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Aveva detto che gli importava di me.

Avrei voluto credergli, eppure, una parte di me temeva che potesse trattarsi di una trappola e se così fosse stato, non mi sarei più ripresa.

Era trascorso un weekend dalla festa di Charlotte. Avrei dovuto approfittarne per risollevarmi di morale, in quei due giorni che avevo per me. Invece, li passai a perdermi nei miei pensieri e piagnucolare ogni sera.

Sapevo che non avrei potuto evitare Tyler per il resto della mia vita, che prima o poi avrei dovuto parlargli. Eppure, quando lo vidi, dall'altra parte del corridoio, mi assalì il nervosismo. Sarei voluta tornare indietro e andare a casa.

Charlotte, che era arrivata da un corridoio secondario, ci guardò. Con uno sguardo di sfida aumentò il passo, raggiungendolo.

Come lui la vide, sospirò, riprendendo a camminare.

"Dove scappi?" lo tapinò. Lo afferrò per una mano, trattenendolo. Si voltò, liberandosi bruscamente della sua presa.

"Perché fingi?" le chiese.

Charlotte corrugò la fronte. "È stata una giornataccia, ci siamo detti cose che non avremo dovuto dirci ma è passato ormai. Perché non ci mettiamo una pietra sopra?"

"E poi? Dopo che ci mettiamo una pietra sopra, cosa succede?"

Lei apparve confusa da quella domanda. "Torniamo quelli di sempre." scrollò le spalle.

"A te non interessa di me." sostenne Tyler, sconvolgendo persino me.

Charlotte balbettò. "Ma che stai dicendo?" chiese, con voce stridula.

"Non mi hai mai chiesto come stessi, non ti sei mai interessata alla mia vita. Per te sono sempre stato un oggetto, un giocattolo, come hai scritto in quei biglietti. Qualcuno da sfoggiare nei corridoi di scuola, con cui sfogarti a letto, e gettare via una volta soddisfatta."

Sentirgli dire quelle frasi mi provocò un dolore allo stomaco.

"Tu non hai mai voluto! Non hai mai lasciato avvicinare nessuno a te!"

"Non ci hai mai neanche provato! Non ti sei mai minimamente sforzata!"

"Non sembrava che ti dispiacesse, tempo fa." obiettò Charlotte.

"Sono cambiate tante cose. È stato prima che aprissi gli occhi, su di te e su tante cose. Ora ho capito."

"Cosa avresti capito?"

"Cosa è meglio per me, cosa mi merito e cosa invece devo lasciar perdere, perché non mi arricchiranno in alcun modo ne mi porteranno a niente di buono."

Charlotte ridacchiò. "E questa dove l'hai letta? Nei biscotti della fortuna?" lo prese in giro.

Mi innervosii così tanto che conficcai le unghie contro i palmi.

Tyler indietreggiò di qualche passo. "Non ci arrivi, vero?"

Lei inarcò un sopracciglio. "Ti stavi riferendo a me? Davvero?"

"Addio, Charlotte."

"Non puoi fare sul serio, Tyler! Aspetta!" lo seguì.

"Non posso."

Lei rimase immobile, in mezzo al corridoio, con le braccia stese lungo i fianchi e le sopracciglia strette.

Tyler mi sorpassò e uscì nel cortile. Si sedette su un gradino, fumando lentamente una sigaretta. Teneva lo sguardo fisso davanti a sé, apparentemente impassibile. Sapevo che, nonostante esternamente potesse apparire come inscalfibile, dentro di sé era piuttosto fragile.

Dal primo istanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora