Capitolo 43

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Guardai il vampiro pietrificata. Il suo sguardo di ghiaccio m'invase completamente e non potei fare altro che abbassare la pistola. Le mani mi tremavano dall'agitazione, non mi era mai successo prima d'ora. Abbassai lo sguardo rammaricata, come una bambina che aveva rubato una caramella. Mi sentivo così stupida e idiota.

Lentamente, cercai di spostarmi da sopra Corsius ma lui mi fermò per i fianchi e mi trattenne sopra di lui. - Lasciami andare - gli ordinai, provando a dimenarmi.

- Assolutamente no, ma poupée - mi rispose, sorridendo amaramente. - Hai cercato di uccidermi, devi essere punita. -

- Ma non l'ho fatto. Non... - le parole mi si bloccarono in gola, non volevano uscire fuori. Era troppo per il mio orgoglio. - Non l'avrei mai fatto. -

Corsius, molto delicatamente, mi passò una mano tra i lunghi capelli argentei, toccandomi poi la guancia calda. Al contatto con la sua pelle, sussultai. Ero certa che mi avrebbe torturata e poi uccisa. Chiusi gli occhi più che potei, stringendoli come si fa quando si ha paura.

- Stai tremando, ma poupée. A cosa è dovuta la tua paura? -

Non osavo rispondere, né aprire gli occhi. Prima di tutto, dovevo rallentare i battiti del cuore. Dovevo cercare di scappare, impedirgli di nuocermi, ma sapevo che tutto sarebbe stato vano. Non avrei avuto nessuna speranza in un duello a mani nude, ecco perché mi portavo sempre appresso le armi. Difesa e sicurezza personale, tutto qui. Se Corsius fosse stato umano, forse, avrei potuto anche provare a combatterlo con la forza, ma in quella circostanza ogni tentativo non mi avrebbe portata da nessuna parte se non alla morte. Odiavo ammetterlo ma era la pura verità.

- Non sperare in una mia confessione - gli dissi seccata, cambiando totalmente argomento.

Corsius, divertito dal mio strano atteggiamento, scoppiò a ridere in una risata copiosa. - Suvvia, non mi starai facendo capire che la Cacciatrice Devee Hamilton ha paura di me? - chiese, abbozzando un sorrisetto scaltro. Molto lentamente alzai lo sguardo per incontrare quello del vampiro che avevo proprio difronte, e sul quale stavo ancora a cavalcioni. - Fai tanto la spavalda, ma in realtà sei debole come un qualsiasi essere umano. Non sei così divertente come lo eri in principio. -

Perché l'assassino dei miei genitori si dovrebbe preoccupare per il mio cambiamento del carattere? - Sarei rimasta la stessa se tu non avessi iniziato ad impormi i tuoi maledettissimi marchi da ciucciasangue represso! - Corsius tentò di soffocare un sorriso, perché non sia mai che lui perda la maschera di uomo duro. Dovesse poi dare una buona impressione... il suo Impero crollerebbe e diventerebbe un fenomeno da baraccone.

- Non riesco ad essere arrabbiato con te nemmeno per cinque minuti, ma pouée. È possibile che tu debba deconcentrarmi anche quando voglio con tutto me stesso essere serio? -

- Forse sei semplicemente tu che non sei in grado di rimanere concentrato. Ecco perché non potrai mai essere un insegnante e non ti ascolto nemmeno io che dovrei essere la tua "serva umana". Perché se non riesci a mantenere la concentrazione quando un singolo individuo se ne esce con battute di questo genere, figuriamoci davanti ad una platea di venti persone! -

- Non ho mai pensato di diventare insegnante, veramente - ammise lui.

- Meglio così, perché non riuscirei proprio ad immaginarti - risposi sarcastica. Inclinai leggermente il collo mentre alcune ciocche sfuggite alla coda mi ricadevano davanti agli occhi e sulle spalle. Corsius, essendo Corsius e non riuscendo proprio a farsi i fatti suoi, mi sciolse i capelli per raccoglierli nuovamente in una coda di cavallo pressappoco ordinata e accettabile. Questo suo gesto così innaturale mi provocò, inspiegabilmente, una forte stretta allo stomaco. Mi disturbava, ecco.

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