🍜46. Insieme

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«Pensi che riuscirai a farcela?» Domandò Law a uno Shachi incerto ammantato di nero.
La luna era alta nel cielo e i due, silenziosi come gatti, erano arrivati al magazzino delle scorte per sottrarre cibo e acqua pulita.
Avevano scoperto a loro spese che la selvaggina risultava immangiabile e l'acqua dei ruscelli imbevibile, tanto che Narvalo era rimasta un giorno intero sdraiata con i crampi allo stomaco.
La fresca brezza notturna accarezzava i loro volti e le piccole stelle sfarfallavano sopra le loro teste.
Shachi per tutta risposta si caricò in groppa il gigantesco sacco di vivande e lo guardò divertito con aria di sfida.
«Bene, andiamo.» Lo esortò Law, chiudendo la room.
«Capitano c'è quell'assassino ancora a piede libero...» Bofonchiò l'uomo trafelato dopo qualche minuto.
«Ho letto che se ne va in giro per la capitale, non dovrebbe disturbarci qui.» Gli rispose lui, sistemandosi meglio il cappuccio.
«E se passasse da queste parti?» Le gambe gli tremolarono e non per il peso sostenuto.
«Gli daremmo il benvenuto.» Ridacchiò Law scoprendo la sua fedele spada.
«Perché dobbiamo essere sempre noi a fare questo lavoraccio?» Si lamentò l'uomo.
«Chi dovrebbe farlo? Bart?» Lo motteggiò il capitano.
«Magari, per lui sarebbe più facile.» Ridacchiò piano Shachi, aggiustandosi il peso sulla schiena.
«Lo sai che a parte te e Penguin non può farlo nessun altro.»
L'altro restò in silenzio per qualche minuto. I grilli suonavano la loro nenia, mentre fievoli suoni di ali vicine si propagavano nell'aria umida.
«Nessuno che non ci faccia saltare la copertura.» Commentò Shachi a bassa voce.
«Vieni, dallo a me.» Disse Law.
«Nina come sta?» Gli chiese l'uomo mentre lo caricava del suo fardello.
Law strabuzzò gli occhi e piegò le ginocchia, per poi tornare alla stazione eretta.
«Lo vedi da te come sta... mamma mia stavolta abbiamo esagero credo.» Si lamentò il capitano aggiustando la propria postura.
«Non si vede granché ultimamente e sì forse abbiamo esagerato.»
«Vuol dire che ci basterà per più tempo.» Si convinse Law.
Ci fu qualche istante di quiete.
«Quindi?» Insistette Shachi.
«Quindi cosa? Mamma mia come sono scomode queste ciabatte di legno.» Protestò l'altro, scuotendo un piede e poi l'altro per risvegliarli dal torpore dato dalla posizione innaturale che assumevano con quelle calzature.
«Quindi Nina come sta?»
Law guardò dritto di fronte a sé, la strada era male illuminata ma sembrava molto lunga.
«Come al solito, come deve stare?»
«Mh.» Bofonchiò Shachi.
«È successo qualcosa? Perché me lo chiedi?» Si interessò Law.
«No, nulla di rilevante, ma...»
«Ma?» Lo trafisse con i sui occhi grigi.
«Siamo preoccupati, tutti noi.»
Law guardò per terra proseguendo claudicante.
«Lo so, Bepo me lo ha detto.» Disse con tono funereo.
«Ha avuto brutte giornate quando non c'eri, capitano. Faceva quasi paura.» Al ricordo un brividino gli percorse la schiena.
«Che intendi?»
«Bepo non-»
«No.» Troncò secco Law, intuendo la natura della richiesta.
«Era intrattabile, non riusciva a dormire, non si reggeva.»
«Ha fatto... qualcosa?» L'uomo inghiottì la saliva.
«No, ma eravamo spaventati per il fatto che non saremmo riusciti a contenerla se avesse dato problemi.»
Law inghiottì di nuovo la saliva e una goccia di sudore gli scese sulla tempia.
«Fermiamoci un attimo per favore.»
«Posso prenderlo io.»
«No, fermiamoci.»
Così dicendo si sistemarono sotto a un grande albero lungo il sentiero.
Law si scaricò del suo grande bagaglio e sospirò mentre si sedeva sull'erba bassa.
Piegò le ginocchia e si tolse il cappello maculato per passarsi una mano tra i capelli con aria preoccupata.
«Vi fa paura?» Domandò a bruciapelo.
Il suo stomaco si contorse al pensiero della probabile risposta del suo sottoposto e in un modo così doloroso che gli si inumidirono gli occhi.
«Io non posso parlare per tutti-»
«Rispondi e basta!» Lo incalzò l'altro stringendosi gli stinchi.
«Non mi fa paura, ma temo per lei.»
Law prese una boccata di ossigeno e una singola grande lacrima gli rotolò sulla gota ispida.
Shachi lo guardò accennando un sorriso.
«Capitano...» Sussurrò.
«Tu non puoi capire cosa lei è per me Shachi. Quello che mi dà... oh mamma...» Un'altra lacrima gli rigò il viso mentre sospirava estasiato.
«Lo vediamo tutti ogni giorno, non c'è bisogn-»
«No invece c'è bisogno.» Lo interruppe Law.
«Non riesco a vederla con lucidità e mi duole ammetterlo più di quanto pensi, ma proprio per questo se avete qualcosa da dire, ditemela.»
Altre gocce salate erano comparse e si erano unite alle precedenti.
«Capitano, non crediamo ci sia nulla che non va, le vogliamo bene così come è.» Tentò di consolarlo l'amico.
«E invece c'è qualcosa che non va, lo so io e lo sai tu e non possiamo farci niente.» Law iniziò a singhiozzare abbassando la testa fino a poggiare la fronte sulle rotule.
«Finché è gestibile va bene, è pur sempre la nostra dolce Nina...» Erano comparsi i lucciconi anche nei suoi di occhi.
«Non so quanto di lei ci sia rimasto, ogni giorno me lo chiedo.» Si passò una mano sul viso. «Eppure non posso fare a meno di amarla, perché nei momenti in cui è in sé... oh signore com'è...» Un largo sorriso adorante e bagnato si era aperto sul suo volto.
«Capitano...»
«Ma quando non c'è... è esattamente come l'hai descritta e non esiste verso di farla tornare.» Si rabbuiò.
«Tornerà in pianta stabile prima o poi.» Lo rincuorò l'altro asciugandosi gli occhi.
«Non credo, più passa il tempo e più peggiora.» Lo guardò sconsolato.
«Prima o poi smetterà di peggiorare.» Aupicò Shachi riprendendo il gigantesco bottino in spalla.
«Ho solo paura di come.»
Un'altra torsione insopportabile gli attaccò lo stomaco, quel pensiero gli fece male in un modo che non avrebbe saputo riportare a parole.
«Insieme a tutti noi, questo è poco ma sicuro.» Disse l'altro sorridendo.
Law lo guardò con aria sollevata e non rispose.
«Forza forza, abbiamo una bambina affamata nella ciurma.» Lo esortò Shachi.
«Cioè tu?» Ridacchiò Law.
«Come hai fatto a indovinare, capitano?»

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