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"Che ci fai qui?" gli domandai, sorpresa di vederlo lì, a casa mia. Aprii il cancello, lasciando che entrasse, chiudendolo alle sue spalle.

"È stato il primo posto che mi è venuto in mente." disse, con le mani ancora dentro alle tasche dei pantaloni scuri della tuta.

"È successo qualcosa?"

Impiegò qualche secondo a rispondere. "Le solite cose."

Ebbi l'impressione che stesse omettendo qualcosa di importante ma venni distratta da una sagoma che si spostò dietro al muro che delimitava casa mia. Abbassai le sopracciglia, cercando di scorgerla oltre la penombra.

"Cosa stai guardando?" domandò Tyler, girandosi nella direzione in cui i miei occhi erano puntati.

"Sei venuto da solo?" gli chiesi, afferrando la maniglia della porta con più forza.

"Si, perché?"

"Mi è sembrato... non importa, entriamo." feci, scuotendo la testa.

"Principessina." richiamò la mia attenzione. "Dimmi che ti prende."

Lasciai andare un lungo sospiro. "Mi è sembrato di aver visto qualcuno lì dietro." mormorai. "Sono solo paranoie."

"Non mi pare di aver visto qualcuno."

Chiusi la porta, dando un'ultima occhiata in quel punto. Una strana sensazione mi attanagliò il petto, per cui chiusi senza far scorrere ulteriore tempo, rigirando la chiave.

"Sei sola?" chiese, notando probabilmente il silenzio che regnava in casa.

"Si, i miei genitori sono fuori oggi." tornai a sedermi sul divano, abbracciando un cuccino del divano. "Allora, cosa è successo questa volta?"

"Te l'ho detto, le solite cose." bofonchiò.

Alzai un indice, muovendolo da destra a sinistra. "Se vuoi il mio divano, mi dai le mie rispose. Queste sono le condizioni."

Tyler inarcò un sopracciglio. "Adesso scendiamo a patti?"

Sfoggiai un sorrisetto compiaciuto.

"Sai che c'è? Penso che tornerò indietro. Si, è stata proprio una pessima idea venire qua." fece, riavviandosi verso l'ingresso.

"Puoi, per una volta, smetterla di essere così orgoglioso?"

Imbronciato, si sedette anche lui sul divano, a un metro circa di distanza da me. Incrociò le braccia sul petto.

"Mio fratello non c'è oggi, che è l'unico che riesce a far riacquisire un briciolo di ragione e calma a mia madre. Per cui, siccome stava ricominciando con la sua solita filastrocca che ormai conosci a memoria persino tu, me ne sono andato." confidò.

"Mi dispiace per ciò che ti sta facendo passare." Dissi.

"Oh, ti prego... non trattarmi con compassione. Te l'ho detto perché hai voluto tu, ci sono abituato ormai."

Piegai la testa. "È questo ciò di cui cerchi di convincerti? Che tu sia abituato al trattamento che tua madre continua a riservarti?"

Tyler corrugò la fronte.

"Come ci si può abituare a qualcosa del genere?"

Tyler strinse le labbra.

"Tu fingi di esserlo." Constatai. "E non sto cercando di entrarti nella testa, so che me lo dirai. L'ho capito. È buffo, perché mi sono resa conto di aver imparato a riconoscere le tue espressioni. So che espressione fai quando sei arrabbiato, quando sei annoiato e quando sei triste. E l'ultima volta, avevi uno sguardo veramente tanto triste nonostante tu ci abbia impiegato pochissimo tempo a reprimere ogni tuo sentimento."

Dal primo istanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora