Capitolo 6

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Ormai Natale era passato. Di solito è il periodo in cui si cacciano pochi mostri. Forse, era per via delle feste. Tutti dovrebbero essere più buoni, magari vale anche per loro. I giorni precedenti erano proprio un mortorio, quindi noi Cacciatori, tendevamo ad accettare qualsiasi tipo di lavoro. Il ricordo dei miei natali passati mi sfiorò immediatamente la mente, come un dolce aroma abbraccia le narici. Non volevo ricordare, perché ricordare faceva male ed io non potevo permettermelo.

Andai ad affiancare Bryan, che continuava a guardare il castello con aria imbambolata. - È stupendo - commentò.

- Se lo dici tu. - Avevo promesso a me stessa che non avrei mai mostrato agli altri i sentimenti che sento realmente. Nel corso degli anni mi ero costruita una corazza solida che mai nessuno era riuscito a distruggere.

- Come vorrei poter vivere qui. –

- Fidati, è tutta appartenenza! - L'ipocrisia che regnava in quel luogo era qualcosa di agghiacciante. Mi faceva venire la nausea. Mia zia mi riteneva responsabile della morte dei miei genitori e per quel motivo, mi aveva sempre guardata con uno sguardo carico di profondo odio.

- Dai, entriamo. Esmeralda ci sta aspettando - esordì mio zio, avviandosi verso l'entrata della tenuta. La giornata non poteva proseguire meglio di così. Mio zio avvicinò le chiavi alla serratura. La porta era in legno scolpito, con al centro, in alto, un luccicante vetro istoriato che serviva più per abbellire che come spioncino. La casa era esattamente come la ricordavo. Era molto tetra e buia, con quell'aurea gotica che l'avvolgeva. Non a caso i Cacciatori vivevano durante la notte, come il resto dei mostri che cacciavano. Diciamo che siamo rimasti tutti un po' soggiogati dall'oscurità e preferiamo le cose tetre.

L'atrio era immerso nella penombra creata dalle belle tende che schermavano la luce del sole, densa come sciroppo. Il pavimento era fatto in mattoni.

- Sei ritornato, finalmente. E vedo che sei in dolce compagnia! – Io e Bryan alzammo lo sguardo in direzione della voce che avevamo sentito. Dalle scale poste sulla sinistra, scese una figura che ci misi un po' a riconoscere. Sebbene erano più di tre anni che non lo vedevo, rimasi sorpresa nel vedere il suo completo cambiamento. Il ragazzo era poco più alto di me, con una massa di riccioli biondi che gli ricadeva fin sotto le spalle. Portava una camicia nera con le maniche arrotolate a mostrare i solidi avambracci muscolosi. I jeans, attillati come la buccia di un acino d'uva, evidenziavano i fianchi snelli. Calzava dei stivali neri da equitazione. I suoi occhi erano dello stesso colore del cielo durante una bella giornata di sole: azzurri. Fece lampeggiare i piccoli denti bianchi in un sorriso. – Devee... sei proprio tu? – mi domandò. Mio cugino Mitch, stentavo a crederci. Non sapevo cosa rispondere.

– E chi altri, sennò? – Il suo sorriso si allargò. Scese in fretta e furia le scale, venendo verso di me ad offrirmi una stretta di mano e io gliela strinsi. Era forte, ma morbida. Niente lavoro manuale, un po' di pesi, abbastanza per consolidare. I ragazzi che sono della mia statura non dovrebbero esagerare con i pesi. Magari se indossano solamente un costume da bagno andrebbe pure bene, ma con i vestiti addosso sembrano dei nani deformi.

– Ho saputo che sei stata attaccata da un vampiro, come è andata? –

– Me la sono cavata, come sempre d'altronde – gli risposi.

– Non ti smentisci mai, vero? – chiese retorico, continuandomi a sorridere. – Mi sei mancata – mi disse offrendomi un suo abbraccio, che non esitai ad accettare.

Dal buio corridoio, non ci mise molto a comparire anche mia zia Esmeralda. – Siete già arrivati – disse con disinganno. Mi divincolai immediatamente dall'abbraccio di mio cugino. Non volevo per nessuna ragione che pensasse male. Era alta e snella, con la pelle olivastra e i corti capelli biondo dorato che le arrivavano fino a metà collo. Indossava il completo da caccia. Il bustino nero che indossava le metteva molto in risalto il decolté. Non mi notò immediatamente, perché ero coperta da Mitch. Quando si accorse della mia presenza, non tardò a rabbuiarsi. – Sei ancora viva, allora. –

Mitch le lanciò una gelida occhiata. – Madre! – l'ammonì.

Posai la mano sulla sua spalla. – Non fa niente, ormai quello che dice non mi fa né caldo né freddo – gli dissi, guardandola con sguardo omicida.

– Attenta, ragazzina. Potresti rischiare di farti del male. –

Era una minaccia, per caso? – Sono abituata a farmi del male. – La mia controbattuta la lasciò senza parole. Sì, uno a zero per Devee!

Mio zio tentò di cambiare discorso. – Dev, da quant'è che non mangi? –

– Dalla scorsa mattina – gli risposi.

Sul volto di mio zio comparve un'espressione contrariata. – Non ti fa bene non mangiare. Quand'è che lo capirai? –

– Non ho avuto il tempo di pensare a mangiare. Vorrei ricordarti che sono stata attaccata da un vampiro, la notte scorsa. –

Mitch si schiarì la gola. – Vieni, andiamo in cucina a preparare la colazione – disse, porgendomi la mano. Il suo modo alquanto strano mi lasciò non poco sorpresa, come al resto dei presenti. Ma che cavolo gli era successo negli ultimi tre anni?

Seduta al tavolo della cucina, sorseggiai lentamente il caffè ancora fumante. Con la prima tazza della giornata non si dovrebbe mai avere fretta. Mitch era seduto difronte a me e mi fissava. Io provai a non incrociare il suo sguardo ma ad certo punto non ce la feci più e lo fissai a mia volta.

– Perché mi guardi? – mi chiese.

– Per lo stesso motivo per cui mi guardi tu. –

– E sarebbe? –

– Dimmelo tu. –

– Sembri... diversa – mi disse, come se stesse dicendo una parolaccia. Lo guardai con fare interrogativo, poi mi strinsi nelle spalle e abbassai gli occhi sulla tazza di caffè. – Qualcosa non va? –

Scossi la testa. Quasi sicuramente non mi credette, tuttavia mi accennò un sorriso caloroso. Nella stanza entrò anche Bryan. Mi ero dimenticata completamente di lui. – Mitch, lui è un mio amico – dissi, indicando il ragazzo con lo sguardo.

– Bryan Owen, molto piacere – gli disse il ragazzo, porgendogli una mano.

– Mitch Forrest. – Mio cugino gli strinse la mano a sua volta.

Sapevo che mio cugino voleva sapere quello che mi era successo. Non ero del tutto sicura di voler rivelare a Mitch che Corsius aveva intenzione di farmi diventare la sua concubina.

No, accennare a quel dettaglio non era necessario.

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Dolcetti, eccomi tornata con un nuovo capitolo della vostra cacciatrice di mostri preferita! Allora i capitoli di questo romanzo sono molto brevi, dato che vorrei farne molti perché... boh, fa più scena! Quindi... fatemi sapere se vi sta piacendo questa storia. Come sempre le solite ammorbanti premesse: se vi è piaciuto lasciate un commento e una stellina e consigliatelo ai vostri amici.

Ci vediamo con il prossimo aggiornamento!

Marts :3

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