✨27. Le vere stelle

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Le lucette sopra la zanzariera che copriva l'intera città parevano quasi stelle e tutto vedevano, soprattutto il gruppetto che gioiva sottovoce mentre si allontanava dalla piccola birreria.
«È stato fantastico. Sai quanto ci abbiamo messo?» Domandò Narvalo al capitano.
«No, quanto ci abbiamo messo?» Sembrava soddisfatto, ma si atteggiava come fosse ancora contrariato.
«Mezz'ora di orologio e nessuno si è fatto male.» Lo informò fiera la ragazza, mentre stringeva l'amica per una spalla.
«Fantastico.» Commentò lui laconico.
«Mi chiedo perché non ci abbiamo mai pensato prima.» Esternò Narvalo.
«Perché tu non ci entri in quel vestito.» Disse Bepo in tono neutro.
Nel giro di pochi secondi si ritrovò un bernoccolo fumante in mezzo alle orecchie e la donna che lo minacciava con frasi irripetibili.
«Adesso puoi anche rivestirti però.» L'uomo lanciò sprezzante la tuta che aveva raccolto dallo sgabello a Nina senza degnarla di uno sguardo.
«Qualcuno qui si è arrabbiato.» Lo stuzzicò l'altra.
«Pare anche a me.» Denotò l'orso.
Non ricevettero risposta.
Giunsero al Polar Tang scambiandosi solo qualche frase di circostanza, l'aria era tesa.
«Gli passerà vedrai.» Disse Narvalo all'amica mentre salivano la scaletta fino al ponte. «Pensa sempre di avere lui le idee migliori, gli dà fastidio che abbia funzionato.»
Nina alzò le sopracciglia più confusa di prima.
Il sottomarino dormiva già quando calpestarono i suoi condotti freddi e fin troppo illuminati.
Entrarono tutti tranne Nina, che voleva godersi per qualche altro minuto lo sfarfallio delle stelle, quelle vere, poi li seguì.
I suoi passi dentro agli stivali rimbombarono metallici all'interno di quei corridoi, ne sentì altri provenire dalla zona della sua cabina.
«Oh sei qui.» Il capitano sbucò da dietro l'angolo, aveva posato la spada e la lunga giacca e adesso aveva la sua camicia gialla.
«Vieni con me.» Le disse con un tono che non ammetteva contestazioni.
Lo seguì in silenzio, grattandosi una spalla sotto la tuta. Quelle perle iniziavano a darle prurito.
La portò alla sua cabina e la fece entrare.
«Siediti.» Le ordinò.
Come già ricordava di aver fatto, spostò tutti i cuscini di Kikyo e si accomodò.
L'uomo rimase in piedi, facendo ampi giri nella stanza semi-oscura, illuminato solo dalla sua imprescindibile lampada da tavolo.
Gettò il cappello sul letto e si voltò a guardarla.
«Volevi dirmi qualcosa?» Gli domandò lei un po' a disagio.
«Sì! Sì vorrei decisamente dirti qualcosa, ma non so da dove iniziare per non dare di matto!» Gridò. Era furibondo e si notava che si stava trattenendo.
«Posso tornare domani se vuoi-»
«Ecco, lo fai di nuovo! Prendi iniziativa!» Esclamò mentre seguitava a girellare nervosamente.
«Io non-»
«Tu hai ignorato un preciso ordine del tuo capitano! Lo capisci questo, sì?» Aprì gli occhi grigi su di lei per un secondo.
«Ma ha funzionato.» Si difese la donna.
«Non mi importa! Ti avevo detto di non farlo e tu l'hai fatto. Non sei più con tuo padre, lo sai sì?» Aveva il fiatone.
Nina abbassò il capo e si spostò una ciocca di ricci neri dietro l'orecchio.
«Sei arrivata qui perché io ho acconsentito a trasportarti e anziché ringraziarmi mi metti tutto sotto sopra. Adesso dobbiamo mangiare insieme perché l'ha deciso Nina, modificare il piano perché l'ha deciso Nina-»
La donna che ancora aveva la testa piegata sentì delle calde gocce caderle sulle mani.
«- e la mia ciurma ti sta a sentire e ti dà anche ragione. Dovrei espellervi tutti per ammutinamento!»
Prese un profondo sospiro, chiudendo gli occhi grigi. Quando li riaprì Nina singhiozzava ingobbita davanti a lui.
«M-mi dispiace, n-non lo faccio più.»
Non sapeva come, ma era riuscito a spezzarla. Si vergognò come un ladro.
«V-volevo solo aiutare.»
«Nina non fare così...» Il suo tono si era addolcito.
«Prima mi u-urli in faccia, poi t-ti stupisci.» Lo brontolò lei stringendo forte le ginocchia del tutone.
«Io non pensavo-»
«N-non pensava l-lui, pensi sempre a t-tutto e q-questo ti è sf-sfuggito.»
L'uomo finalmente si sedette nella sedia di fronte alla sua.
«Non ho capito chi sta rimproverando chi.» Osservò incrociando le braccia dietro la testa perplesso.
Di fronte a lui un suono magnifico si liberò in aria. Nina, ancora con le lacrime, il naso chiuso e il singhiozzo, aveva cominciato a ridere a crepapelle e sembrava non volersi più fermare.
«Ecco, è impazzita.» Pensò l'uomo, poi la guardò tenersi la pancia dentro a quella tuta per lei gigante, i riccioli scuri che le rimbalzavano qua e là e il suo profumo di mughetto e iniziò a credere che forse il pazzo era lui.
Crebbe dentro di lui un bisogno che tentò di soffocare.
Le prese la mano destra, così morbida e minuta, tra le sue grandi e tatuate e la tirò verso di sé avvicinandosela alle labbra. Le lasciò un bacetto sul dorso con gli occhi chiusi, e mentre la donna smetteva di ridere lui abbassò il capo e se la portò sulla gota.
«Non so come farei senza di te.» Le mormorò senza pensare, poi riaprì gli occhi.
Nina sentì lo stomaco stringersi e il cuore battere più veloce. Arrossì mentre gli sorrideva e gli accarezzava teneramente la guancia ispida.
«Tu sei tutto matto.» Gli sussurrò bonariamente, mentre dentro avvertiva un maremoto che le partiva dall'ombelico e le arrivava al volto. Iniziava a fare caldo, anche se lei non aveva mai caldo.
Law non rispose, le prese la mano che lo stava accarezzando e la baciò di nuovo sul palmo, poi le prese la sinistra e le baciò insieme.
Nina lo osservava sciogliendosi sempre più sotto il tocco delle sue belle labbra che ora si spingevano fino ai polsi.
Si slegò dalla sua presa e gli passò i piccoli palmi sulle gote, spettinandogli le basette nere con le dita.
«È un profumo.»
«C-cosa?»
«Non è un sapone, hai un profumo al mughetto.» Affermò convintamente l'uomo.
«S-sì. Ma che c'entra?»
«Niente, te lo sentivo spesso addosso ero curioso.» Spiegò baciandole di nuovo le mani.
La sua pelle morbida e profumata lo faceva impazzire, non sapeva bene cosa stava facendo ma non gli importava, voleva solo continuare a sentirla a contatto con la sua.
Riaprì gli occhi e la vide con che sguardo lo stava osservando, non poteva reggerlo oltre.
«P-posso andare?» Gli chiese.
Law tornò presto alla realtà.
«Sì scusa, è tardi.» Concordò schiarendosi la voce.
La donna annuì.
Si alzarono insieme, lui le aprì la porta e la congedò dicendole: «Tanto probabilmente ci vedremo in nottata.»
Nina gli sorrise.

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