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Avevo perso il bus. Per cui, stanca dall'allenamento e da quella giornata che mi aveva messa a dura prova, mi trascinai verso casa.

Ma di prassi, quando imboccavo un vortice di negatività, una serie di spiacevoli avvenimenti mi risucchiavano irreversibilmente.

Inciampai su un rialzamento del marciapiede, che per la sbadataggine non avevo visto, e caddi rovinosamente per terra. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: scoppiai a piangere, lasciando che le mie emozioni sfociassero fuori dai miei occhi. Non piansi per il dolore fisico, per quanto il mio ginocchio stesse sanguinando era il motivo meno persistente; piansi per il peso che il mio cuore stava portando sulle spalle, sperando di alleggerirlo un minimo.

"Principessina?" la voce sorpresa di Tyler mi riscosse dalla dimensione in cui ero precipitata. "Cosa ci fai per terra?"

Mi asciugai gli occhi con i dorsi delle mani, affinché potessi mettere a fuoco la sua figura. Si era sostato con la sua auto a bordo strada, poco distante dalla fermata del bus. Mi stava guardando da dietro al finestrino, abbassato.

Solo allora mi accorsi di essere ancora seduta sul pavimento, la mia borsa abbandonata accanto a me.

Tirai su con il naso. "Io... emh..." balbettai.

"Avanti, sali." disse.

"Forse è meglio di no..." mormorai, stringendomi una gamba.

"Meglio per chi? Per te, non di certo. Dubito riuscirai a camminare al momento in quelle condizioni. Sbrigati, non posso rimanere qui a lungo."

Non avevo le forze di ribattere o oppormi, perciò mi sollevai da terra. Tuttavia, il ginocchio non resse il peso del mio corpo, indolenzito a causa della botta.

Non l'avevo neanche sentito scendere dall'auto quando me lo ritrovai davanti. Mi sorresse, aiutandomi a rimettermi in piedi. Mi tenni ad un suo braccio.

"Che ti avevo detto? Il tuo corpo è debole, non hai neanche mangiato." disse, accompagnandomi verso il sedile del passeggero, su cui mi accasciai.

"Ero più concentrata a discutere con Wesley." borbottai, allacciandomi la cintura di sicurezza.

Tyler girò la chiave e mise in moto, imboccando di nuovo la strada di ritorno.

Indicò il cassettino davanti a me. "Dovresti trovare dei fazzoletti lì dentro."

Silenziosa lo aprii. Ne presi un pacchetto, ne sfilai uno e mi asciugai il viso. Me lo tamponai in continuazione, soffocando lacrime solitarie che fuggivano.

"Fa così male? Devo portarti al pronto soccorso?" domandò, dando un'occhiata furtiva alla mia gamba.

Scossi la testa, incapace di parlare in quel momento.

"Puoi... puoi fermarti a casa tua?" gli chiesi, quando fummo quasi arrivati. "Non voglio che mia madre mi veda così."

"Pensi troppo agli altri principessina." affermò. "Non volevi salire in macchina perché qualcuno avrebbe potuto dire qualcosa probabilmente. Vuoi farti una camminata con quel ginocchio a pezzi perche tua madre si preoccuperà? E la lista proseguirebbe. Ti trattieni troppo senza pensare mai a cosa vorresti tu."

Quella sua riflessione mi stupì.

Probabilmente, in un altro momento, avrei preso quella verità in modo razionale. Tuttavia, la mia instabilità emotiva prese il sopravvento e piansi ancora.

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