Capitolo 8

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Il motto di quella sera era: "il resto è silenzio". Valeva a dire, che chi avrebbe aperto bocca, sarebbe morto seduta stante. Non c'era da scherzare con quei mostriciattoli.

Un letto di nebbia nascondeva il terreno sotto i nostri piedi. L'oscurità della notte senza luna rendeva difficile vedere a qualche metro di distanza. Il silenzio dei morti inquieti martellava le nostre menti, non ci lasciava pace: noi non dovevamo essere lì, in quella notte d'inverno a perlustrare le rovine dell'antico cimitero e il loro avvertimento doveva persuaderci dal continuare la nostra caccia. Ma noi ci trovavamo lì, all'erta davanti al decadente cancello, con i cuori in gola e le orecchie tese a trarre il più debole sibilo proveniente dell'oscurità. Al nostro seguito una decina di militari speciali nel sovrannaturale, "i migliori", a quanto ci aveva assicurato il sindaco di quella terra, ma che a mio avviso non avrebbero resistito a lungo neanche di fronte ad un troll di montagna.

Con le armi in pugno, varcammo la soglia di quel terreno maledetto. Non si udiva neanche il rumore dei nostri passi, inghiottito dal terreno putrefatto, e il tintinnio delle armi arrivava al nostro udito attenuato, lontano. Si udì solo il gracchiare di un corvo e tutto il resto era oscurità.

Mitch deglutì. Che femminuccia, pensai. Mia zia Esmeralda aveva ritenuto che fosse meglio mandarlo ad una battuta di caccia. Cavolo, era carne da macello!

Tutto iniziò in un lampo, un movimento indistinto alla nostra destra e l'ascia bipenne del nano calò in un istante su qualcosa che stava sbucando da un mausoleo. Il ghoul cadde a terra senza vita e scoppiò il caos. A decine fuoriuscirono dalle catacombe e da ogni anfratto aperto nel terreno. Presto circondati da quelle immonde creature, combattemmo senza sosta per non venire sopraffatti. L'imponente martello da guerra a due mani dell'inquisitore, ai nostri occhi ingombrante e scomodo in una mischia, vorticava nelle sue mani come vivo, come se bramasse il sangue di quegli esseri senza dio. Eravamo ricoperti del loro sangue corrotto quando riuscimmo a respingere il nemico e a ricacciarlo nelle catacombe. Il sergente della milizia ordinò di coprire la nostra avanzata verso la cappella in rovina che si imponeva in posizione sopraelevata sul cimitero.

Ci avviammo verso una scalinata di arenaria corrosa dal tempo facendoci strada tra i non-morti. La salita non fu meno ardua, menando fendenti e spargendo il sangue nero dei ghoul, che andarono poi in rotta lasciando libera la salita. La cima era vicina, a pochi passi da noi. Quella notte d'inferno iniziava a schiarirsi con i primi bagliori di un'alba ancora troppo lontana per poter tirare un sospiro di sollievo. Quella notte d'inferno stava per finire, ma ci attendeva ancora il compito più arduo.

Estrassi la pistola dalla fondina ed iniziai a sparare. Bryan e Mitch fecero lo stesso. Se fossi sopravvissuta a quella nottata, avrei ammazzato di botte mia zia. Come pensavo, i ghoul fecero fuori tutti i soldati che ci avevano fornito. Non erano ben addestrati ad affrontare mostri di quel livello. Erano troppo impreparati, e sono caduti come foglie di un albero in autunno. Anche senza di loro, fummo costretti a proseguire. Quei ghoul avevano sicuramente un padrone. E ci scommetterei la mia pistola, che si trattava un vampiro. Ci trovammo in uno spiazzo, superammo due statue di pietra raffiguranti creature demoniache e seguendo il lastricato arrivammo di fronte a una cappella diroccata coi muri crollati e i resti delle colonne decadenti. Rimaneva quasi intatto il reticolo di una vetrata con ancora qualche vetro dai colori spenti, risucchiati dalla malvagità che era assopita in quel luogo. Al centro del pavimento in pietra decorata di oscure trame si trovava una bara di marmo nero con i finimenti d'argento. In quel luogo in decadimento sembrava l'unico oggetto a mantenere una sinistra bellezza e un risoluto splendore, come se non fosse minimamente scalfita dal tempo. Il coperchio aperto in buona parte lasciava intravedere uno strato di terra sul fondo della bara. Nessun segno del suo occupatore.

Uno schianto di roccia in frantumi alle nostre spalle attirò la nostra attenzione. Come ci girammo non percepimmo alcun movimento. Ci allertarono i piedistalli vuoti che fino a qualche istante prima reggevano le statue di pietra, ma non ebbi il tempo di reagire. Come feci per voltarmi nuovamente verso la cappella, sentii un dolore atroce al volto e mi ritrovai stordita a terra. Passò qualche secondo prima che potei riprendere controllo del mio corpo. Il sapore ferroso del sangue mi saturava la bocca. Sputai a terra e mi rialzai barcollando cercando vicino a me la pistola. La trovai appena in tempo per poter parare una zampa artigliata che mi avrebbe squarciato il petto. Schivai un altro attacco e vidi che i miei compagni erano alle prese con l'altro mostro. Bryan non mostrava fatica nel parare i colpi e nell'infliggere piccole ma sfiancanti ferite al nemico, maledetto!

Io ero da sola, faccia a faccia contro il mortale nemico. Fece un balzo per atterrarmi e mi parai levando il braccio per ripararmi la faccia. Il suo peso mi fece cadere su un ginocchio. La creatura arretrò di un passo per sferrare un altro attacco e ne approfittai per fare una capriola a lato e colpirlo con un fendente all'altezza della spalla. Il ghoul urlò di dolore e si girò furioso, con gli occhi brillanti di odio. Mi caricò e senza esitare affondai la punta della lama nel suo torace, ritrovandomi con la faccia a pochi centimetri dal suo muso. Estratta la lama, lo finii con un fendente al collo. Con il fiato corto, mi voltai nell'istante in cui l'altro gargouille veniva ucciso dai miei compagni.

-Queste maledette bestie sono sempre più resistenti – grugnì Mitch, pulendo il filo dell'ascia sul palmo della mano.

Io ribattei: - La loro forza deriva dalla vicinanza al vampiro, quindi il nostro signore della notte non deve essere lontano. Diamoci da fare per scovarlo. – Il ragazzo avanzò con determinazione all'interno della cappella. Continuò al centro, mentre io e Bryan lo seguimmo ai lati.

- Due uomini e una ragazzina che portano disturbo nel mio dominio e fanno strage dei miei sudditi – disse una voce con accento aristocratico. – Vi avrei dato il benvenuto, se non aveste violato la mia dimora entrando con le armi. Così mi sono visto costretto a sguinzagliare i ghoul. – Una figura magra dalla carnagione pallida uscì da una zona d'ombra rivelandosi alla debole luce. Portava abiti eleganti aventi i colori rosso e grigio dell'ormai decaduta casata Von Udoril. Fece pochi passi e si fermò al centro della vetrata.

- Il mio nome è Dratan Von Udoril - annunciò con fierezza.- E questa è la mia residenza. Cosa dovrei farne di voi inaspettati e non di meno indesiderati ospiti? – Il vampiro riprese a camminare a passi lenti e calcolati. - Non posso di certo lasciarvi andare – continuò, mostrandoci un maledettissimo sorriso beffardo. – Vi farò condurre nelle catacombe dai miei sudditi dove sarete confinati finché necessario. –

Sentii una pressione sulla mia mente. Il vampiro ci aveva bloccati per qualche istante e cercava di controllarci. – I tuoi poteri non possono ghermirci – esclamai. - Neanche nel cuore della tua tana, quindi combatti in modo leale, sempre se i decenni in cui sei marcito nella tua tomba non ti abbiano fatto dimenticare i codici cavallereschi. –

Il vampiro estrasse una spada dalla lama liscia con l'elsa decorata in oro e accennò un inchino – Come desideri, prode Cacciatrice - rispose in segno di sfida, mettendosi abilmente in posizione di difesa.

- Abbassate le armi, per favore – esordì una voce dal profondo delle tenebre. Alla luce fioca che illuminava quel luogo tetro, sbucò un'altra figura. I suoi occhi erano verde smeraldo e i capelli come la corteccia degli alberi in inverno. Per certi lineamenti, somigliava a Dratan, se non per il fatto che lui aveva i capelli biondi.

- E tu chi sei? – gli domandò Mitch, rimanendo sulla difensiva.

- Perdonatemi, non mi sono ancora presentato. Il mio nome è Rayne Von Udoril. – Si avvicinò a me, fece un inchino, alquanto inaspettato, per poi baciarmi la mano. – Ora saresti così gentile da dirmi il tuo? – Tirai immediatamente via la mano, disgustata.

- Devee. Devee Hamilton. – Il pronunciare il nome della famiglia dalla quale discendevo, in qualche modo mi dava rassicurazione.

- La Cacciatrice che ha dato del filo da torcere a Corsius. –

Beh, cosa potevo farci? Ero diventata famosa nel mondo dei non-morti.

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Ed eccoci qui con un nuovo ed intrigante (o almeno spero) capitolo. Abbiamo capito che ormai si è sparsa la voce che la nostra piccola Devee è riuscita a tenere testa al sexy vampiro. Ma come l'ha presa lui? E cosa succederà una volta che avrà messo piede nell'accademia dei mostri? Siete curiosi di scoprirlo? Allora non perdete il prossimo capitolo!

- Martina :3

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