Capitolo 56 (I). Il raccolto

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Il giorno dopo, lunedì primo settembre 2003, alle sei e mezza del mattino Marco e Ilaria, come una normale coppia, facevano colazione per andare al lavoro.

La tristezza del ritorno dalle ferie era stemperata dall'illusione di essere ritornati ai primi tempi della loro convivenza, quando, ancora solo fratelli, Ilaria si alzava alle cinque per preparare colazione e pranzo a un Marco universitario; egli, alzatosi con calma un'ora dopo, così come allora, ma nello stesso letto della sorella, aveva tentato di protestare, ma poi aveva ceduto annusando e pregustando ciò che vedeva mettere nel contenitore.

Uscirono tenendosi per mano e poi si divisero per prendere due autobus diversi; Marco verso la periferia ovest, Ilaria verso il centro città; si baciarono allegri, come due sposini, freschi di riso e confetti.

Per Ilaria timbrare il cartellino fu una gioia: fino a una settimana prima pensava di non vedere mai più la sartoria; ma in realtà le piaceva; era una seconda casa con le sue amiche, più che colleghe; cucire era la sua passione.

Nunziata le venne incontro abbracciandola: «Ilaria, mi hai fatto preoccupare! Che è successo?»

Ilaria cercò di sorriderle: «Nunziata, lo sai, te l'avevo detto: il papà di Emanuele mi vuole fare causa; ero depressa, non volevo più salire, scusami se ti ho fatto preoccupare.»

«Figurati Ilaria», la guardò con occhi lucidi, «io però ho chiamato tuo fratello, ero troppo in pensiero.»

«Sì, tranquilla Nunziata», Ilaria le sorrise, «è stato lui a farmi cambiare idea, mi è venuto a prendere!»

«Hai un fratello d'oro, veramente.» 

Ma Ilaria non commentò. 

I due amanti non avevano ancora discusso di un loro progetto di vita, per il momento pensavano implicitamente di fingere, come da ragazzi, anche se non si accorgevano che continuavano a lasciare tracce evidenti del loro amore.

Non avrebbero voluto abitare a lungo in quel quartiere dove erano conosciuti, ma il quando e il dove traslocare rimaneva incerto anche perché Ilaria continuava a rassicurare che si sarebbe adeguata presto al nuovo regime con il figlio e che il trasloco, in realtà, l'avrebbe fatto solo Marco ritornando da Anna.

Quest'ultima, comunque, nell'attesa del ritorno, come già detto al marito, volle per la figlia — per quanto possibile — mantenere gli stessi ritmi e abitudini. Per quella prima settimana prima di tutto chiese di non fare notti per cominciare dal facile; fu di turno tutti i pomeriggi: andava in ospedale in tarda mattinata e tornava per le otto di sera.

Durante il giorno Elena era guardata da Sara e Marco le dava il cambio all'uscita dall'ufficio; stava con la figlia fino al ritorno di Anna; non solo, ma cucinava per tutte e due; alle sette dava cena alla bimba, come sempre, e Anna, quando tornava, la trovava già lavata, contenta, con il pigiama indosso, una cena calda e un marito che l'aspettava.

Il "per sempre" di Luigi gli era servito di lezione; non come sterile senso di colpa che lo avrebbe solo congelato in un autocommiserarsi, ma dandogli la convinzione che, passato quel periodo, tutto si potesse ancora recuperare tra i coniugi; si sentiva diviso, amava Ilaria, ma si sentiva anche profondamente marito di Anna la quale se ne accorgeva; anche se trovava solo un piatto ad attenderla era comunque riconoscente sia per la sua costanza nello stare con la bimba, sia per il pensiero verso di lei.

Per questo motivo non gli fece mai scenate, entrava sorridente e lo salutava dicendogli: «gattino, vai che è tardi, grazie di quel che continui a fare; a domani, salutami Ilaria.»

E, ugualmente, Ilaria non si lamentò mai del suo ritardo a cena; lo abbracciava all'entrata dicendogli: «Marco mio, tutto bene? Come stanno? Me le saluti sempre?»

Dolore e perdono (Parte VIII: I fratelli amanti)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora