🫖13. L'ora del tè

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Non si alzò per vedere che ora fosse quando la luce entrò dalla porta della sua cabina. Qualcuno prese in braccio Kikyo, la mise sul letto, le tolse le scarpine e il gilet e le diede la buonanotte, mentre Nina sonnecchiava in dormiveglia.
Non si preoccupò nemmeno la volta successiva né quella dopo ancora e nel giro di un paio di settimane molte pareti del sottomarino erano tempestate di disegni.
Rappresentazioni poco accurate di velieri giganteschi con la polena a forma di balena, Kiki per mano a mamma e papà in proporzioni tutte sbagliate e paesaggi con alberi giganti e case minuscole adornavano le fredde pareti del Polar Tang.
Quando Nina cucinava o lavava la biancheria, la piccola ne approfittava per andare a trovare Bepo o Law e disegnare in silenzio mentre loro studiavano per conto loro. Non era una bambina chiassosa né disordinata, quando aveva finito metteva in ordine e ringraziava il suo compagno di attività, poi correva a imbucare il messaggio in una speciale cassettina sopra un tavolino, che Penguin gli aveva garantito comunicasse con il mare.
Se aveva altre opere al di fuori dei messaggi, chiedeva il permesso per esporle e volava dalla madre per farsele appendere.
La relazione con altre persone le stava facendo bene: si stancava di più, aveva ricominciato col riposino pomeridiano e era meno nervosa e capricciosa, di conseguenza si sentiva più tranquilla anche Nina.
Lai dal canto suo stava sviluppando un bellissimo rapporto con Narvalo che le aveva persino regalato molti dei suoi vestiti smessi.
«A che mi servono? Portiamo la tuta per la maggior parte del tempo.»
Le aveva detto per convincerla ad accettarli un pomeriggio davanti a un tè.
Si erano accomodate nel grande corridoio vicino alla sala macchine dove di solito pranzavano tutti insieme e stavano parlottando da ore e mangiando biscottini al burro.
Bart si era unito a loro dopo che per due volte le aveva rimproverate di stare in mezzo ai piedi, inizialmente solo per accaparrarsi gli indumenti di Narvalo.
«Sai Nina onestamente non so come faremo quando te ne andrai.» Le disse la donna giù di morale.
«Come avete sempre fatto suppongo.» Rispose.
«È che tu mi stai molto simpatica, c'è un altro ambiente da quando sei arrivata.»
«C'è Kiki.» Aggiunse Bart provando a sorridere, ma il risultato fu una smorfia ambigua.
«Ve la caverete.» Commentò Nina sorseggiando la sua bevanda calda.
«Certo, ma non sarà la stessa cosa. I pranzi, i disegni...» Narvalo si interruppe al suono delle risate di Kiki che rimbombavano poco più avanti.
«Questo, capisci?» Concluse.
«Non mi piace quando siamo immersi così a lungo, ma con voi è stato meglio.» Osservò Bart.
«Vi ringrazio ragazzi, magari potete prenderlo come esempio e comportarvi così in futuro, anche se io non ci sarò non vuol dire che non dobbiate divertirvi.»
«Non vuole rimanere.» Disse Bart.
«No, decisamente non vuole.» Gli fece eco Narvalo.
«Chi non vuole rimanere?» Domandò Penguin mentre passava di lì correndo, ma non aspettò risposta, vedendo la piccola Kikyo che gli teneva dietro, si sbrigò a levarsi dai piedi.
Dopo di loro passò anche Shachi.
«Avete visto Kiki?»
«Stava con Penguin, sono passati ora di qui.» Rispose Narvalo.
«Oh allora devo sbrigarmi prima che mi trovino.» E così dicendo si dileguò.
«Ma che gioco sarà?» Si chiese Bart.
«Non ne ho idea.»
«Io nemmeno.»
«Quindi perché non vuoi restare?» La incalzò Narvalo.
«Perché siete pirati e anche troppo famosi.» Spiegò con calma Nina.
«Da che pulpito.» Narvalo si irrigidì.
«Quello che ha detto lei.» La appoggiò Bart.
«Era diverso, nessuno avrebbe mai osato attaccare mio padre, con lui la bimba era al sicuro.» La donna abbassò lo sguardo intristita.
«Tesoro ma prima o poi sarebbe comunque successo, era vecchio.»
«Lo so, ma magari Kikyo sarebbe stata più grande e poi... avevo il mio compagno con me... uff...» Si coprì il volto con una mano e passò il palmo sulla gota.
«Quello che volevo dire è... che non sarebbe dovuta andare così.»
I due interlocutori si guardarono a vicenda, poi il gigantesco uomo si tirò fuori un fazzoletto dalla tasca e glielo porse.
«Grazie.» Disse lei mentre si soffiava il naso con una tovaglia.
«Ma cosa farai quando saremo arrivati?»
«Mi troverò un posto in cui stare e cercherò un lavoro.»
«Un lavoro? Ma sei una ricercata mondiale!»
«Meglio. Non hai idea di quante persone siano ancora fedeli a mio padre se si sa dove cercarle.»
Sorrise amaramente, poi rese a Bart il fazzoletto.
«Capisco, hai dei contatti quindi.»
«Sperando che non siano morti, sì.»
«Chi è morto?» Hakugan sbucò da dentro la sala macchine e li guardò, presumibilmente aspettando una risposta, ma con la maschera non si capiva bene.
«Nessuno per ora, moriremo noi se non torni dentro.» Gli fece notare Narvalo.
«C'è Riccio di mare dentro, io devo andare in bagno urgentemente.»
«Ora sì che siamo in ottime mani.»
«Davvero?» Domandò confuso Bart.
«Certo che no.»
«Ragazzi io devo andare a recuperare la fringuella, è ora del riposino.» Li avvisò Nina.
«Va bene ma pensaci.» La esortò Narvalo.
«Abbiamo un volatile nel sottomarino?» Chiese Bart allarmato.
«Se non vado a svuotare la vescica avremo anche una biscia.» Annunciò Hakugan e sparì con Nina.
La donna girò tutto il Polar Tang, ma Kiki non si trovava nei corridoi, così iniziò a setacciare le stanze dove di solito si rifugiava e la beccò alla prima.

