luna.

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