75-Liam

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L'allenamento di oggi mi ha distrutto. Non vedo l'ora di ritornare a casa, sdraiarmi sul divano e non fare niente di niente.
Parcheggio fuori al vialetto di casa mia e noto subito da lontano una sagoma dai capelli biondi. Rebecca è seduta sui gradini del mio portico, alzo un mano per salutarla e lei solleva appena la testa per guardarmi.
<<Che ci fai qui?>>
<<Scusa, forse ho sbagliato a venire>> si alza di scatto e prova a superarmi, ma le afferro l'avambraccio per fermarla.
<<Cosa è successo, Reb?>>
Le domando, ma non mi risponde e china verso il basso il viso rigato dalle lacrime.
<<Me lo dirai quando sarai pronta
>> Aggiungo, la stringo tra le mie braccia e vengo subito inebriato dal profumo di pesca che emana.
<<Liam, posso dormire qui?>>
<<Ehm...>> Mi strofino una mano dietro alla nuca.
<<Se è un problema...>> Mi guarda imbarazzata.
<<Non è un problema, solo non me lo aspettavo.>>
Apro la porta e con un segno del capo la invito ad entrare in casa.
<<Che casa accogliente>> si guarda intorno sorridendo.
<<Una volta lo era di più>> le dico posando le chiavi nel cestino di paglia.
Mia mamma ogni settimana comprava un mazzo di fiori freschi perché diceva che davano colore alla casa, ma la verità è che lei dava colore alla casa con il suo sorriso e la sua allegria.
<<Il mondo è ingiusto, ci sono genitori che non comprendono il dono dei figli e non usano il tempo che hanno a disposizione per trascorrerlo con loro, mentre tua mamma è costretta a stare in un letto di ospedale>> parla in tono arrabbiato.
<<Hai litigato con i tuoi?>>
Le sue parole mi sorprendono.
<<Con mia mamma>> risponde senza guardami negli occhi.
<<Lo sa che non torni a casa?>>
<<Ho rubato la macchina a Thomas, mentre era distratto a parlare con Nate, non ho detto niente a nessuno.>>
<<Non so se consigliarti di dirglielo e ritrovarmi Thomas con il fucile qui fuori oppure no...>> Dico cercando di smorzare l'aria tesa facendola ridere di gusto.
<<Tuo padre non c'è?>>
<<Non torna, è in viaggio per lavoro questa settimana.>>
<<Anche il mio è sempre fuori, lui è un agente federale.>>
Per poco non soffoco con la mia stessa saliva appena lo dice.
<<Un federale?>>
<<Sì, perché ti agiti?>> Mi domanda sbattendo gli occhi.
<<Ti ricordo cosa faccio per Tony...>>
<<Ah giusto... ma perché lo fai?>>
<<Da quando mia mamma si è ammalata, mio padre non riesce a coprire tutte le spese, quindi...>> Le spiego guardandola negli occhi e cambia repentinamente espressione.
<<Mi dispiace, non volevo giudicarti>> mi dice avvolgendo la mia mano tra le sue.
<<Cosa è successo quella sera?>> Le chiedo a bruciapelo, resta ancora un mistero la storia dell'incidente. Ma appena le faccio questa domanda, noto che inizia ad agitarsi sul divano.
<<Lo sai già, Liam.>>
<<So solo quello che ci hai raccontato, ma non quello che ci stai nascondendo>> ribatto fermo.
<<Non sto nascondendo niente, ti sbagli.>>
<<Stai proteggendo lui, non è vero?>> Da come mi guarda, penso di averci preso ancora una volta.
<<Dimenticate questa storia, non ne voglio più parlare>> si sfila il giubbino e non posso fare a meno di guardarle il seno prosperoso che spinge sotto la stoffa della canotta.
<<Cosa ti va di mangiare?>> Meglio distrarmi o finisce male.
<<Cosa avresti mangiato se non fossi arrivata io?>> Si passa una mano tra i lunghi capelli setosi.
<<Avrei ordinato cinese, odio cucinare.>>
Da quando mia mamma è in ospedale, ho dimenticato come si mangia bene.
<<Mmh... se cucinassimo una carbonara rivisitata?>>
<<Rivisitata?>> Chiedo in tono scettico.
<<Hai uova e pancetta?>>
<<Penso di sì...>>
Scatta in piedi e mi prende le mani per farmi alzare.
<<Cucino io, tu guardi. Okay?>>
Come faccio a dire di no a questo sorriso?
<<Cosa ti serve?>> Spalanco la credenza per mostrarle le pentole e lei si solleva sulle punte arricciando le labbra.
<<Una pentola per la pasta e una padella.>>
Allungo un braccio e gliele porgo.
<<Chef, la cucina è tua>> allargo le braccia piegandomi in un inchino e mi caccia la lingua.
<<Aspettavi qualcuno?>> Mi chiede indicando il campanello che suona.
<<No, vado a vedere chi rompe a quest'ora.>>
Lascio andare le pentole sul bancone della cucina e vado ad aprire.

<<Lei è qui?>> Nate ha le mani infilate nei jeans e una felpa nera con il cappuccio tirato sulla testa.
<<Chissà perché non mi stupisco di trovarti qui.>> Esco accostando la porta alle mie spalle.
<<Fammi entrare.>>  Muove un passo verso di me, ma lo blocco.
<<Se avesse voluto vederti, sarebbe venuta da te. Non credi?>> Replico incrociando le braccia al petto.
<<Non iniziare con questa psicanalisi del cazzo, voglio solo vedere come sta.>>
All'improvviso sentiamo un tonfo che ci fa voltare verso la porta, Nate mi supera e corre subito in cucina.
Rebecca è svenuta, cazzo.
<<Stava b- ene fino ad un attimo fa...>> Mi trema la voce guardando Rebecca priva di sensi.
<<Piccola, mi senti?>>
Nate la prende tra le braccia e la scuote forte, ma Rebecca non sembra dare segni di vita.

Broken Glass - 1 - Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora