Mercoledì andai al mio primo allenamento.
"Che ne pensi?" chiesi a Brianne, facendo una piroetta su me stessa.
"Ti sta divinamente." Commentò. "Dico sul serio!"
Non potevo crederci a casa, quando mi ero guardata allo specchio con quell'uniforme indosso. La gonna nera, a pieghe, scendeva sui miei fianchi perfettamente; il top, che lasciava una porzione di pancia scoperta, aderiva al mio busto. Ad ogni movimento che compievo la gonna volteggiava.
Le ragazze della squadra furono molto gentili nei miei confronti. Mi aiutarono ad integrarmi, spiegandomi con pazienza qualsiasi cosa, dalle più banali alle più complesse.
Imboccai la strada verso casa al settimo cielo. Non vedevo l'ora di correre da mia madre e raccontarle tutto.
Mi fermai ad un isolato di distanza quando delle urla attirarono la mia attenzione. Sfilai gli auricolari, lasciandoli cadere dentro alla mia borsa distrattamente.
"Erano qui!" strillò una donna, su tutte le furie. "Lo so che sei stato tu a farmele sparire!"
"Se fossi sobria ogni tanto ti ricorderesti dove metti le tue stesse cose!" rispose, a tono, una voce maschile e familiare.
Rimasi immobile, incapace di spostarmi di lì.
"Non permetterti!" strillò la donna. "Sono tua madre!"
"Appunto! Dovresti comportarti come tale!"
"Tu non hai idea dei sacrifici che ho fatto per te!"
L'altra persona rise. Un brivido mi attraversò tutto il corpo. "Elencamene qualcuno! Avanti mamma, voglio che ti ricordi quando è stata l'ultima volta che hai fatto qualcosa per me!"
Sentii un colpo, ne susseguirono poi altri.
"Vattene! Non voglio vederti!" sbraitò lei.
"Avevo già intenzione di farlo!"
Una porta sbatté. Da essa uscì Tyler Smith. A passo svelto percorse i gradini che portavano alla veranda di casa sua, avviandosi alla sua auto parcheggiata dall'altra parte del marciapiede.
Spalancai gli occhi alla vista dello zigomo che sanguinava. La consapevolezza di ciò che era successo lì dentro mi raggelò.
Tyler attraversò la strada. Solo allora si accorse di me. Inizialmente pensai di scostarmi o andarmene. Tuttavia, era troppo tardi. Ormai mi aveva vista.
"Che ci fai tu qui?!"
"Stavo... tornando a casa." dissi con un filo di voce.
"Beh, muoviti allora invece di stare lì impalata." Sbottò.
Nonostante mi stesse trattando male, come sempre del resto, mi sentii inevitabilmente male per ciò che stava passando e per ciò che avevo sentito, per ciò che stavo vedendo: il suo viso ferito, i suoi occhi chiari lucidi.
Quando si rese conto che lo stavo guardando di passò il dorso della mano sullo zigomo, pulendosi. Distolse lo sguardo dal mio. Senza dire un'altra parola salì in auto, l'accese e sfrecciò via.
Non riuscii a non pensarci.
Per quanto lo odiassi la maggior parte del tempo non pensavo che si meritasse un trattamento simile da parte di sua madre, la persona che più di tutte gli sarebbe dovuta stare accanto.
Il giorno successivo, a scuola, lo ritrovai davanti al mio armadietto. Le mani infilate nelle tasche dei pantaloni dell'uniforme, la postura rigida, le labbra piegate in un broncio.
"Devi dimenticarti di quello che hai visto e sentito ieri." Disse, perentorio.
"Cosa?!"
"Non devi dirlo a nessuno, mi hai capito?"

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Dal primo istante
RomanceIn questa storia sono presenti scene esplicite, consiglio la lettura ad un pubblico maturo e consapevole Tra Beverley e Tyler non scorre buon sangue. Ma non è sempre stato così, almeno per lei. È cominciato tutto quando l'ha rifiutata senza scrupol...