Capitolo 57 (VI). Conseguenze amare

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La seconda settimana di convivenza dei due fratelli, con in più Emanuele, continuò apparentemente serena; il bambino veniva portato al Centro Estivo da Ilaria ed ella stessa lo prendeva al pomeriggio.

Marco non poteva, sia perché non era autorizzato, sia perché, all'uscita dal lavoro, andava in via Luccoli per dare il cambio a Sara.

Anna tuttavia, in quella settimana, ebbe due turni serali e uno notturno, e decise che Elena fosse portata in villa; ella aveva ormai capito che la convivenza dei fratelli si sarebbe protratta in ottobre e decise di rimandare per qualche settimana le notti di Marco a casa loro. Se lo fece per l'imbarazzo di far dormire il marito nel loro letto dopo il tradimento, o, invece, al contrario, per non rovinare la sua "luna di miele" con Ilaria non è dato saperlo; Anna, su questo, persino dopo vent'anni, è molto riservata e non ce l'ha voluto dire.

Marco, perciò, non la poté vedere mercoledì; la villa era troppo distante da raggiungere con i mezzi pubblici per poi tornare dalla sorella per cena. La sentì al telefono, certamente, ma non fu la stessa cosa.

Era però motivato a non mollare e, se mercoledì lasciò correre, per giovedì e venerdì si organizzò diversamente. Per la sua bravura aveva ormai un orario flessibile; entrando un po' prima e uscendo un po' dopo recuperò due ore in pausa pranzo e poté andare in via Luccoli; mangiò con Elena il pranzo preparato da Ilaria e la mise poi a letto.

Per Elena fu bello ritornare a vedere il papà tutti i giorni; grazie a questo sforzo, infatti, sembrò sempre serena e non patì, almeno apparentemente, il suo stare dalla zia.

In presenza di Elena non si facevano mai discussioni sul loro stato separato; si creò una sinergia positiva: moglie e suocera vedevano che Marco faceva il possibile per non trascurare la figlia — tra andata e ritorno passava un'ora sugli autobus per stare con lei mezz'ora — e, sebbene stesse sbagliando come marito, vedevano che il suo animo di padre accudente e amorevole non era stato scalfito; ciò spingeva loro ad accoglierlo ancora gentilmente in casa e questo spingeva Marco a fare ancora di più per esser presente.

Tuttavia, il fatto che Elena fosse serena non vuol dire che non capisse; talvolta infatti, al pomeriggio, quando, in villa, una delle due nonne gli passava suo padre, gli diceva: «gattino nanna zia Ilaia; mamma pange.»

E Marco, magari in un angolo accanto alla macchina del caffè, con il viso contro il muro, il telefono appoggiato con forza all'orecchio, non sapeva che risponderle se non: «sì cucciola, papà vive con zia Ilaria adesso, per un po', ma poi torna.»

La situazione non era facile neppure per Emanuele: mentre per la cugina c'era da assimilare un papà che dormisse con la zia — ma senza vederlo —, egli dovette assimilare — vedendolo — il fatto dello zio che dormisse con la madre, con la differenza che a sei anni capiva più cose e, per quanto i fratelli stessero attenti, accadde almeno una volta che si svegliasse intorno a mezzanotte e sentisse provenire dalla camera rumori non proprio fraterni.

I cugini avevano dunque compiti diversi; Elena doveva gestire il pianto della madre senza marito mentre Emanuele, per amara ironia, doveva gestirne l'estasi accanto al fratello.

Elena, più piccola, lo gestiva isolandosi con le sue bambole, facendo lunghi discorsi che solo lei capiva.

Emanuele fece come tutti gli altri bambini di quell'età: si protesse dall'anomalia rimuovendola e vedendo solo il lato positivo: avere una mamma felice e uno zio divertente con cui giocare. Egli aveva tuttavia capito, dalla reazione del papà, che la presenza dello zio non passava inosservata, e, con la tipica innocenza di un bambino, così come aveva detto a casa di Andrea ciò che accadeva a casa della mamma, accadde anche il contrario e, una sera, a tavola, egli le disse:

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⏰ Ultimo aggiornamento: 3 days ago ⏰

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Dolore e perdono (Parte VIII: I fratelli amanti)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora