Capitolo 52 (V). Il lungo ritorno a casa

23 5 6
                                    

«No, figurati papà: è stata una sciocchezza», Anna guardò la sua maglietta schizzata d'olio, «non posso competere con Ilaria né in bellezza, né in cucina: sono un disastro!»

Luigi girò le cinque polpette rimaste, si chinò, alzò la fiamma, «beh, non proprio, dai.»

«E sarò anche la prima dottoressa a essere tradita dalla sorella del marito!»

Gli si appoggiò sulla schiena, «entrerò nel "Guinnes dei Primati". Che consolazione, papà...», tirò su con il naso; lo abbracciò alla vita, «e anche tu, papà, che bel risultato; avere una figlia stupida e innamorata!», cominciò a piangere.

«Perché dici stupida, Anna?», Luigi ne girò alcune.

«Perché invece di aspettarli stasera con la scopa in mano e dargliene tante, ma tante, da mandarli in ortopedia, ecco che mi sono messa a fare le polpette e stasera dirò loro gentile: "sarete stanchi; la cena è pronta"», Anna cominciò a singhiozzare, Luigi tolse la prima dal fuoco, «oh, papà, perché sono così?»

«Forse perché lo ami?», Luigi ne scolò un paio.

«Sì, lo amo ancora, papà; e rivoglio il mio gattino!» Anna lo strinse forte, piangendo.

Luigi aspettò un altro minuto per finire di cuocere, scolò le altre e finalmente spense la fiamma sotto la padella. Posò a lato la paletta, si girò; sua figlia gli fece quel sorriso che aveva quando, da bambina, testarda, faceva qualcosa in un modo che le avevano detto essere sbagliato.

«Dimmi che sono stupida, papà; me lo meriterei...»

Luigi prese un foglio di carta dal rotolo, glielo porse, «no, Anna: sei solo innamorata e credo che non sia un difetto per una moglie.»

Ella si asciugò le lacrime e si soffiò il naso, egli la abbracciò, la tenne stretta per un poco.

«Davvero papà?»

«Davvero Anna...», si girò, poggiò la padella nel lavandino, «solo che...non ti offendere...», indicò le polpette, «non sono male, ma non credo che con queste Marco cambierà idea.»

«No, lo so...»

«Che ne dici, andiamo sotto, c'è più fresco», le diede il braccio, «non ti preoccupare della cucina, ti aiuto dopo a pulire.»

***

Ripartirono. All'inizio avevano cercato di ritornare fratelli, Marco aveva riacceso la radio, avevano canticchiato insieme qualche canzone, ascoltato il giornale radio delle quindici, ma ritornarono a parlare come coppia.

«Cosa facciamo quando torniamo a Genova, Marco mio? Vuoi veramente portarmi da Anna?»

«Certo, Ili. Non sei un cane da lasciare in auto. Tanto Anna ha già capito tutto.»

«Non abbandonarla, Marco mio, mamma ha ragione», gli pose una mano sulla gamba, «dormi con lei stanotte; non cambiare casa se ti accetta ancora.»

«Scusa tanto, Ili...», Marco spense la radio, «perché dormire con Anna?»

«Perché è tua moglie.»

«Ah, solo per salvare il bel matrimonio cattolico!», rise, le strinse la mano sulla sua gamba, «ma mi ci vedi? Mi metto il solito pigiama, quello con la "M" ricamata — tra l'altro da te —, mi corico, le do un bacio in fronte: "perché fai quella faccia, micia?", le chiedo, "ho solo fatto l'amore con mia sorella ieri sera, e nel viaggio di ritorno l'ho baciata..."»

Ella gli strinse di più la mano, egli si voltò e fu il tempo di uno sguardo,

«baciata...»

«Marco mio...»

Dolore e perdono (Parte VIII: I fratelli amanti)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora