Capitolo 54 (II). Prove a carico

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Si alzò, passeggiò un poco avanti e indietro, di fronte a loro, tenendosi il pizzetto, «l'unico punto in cui servirebbe un perché non c'è», sorrise, «bravo Testino, un colpo da maestro», batté poi il pugno sul suo palmo, «il giudice legge il ricorso e chiederebbe in aula, "Lei, signorina», puntò il dito a Ilaria che quasi saltò dalla sedia per lo spavento, «perché non ha sposato il padre?"»

Ilaria stette in silenzio, guardò Marco. 

«Signorina...», l'avvocato alzò la voce, «non si rivolga a suo fratello, non ci sarebbe con noi», appoggiò le mani alla scrivania, si chinò, «solo io e lei di fronte al giudice; lei, dunque, cosa risponderebbe? E io cosa potrei aggiungere per difenderla?»

Ilaria scoppiò a piangere; «mi scusi, avvocato, non pensavo...», Marco le prese la mano e Ilaria gliela strinse forte.

«Penso che abbia capito, ingegnere...» 

«Sì», Marco la ritirò. 

«Persino in un interrogatorio simulato sua sorella non regge», l'avvocato scosse il capo.

«Le ha fatto paura.» 

«Meno di quella che le farebbe un giudice, gliel'assicuro, e lo sa perché?» 

«Perché...», Marco storse la bocca. 

«Perché il vero motivo per il quale non ha sposato il padre può essere usato contro di lei, dico bene, signorina?»

«Io...», Ilaria continuò a piangere. 

«Si calmi, però», l'avvocato le sorrise, «non glielo chiedo adesso.» 

«Però lei...», Marco sospirò, «per entrare in causa lo vuole sapere.» 

«Come minimo, altrimenti sarebbe come giocare a poker a carte scoperte», Famagosta scrocchiò le dita, «sua sorella è libera di suicidarsi, se vuole, ma non con me. Apprezzi la mia onestà, per favore.»

«E se ci accordassimo su una verità parziale?» 

«Del tipo?» 

«Mia sorella non ha sposato il padre perché amava un altro uomo.» 

«Vede, Marco...», l'avvocato sospirò, «mi scusi se la chiamo per nome, si vede, è un ragazzo così ingenuo», si sedette, a fianco aveva una bottiglietta d'acqua, l'aprì, bevve un sorso, «partiamo dalle basi.»

«Non pensavo di disturbare», Marco chinò il capo, guardò l'orologio. 

«Non guardi l'ora, mi segua. Questo tempo non glielo conto a sua sorella, siete così fragili ...» mise la mano in tasca, ne tirò fuori tre caramelle alla menta, una la prese per sé, le altre le offrì ai due che accettarono; «ma noi avvocati, mi rincresce dirlo, sappiamo anche essere cattivi.»

«Grazie.» 

«Di nulla.» 

Per qualche secondo si sentì il rumore di tre caramelle scartate. 

«Vede, Marco...», l'avvocato fece una pallina della carta e la buttò nel posacenere, «sua sorella è libera d'amare chi vuole; ma se ha avuto un figlio dal signor Testino e non lo sposa, pur potendolo fare, la giustificazione "amavo un altro uomo", in tribunale, non funziona.»

«Pensavo che fossimo in uno stato laico.» 

«Lo siamo, ma sua sorella — mi perdoni —», l'avvocato avanzò le mani verso Marco, «ha avuto un comportamento non razionale, o, comunque, immaturo, nella gestione del prima, o del dopo gravidanza.»

«Nel prima intende...» 

«Certo, Marco, quello», l'avvocato sorrise, «per fare un bambino si ha un rapporto sessuale e, vista la giovanissima età della madre, al giudice prima di tutto verrebbe il sospetto che ci sia stata violenza; ma sua sorella lo nega, vero?»

Dolore e perdono (Parte VIII: I fratelli amanti)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora