In poco meno di due ore avevano percorso altri cento chilometri e alle sei e mezza avevano passato il nodo di Firenze con qualche coda; ormai il brutto tempo era ben visibile come un'ombra scura verso ovest.
«Già vederlo una volta a settimana non è poi pochissimo...», le aveva detto Marco; la convivenza sembrava già decisa; ragionavano su come gestire i figli; «sarà dura all'inizio, ma poi cresce; non so proprio come fare, Ili, forse posso parlare con il tuo avvocato...»
«Ho paura che non si possa far nulla, Marco mio, ma se vuoi ci andiamo insieme; tu ne capisci di più...», gli aveva preso la mano, l'aveva stretta al seno, «ora non ci voglio pensare però, è un giorno felice per me, anche se non ho Emanuele, ho te, anche se non dovrei...»
«No, te lo dovevo Ili...», avevano cominciato a cadere le prime gocce e Marco aveva azionato i tergicristalli, la luce era molto calata.
«Ma Elena?»
«Oh, Elena...», aveva sospirato, «farò il possibile per vederla, anche tutti i giorni, sono sicuro che Anna sarà comprensiva, poi...», aveva storto la bocca, «quando saranno grandi ci spiegheremo, vedrai che ci...», aveva tolto la mano dal seno di Ilaria e dato un pugno sul volante, «Dio!»
«Marco mio!»
«Sono diventato come mio padre...», aveva sbuffato, «Dio, Dio...»
«Marco mio, no...»
«"Quand'è grande capirà"», aveva scosso il capo, «dico le sue stesse cose!»
Ilaria gli carezzava la nuca, «Marco mio...», e in quel momento aveva squillato il telefono; era Anna.
«Ciao micia...»
«Ciao gattino, dove siete?»
«Abbiamo passato Firenze, c'era coda.»
«Stai bene, però?»
«Un po' stanco, adesso si viaggerebbe anche bene, ma c'è un temporale, davanti a me vedo nero e qualche fulmine, fa quasi freddo, qui segna diciannove gradi.»
Ilaria dalla sua borsa sul sedile posteriore aveva preso uno scialle e se l'era messo.
«Verrai gattino a casa? Verrete...»
«Eh...verremo, micia, sì, scusami», Ilaria gli fece un cenno preoccupato; Marco le fece l'occhiolino, «ci sarà anche Ilaria...», sospirò, si sentì più forte la pioggia sul tettuccio, aumentò la velocità dei tergicristalli.
«Capisco, gattino, va bene...vi devo far trovare cena?»
«No, figurati...», Marco sorrise, «sai com'è fatta zia Maria...ci ha riempito la macchina, abbiamo da mangiare per una settimana», si sentì un bip, «ora però, micia, il cellulare sta morendo e non ho portato il caricabatteria da auto...»
«Va bene, gattino, volevo solo dirti che Elena però non ci sarà, mia mamma l'ha portata in villa.»
«Sì, l'ho saputo da mia madre, ha chiamato un paio d'ore fa...», Marco prese la mano alla sorella, gliela strinse.
«Mi dispiace che non la vedrai, ma pensavo fosse meglio per lei non vederci. . . la prima sera...»
«Sì, hai fatto bene, tanto l'avrei vista addormentata; con questo tempo non arriveremo prima delle nove», sentirono dei colpi sul tetto, «anzi, micia, comincia a grandinare, mi sa che ti devo salutare...»
«Non andare di fretta gattino, quel che ci metti ci metti...», rimase in silenzio e poi disse: «ti aspetto, ti amo, gattino.»
«Ti amo anch'io, micia, a dopo.»
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Dolore e perdono (Parte VIII: I fratelli amanti)
General FictionOttava parte del romanzo "Dolore e Perdono" (nove in totale) Una storia di sofferenza e redenzione, una passione ostinata e proibita, tre famiglie coinvolte, trent'anni di storia. Marco e Ilaria, due fratelli divisi da quasi mille chilometri si rinc...