Toc toc

«Avanti.»
Nina si ammusò alla porta.
«Law sono io-»
«Sì è qui.» Parlava a voce più bassa del solito.
«Oh meno male, volevo-»
«Sta già dormendo, vieni entra.»
La sua stanza era enorme in confronto a quelle di tutti gli altri. Dentro aveva una versione in miniatura della biblioteca che stava al terzo livello, un tavolo gigantesco pieno di libri e scartoffie, un bagno e il letto.
Nina non c'era mai entrata e rimase a bocca aperta.
Law era senza cappello seduto in posizione sgraziata su una sedia, con un piede su e uno giù, teneva in mano un lapis e osservava un foglio che pareva un progetto di architettura, con la sola illuminazione di una lampada da scrivania. Di fianco aveva un'altra sedia con sopra tre cuscini.
«Portala di là se vuoi, è venuta prima. Era stanca e non ha nemmeno finito il disegno.»
Non la guardava negli occhi mentre parlava, era troppo concentrato su ciò che aveva di fronte.
«Va bene, scusa.»
«Di cosa?»
«Se è venuta a disturbare.»
Stavolta si girò verso di lei.
«Stai scherzando, non mi disturba affatto, è molto educata. Prende le sue cose e disegna.»
Nina le accarezzò una gota lentigginosa.
«Con te parla?» Gli domandò assorta osservandola estasiata.
«Boh sì, dipende. Perché me lo chiedi?» Era di nuovo tornato sul suo progetto.
«Per sapere. Cosa ti racconta?»
«Non lo so, dei viaggi che avete fatto credo. Non è molto coerente, salta da un argomento all'altro.» Adesso aveva fatto un frego a lapis su qualcosa.
«Poi?»
«Non lo so Nina, dimmi cosa vuoi sapere di preciso e ti dico se me ne ha parlato o no.»
I suoi occhi grigi la individuarono e la scavarono dentro.
«Ce l'ha con me?»
«Non penso, perché dovrebbe?»
Di nuovo quello sguardo.
«Non sto molto bene ultimamente.» Confessò sempre rivolta alla figlia. «La sto sgridando parecchio, forse anche più di quello che dovrei.»
«Non ce l'ha con te.» Asserì lui con sicurezza.
«Prima non lo sapevi e adesso ne sei certo. Non devi dirmi quello che vogl-»
«Guarda i disegni che manda a suo padre e a Barbabianca.»
Così dicendo le girò il disegno non finito e le avvicinò la lampada.
Sul foglio bianco c'era un'immagine inconfondibile di una donna un po' storta con una cascata di ricci scuri che teneva la mano a una ridente bambina stilizzata. Aveva disegnato tantissimi cuori colorati solo sulla parte destra del foglio.
«Di solito mi chiede di scriverci qualcosa tipo "la mamma cucina cose buone" oppure "la mamma e io siamo felici dentro a un missile". Questa poi me la devi spiegare.»
A Nina venne un nodo alla gola e le si inumidirono gli occhi, sentiva come se un grosso macigno avesse preso il volo dal suo petto.
«Oh sì mi ha detto anche questo.»
«Cosa?» Domandò guardandolo mentre una grande lacrima le scendeva sulla guancia.
«Piangi sempre.» Ridacchiò.
«E sta zitto.» Gli diede un buffetto sull'avambraccio sorridendo con gli occhi lucidi.
«Tu non hai idea di che peso mi hai tolto.»
«Mah.» Sbuffò scettico alzando le sopracciglia e girò la lampada di nuovo sul suo foglio.
«Puoi lasciarla qui se vuoi, non mi dà fastidio.» Le disse guardandola di sottecchi mentre prendeva in braccio la figlia.
«Grazie caro, ma dopo deve fare il bagno. Se la lascio qui non la ritrovo più.» Lo avvisò con tono entusiasta. «Te la rimando per finire il disegno, non buttarlo per favore.» Si raccomandò prima di uscire.
Law guardò la porta chiudersi, poi il disegno.
«Caro, mah.» Commentò tra sé e sé.

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