Capitolo 54 (III). Prove a carico

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Tornarono in studio; l'avvocato li aspettava leggendo il quotidiano seduto sul divano, lo posò.

«Allora ingegnere, signorina?», lo posò e si alzò, «vi siete chiariti?» 

«Sì, grazie», Marco si toccò la spalla pensando di avere della forfora caduta, gli sembrò che l'avvocato lo guardasse nel collo.

«Benissimo, accomodiamoci un secondo...», Famagosta andò dietro la sua scrivania, si sedette, accese una sigaretta, «che mi dite allora?», parlò con la sigaretta fra i denti, si avvicinò il faldone di Ilaria.

«Ecco, avvocato...», Marco prese un lungo respiro, «abbiamo pensato che il chi ami mia sorella non venga diffuso, né in aula, né a lei, ma non per sfiducia...»

«Ingegnere, su!», l'avvocato sbuffò fumo, «siamo adulti, no?», fece una piccola risata, seguita da un colpo di tosse, continuò a guardarlo sul collo, «signorina...», si rivolse a Ilaria.

«Mi dica.» 

«Lei è libera di amare chi vuole», l'avvocato espirò una buona boccata. 

«La ringrazio...», Ilaria chinò il capo. 

«Tuttavia come suo legale devo suggerirle, per questi primi tempi, discrezione.»

«Va bene...», Ilaria sospirò. 

«Allora il diciassette farete l'accordo?», intervenne Marco. 

«Teoricamente sì, ingegnere...», l'avvocato si voltò verso di lui, espirò fumo. 

«Perché teoricamente?» 

«Perché questa storia del rinvio mi puzza alquanto...», riprese il fax, «qui dice "motivi familiari", ma è chiaramente una scusa», scrollò la cenere, «e noi avvocati — ingegnere — non facciamo mai nulla senza avere un obiettivo strategico o, almeno, tattico.»

«Pensa che Testino voglia ingannarla?» 

«Penso che voi mi abbiate mentito.» 

«Noi?» 

«Sì ingegnere...», l'avvocato si tolse gli occhiali, continuò a guardarlo sul collo, «o, meglio, che mi stiate omettendo qualcosa», espirò fumo, «è sicuro che la situazione personale della signorina sia identica a due mesi fa?»

«No, è tutto come prima, avvocato...», Marco disse, in un sospiro. 

«Beh, a me non costa nulla crederle, sono pagato, anzi, per credervi...», rise con la sigaretta fra i denti, «ma la faccenda continua a puzzarmi», si rimise gli occhiali, «va bene, forse questa volta il mio fiuto ha veramente sbagliato, chissà», si alzò, «direi che abbiamo finito.»

«Quindi non ci sarà una causa?», Marco si era alzato con lui. 

«Beh, sì e no...», l'avvocato lo guardò e scrollò le spalle, «ci sarà una prima udienza nella quale diremo al giudice che ci siamo già messi d'accordo, il giudice ne prenderà atto e ci sarà un'omologazione da parte anche del Pubblico Ministero, visto che c'è un minore di mezzo», prese un cellulare che era sulla scrivania, premette alcuni tasti e poi lo mise nel taschino, «ma questi sono dettagli tecnici che a voi non serve sapere», fece due passi verso Ilaria, «signorina, che fa? Non si rimetta a piangere!», le tese le mani.

«Per me, avvocato, è tutto difficile!», Ilaria si era alzata, aveva preso un fazzoletto dalla borsa e si stava asciugando il viso.

«Animo!», le diede una pacca sulla spalla, le prese l'altra mano con entrambe le sue, «guardi che la situazione per lei non sarà poi così disperata dopo l'accordo e tutto può sempre cambiare!»

Dolore e perdono (Parte VIII: I fratelli amanti)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora