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Wesley era passato a casa mia, come tante altre mattine, per fare la strada verso scuola insieme. Tuttavia, rimanemmo in silenzio per tutto il tragitto. O almeno, lui tentò di aprire una conversazione che io prontamente chiusi.
Non ero dell'umore giusto per parlare.

All'ennesimo sbuffo che lasciò la mia bocca, quando in classe mi cadde il libro dal banco, Wesley cambiò tattica.

"Mi dispiace, okay?" esordì.

Alzai il mio sguardo stanco su di lui. Quella notte non avevo dormito bene, avevo trascorso parecchie ore in bianco. Ogni volta che chiudevo gli occhi rivedevo certe scene e terrorizzata spalancavo gli occhi e accendevo la luce, assicurandomi che fosse solo frutto della mia mente.

"Ero arrabbiato per quella frase che hai detto e volevo starmene un po' per conto mio e..."

"Ho detto quella frase perché ero in imbarazzo, Wesley. Avresti dovuto capirlo." dissi con un tono di voce fermo.

"Lo so, ora l'ho capito..."

"Avevo bisogno di te!" Ammisi. "Invece hai preferito fare una scenata a Tyler, che tra l'altro ho trovato alquanto fuori luogo."

"Mi dispiace, Ley." ripetè. "Sarei dovuto rimanerti accanto e rassicurarti, mi pento di come ho reagito. Ho perso la testa, avevo bevuto... ero preoccupato e... non ho ragionato."

Annuii.

"Puoi perdonarmi?"

"Ti posso perdonare Wesley, non è questo il punto." mormorai, spostandomi i capelli indietro. "Era la mia festa di compleanno. Non ne avevo mai avuto una... volevo solo che andasse bene."

Wesley sbatté le palpebre. "Non hai mai avuto una festa di compleanno?"

Scossi la testa. "Se non contiamo quelle che davo da bambina..."

"Ora si che mi sento uno sciocco." commentò.

Scrollai le spalle.

"Rimedierò, Ley. Te lo giuro." disse, stringendomi una mano. Mi abbandonai contro allo schienale della sedia, lasciando andare un lungo sospiro.

Non fu facile seguire le lezioni. Dopo i primi dieci minuti in cui la professoressa di matematica cominciò a spiegare il nuovo argomento, mi persi. Strappai il foglio di quaderno e lo accartocciai, presa dal nervosismo.

Gettai tutto dentro al mio armadietto, esausta. Lo chiusi con forza.

"Oggi chi sei? La principessina violenta?"

Mi voltai lentamente. "Mi sono svegliata veramente di cattivo umore." lo avvisai.

"Grazie per l'informazione, sarà molto più divertente vederti uscire fuori di testa allora."

Incrociai le braccia. "Perché non vai a cercare un'altra vittima? Sono sicura che non sarebbero così dispiaciute di subire le tue prese in giro."

"Appunto. Non c'è gusto così. Tu invece ti innervosisci." obbiettò.

Alzai gli occhi al cielo. Quella mia reazione lo fece sghignazzare.

Con la coda dell'occhio vidi Ryan imboccare il corridoio. Ogni qualvolta c'era lui nei paraggi mi irrigidivo. Innescava in me tante emozioni negative che mi provocavano una stretta allo stomaco.

Ovviamente, non passammo a lui inosservati. Rallentò, puntandomi quel suo sguardo giudicante addosso.

"Ho sentito dire che ieri c'è stata la tua festa di compleanno." disse, fermandosi a pochi passi da noi.

"Complimenti, hai sentito bene." feci, rivolgendogli un'occhiata di ghiaccio.

"Non hai avuto neanche la decenza di rispondere ai messaggi dove ti facevo gli auguri, un tempo eri più umile." commentò. "Ma a quanto pare la ruota ha girato, non è andata poi così bene la tua tanto attesa festa, eh?"

Dal primo istanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora