Marco andò a prendere Ilaria che era ancora con Elena; si era leggermente annuvolato e sua sorella l'aveva fatta uscire dalla piscina, asciugata e vestita, e, in quel momento stava imboccandola con un omogeneizzato di frutta; salutò Elena dicendole che sarebbe tornato presto e Sara la quale rinnovò — per tutti e due — l'invito per il pranzo domenicale; dopo aver salutato anche Franco e gli operai andarono all'auto, ma senza passare da Irene; non se la sentì ancora di farle incontrare.
Arrivarono puntuali allo studio dell'avvocato Famagosta; sebbene Ilaria gli avesse anticipato il suo aspetto, non se lo aspettava così: una specie di Sherlock Holmes moderno, con mezza sigaretta in bocca invece che la pipa, ma vestito quasi uguale, con uno spezzato di tartan, di qualità, ma un po' pesante per quel fine agosto; gli mancava solo la mantellina e il cappello; l'insieme gli diede comunque un'impressione di serietà e onestà.
«Piacere, di conoscerla, ingegnere...», gli diede la mano con una stretta che Marco sentì calda e sincera, «avvocato Famagosta; signorina...», si rivolse a Ilaria facendo un mezzo inchino e mimando un baciamano, «buonasera, piacere di rivederla. Entrate.»
Come prima cosa, una volta seduti, tese il pacchetto di sigarette che teneva in tasca a Marco, «non conosco la sua marca preferita, ma...»
«No, no grazie, avvocato...», Marco lo allontanò con un gesto della mano, accompagnato da un sorriso, «non fumo.»
«Oh, che strano...», Famagosta rimise il pacchetto in tasca, «tutti i miei amici ingegneri fumano...», lo guardò più attentamente.
«Forse non tutti, come vede...», Marco alzò le spalle.
«Meglio...», tamburellò un po' sulla scrivania, scrollò la sua sigaretta mezza consumata nel posacenere, «salute e soldi guadagnati», espirò fumo; si girò con la sedia di profilo, guardò la parete, «neanche da studente fumava?»
«No, neppure.»
«Curioso; io ho cominciato studiando Diritto Privato, i miei amici con Meccanica Razionale o Analisi; mi sembra di capire che sono le "bestie nere" del corso, roba da perderci le notti; cosa ne dice?»
«Può darsi...», Marco aprì le mani, sospirò, «io li ho dati tanto tempo fa, ormai, ma non mi sono sembrati poi così difficili.»
«Signorina...», l'avvocato si girò verso di Ilaria, «suo fratello sembra modesto. . . », sorrise con i suoi denti un po' gialli, «ma vedo un lampo di genio nei suoi occhi.»
«Mio fratello ha preso centodieci e lode», Ilaria sorrise.
«Ah, ecco...», Famagosta scrollò la sigaretta e fece un sorriso ambiguo.
«Ili, che dici!», Marco arrossì.
«Oh, non riprenda sua sorella, ingegnere: si vede che ha un'ammirazione per lei...», l'avvocato si aggiustò gli occhiali, «ma mi sembra molto giovane per essere già laureato.»
«Ho trent'anni per la verità, avvocato...»
«Trent'anni? Ma davvero...», Famagosta fece un ultimo sbuffo dalla sua sigaretta e la schiacciò nel posacenere, «sembrava più giovane di sua sorella...»
«E invece...», Marco scrollò le spalle, «sono già sposato da tre e ho una figlia di due; ma quando dico la mia vera età molti si sorprendono, a volte la nascondo per questo»
«Oh, no...», l'avvocato divenne serio, «qui può e deve dirmi tutto: l'avvocato è un confidente sicuro...», prese poi una cartellina a lato, già abbastanza corposa, «ne avete bisogno.»
«Davvero?», Marco si sedette più rigido.
«Certo...», Famagosta batté con il palmo sulla cartellina, «questo è un caso parecchio delicato...», prese il primo foglio, lo osservò a lungo, si rivolse poi a Ilaria, «signorina, mi scusi...»
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Dolore e perdono (Parte VIII: I fratelli amanti)
General FictionOttava parte del romanzo "Dolore e Perdono" (nove in totale) Una storia di sofferenza e redenzione, una passione ostinata e proibita, tre famiglie coinvolte, trent'anni di storia. Marco e Ilaria, due fratelli divisi da quasi mille chilometri si rinc...