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Tyler non venne a scuola per i due giorni successivi. Riapparve soltanto venerdì, sul bus scolastico che ci avrebbe portati nella scuola dove si sarebbe svolta la partita di quella settimana.

Si sedette in fondo, accanto al finestrino. Nonostante ci fosse Adam seduto nel sedile a fianco si infilò gli auricolari, estraniandosi dal mondo.

Vicino a me si mise Wesley. Parlammo e scherzammo per tutto il viaggio. I ragazzi erano piuttosto carichi, determinati a portare a casa un'altra vittoria. Tyler era bravo a fingere: quando scesero dal bus assunse un altro comportamento, porgendosi amichevole con i suoi compagni ed energico.

Mi parve quasi che prese la partita come mezzo per sfogarsi, scaricando in quel modo le sue emozioni. Quando vincemmo, si abbandonò sul suolo, di erba sintetica, stendendosi.

"E ora si va dritti a festeggiare!" gridò Adam con euforia.

Tutti insieme ci spostammo in un locale. I ragazzi brindarono alla quadra, esultando e cantando in coro. La musica, in sottofondo, accompagnava quel bel momento.

In disparte, su un divanetto, se ne stava seduto Tyler. Teneva la testa appoggiata sullo schienale, una sigaretta tra le dita che fumava lentamente mentre osservava i suoi amici divertirsi.

Bevvi un sorso del mio drink. Senza rendermene conto le mie gambe mi stavano già portando nella sua direzione.

"Perché non sei con i tuoi amici?" gli chiesi, quando fui abbastanza vicina affinché mi sentisse.

Sputò fuori il fumo, verso l'alto. Lo guardai dissolversi nell'ambiente. Poi sollevò il capo, puntandomi i suoi occhi d'argento addosso.

"Dove dovresti essere anche tu invece di importunarmi." disse.

Alzai gli occhi al cielo.

"Fai sempre così? Eviti le domande più scomode?"

"Se non mi va di rispondere si." fece, scrollando le spalle.

"Non sei venuto a scuola in questi giorni." osservai.

"Che c'è, principessina? Ti sono mancato?" domandò sfoggiando un sorrisetto prepotente.

Scossi la testa. "Ti piacerebbe." ribattei. "Per mancarmi una persona deve anche esserci, nella mia vita, no?" riflettei. "In ogni caso, non ho potuto fare a meno di notarlo... dopo quel che è successo."

Tyler sospirò profondamente.

"Ti ho già detto-"

Lo interruppi. "Di dimenticarmene." Finii la sua frase. "E io ti ho già detto che non posso farlo. Ormai ci sono dentro."

"Davvero? Devo ricordarti come tremavi e piangevi? Dovresti darmi ascolto."

"Appunto! Non sono riuscita a dormire quella notte perché non riuscivo a togliermi quella merda dalla testa!"

"Non fanno per te queste cose."

"Per te invece si?!" sbottai. "Non sono la principessina che tu credi che io sia, so cosa vuol dire cambiare a causa del dolore, ci convivo ogni giorno! Puoi dimostrarti il più duro, inscalfibile, ma sotto questa facciata che ti sei costruito sei fragile persino tu."

Tyler si raddrizzò. Lentamente si sollevò. Vidi il suo sguardo cambiare, diventare tanto scuro da inquietarmi. Mi afferrò il mento tra le dita. "Cosa ne sai tu del dolore? Eh? Essere tradita dal tuo fidanzatino o litigare con la tua amichetta sono solo l'un percento di cosa ti aspetta veramente." Sibilò a denti stretti.

"Tu non sai niente di me." Ribattei, colpendogli il petto con entrambe le mani. La rabbia scorreva nelle mie vene, facendomi palpitare il cuore più rapidamente. "Pensi di essere l'unico ad avere problemi, vero? Guardi gli altri con quel tuo fare altezzoso, come se non fossero all'altezza, come se fossi il fottuto gladiatore al Colosseo. Ti faccio uno spoiler Tyler: non è così. I miei veri genitori mi hanno abbandonata per strada. Per nove anni ho vissuto in una casa-famiglia. A nove anni un bambino non dovrebbe scoprire cosa è la solitudine, eppure, mi sentivo più sola che mai. E sai cosa ho pensato quando sono stata tradita ancora dalle persone a cui volevo bene? Perché non c'è mai nessuno che abbia paura di perdermi? Che pensa che valga la pena? Non ne hai idea di cosa passi nella mia testa ogni giorno." quando conclusi quel discorso avevo la bocca ormai asciutta.

Dal primo istanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora