Capitolo 46

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ANGIOLETTI, SCUSATE IL RITARDO. SPERO CHE QUESTO CAPITOLO VI PIACCIA,

MARTS :3

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Bryan ci mise qualche giorno a riprendersi del tutto dall'incidente e pure io, se devo ammetterlo. La prima notte che passai a casa dei genitori di Bryan il mio subconscio decise di farmi sognare l'impatto con l'asfalto, facendomi, però, vedere tutta la scena con occhi esterni. Quella notte mi svegliai un paio di volte perché l'incubo tornava a manifestarsi non appena chiudevo gli occhi, era inquietante.

Nella palestra di casa Owen c'era tutto l'arsenale che ogni Cacciatore di buona famiglia potesse desiderare e quando varcai quella soglia non potei credere ai miei occhi. Fu Bryan a volermi mostrare quella stanza, aggiungendo che avrei potuto scegliere qualunque cosa desiderassi, solo perché gli avevo salvato la vita, pazzesco!

- Non mi devi niente - ribadii una seconda volta, quando mi ringraziò.

- Dev, insisto. Se non fosse stato per il tuo temperamento, a quest'ora non oso immaginare dove starei. - Si avvicinò a me è molto delicatamente mi diede un bacio sulla fronte, come di solito fanno i fratelli maggiori con le sorelline. E questo mi faceva salire i nervi.

Ammiccai un sorriso e lo guardai di sbieco. - Da quant'è che non fai un allenamento come si deve? - chiesi, raccogliendo un bastone da terra. Lo feci sbattere a terra con una forza bruta tale da farlo risuonare in tutta la palestra.

- Da prima che partissi per l'accademia, perché? - domandò titubante.

- Perfetto, allora è giunto il momento di rimetterci entrambi in pari, altrimenti ci rammolliamo! – esordii, lanciandogli il bastone che è a terra con il piede.

Iniziammo a sferrare colpi secondo la logica della arti marziali - quali ad esempio il kung fu -. Non era malaccio allenarsi, anche perché mi permetteva di sfuggire ai problemi. Li accantonavo per necessità, alla fine. Non potevo permettermi di deconcentrarmi, altrimenti avrei fatto una figura misera.

A fine allenamento, ci dirigemmo verso il bagno per darci una rinfrescata e toglierci quella puzza di sudore che ci aveva impregnato la pelle.

– Vuoi farla prima tu? – mi domandò di punto in bianco Bryan, facendomi sobbalzare.

Aggrottai le sopracciglia, spaesata. – La doccia? – domandai, indagando.

Bryan abbozzò una risata. – No, la ceretta! – rispose, scoppiando a ridere. – Certo che la doccia! Ma dove hai la testa? –

– Non pensavo che ti facessi la ceretta. Però, sei pieno di sorprese, ragazzo! –

­Non te l'aspettavi, vero? –

–Diciamo che lo sospettavo – lo presi in giro.

Entrammo nel bagno che avevamo in comune. Bryan si diresse al lavandino, mentre io andai ad aprire l'altra porta che portava alla zona doccia.

­ Non metterci troppo – mi urlò Bryan, quando fui dentro.

– Non preoccuparti, dieci minuti basteranno. –

Iniziai a spogliarmi ed entrai nella doccia. Non mi sembrava vero di togliermi tutto l'appiccicume di dosso. L'acqua che scorreva su tutto il mio corpo nudo mi trasmetteva una strana, inspiegabile sensazione. Ero finalmente libera? Può darsi, non lo sapevo con certezza. Per quel che ne sapevo, Corsius avrebbe potuto darmi la caccia anche in questo momento. Non ero più sotto la sua influenza, ma ciò non toglieva che se ci fossimo rincontrati il legame non si fosse riaperto. Fino a quel giorno non era comparso nei miei sogni, in nessuna forma, il che era positivo; ma anche straziante perché non avere sue notizie mi metteva in allerta. Stavo aspettando con ansia il momento in cui sarebbe comparso davanti a quella porta e obbligandomi con i marchi, mi avrebbe trascinato via da quella casa.

Quando una scia di brividi causati dai troppi pensieri negativi mi percorse la schiena, capii che era giunto il momento di chiudere l'acqua. Misi fuori la testa dal box doccia e mi accorsi che non avevo portato con me l'asciugamano. Merda!

– Bryan! – urlai a squarciagola. Sentii dei passi avvicinarsi alla porta e Bryan comparvi sull'uscio. – Fammi indovinare, niente asciugamano. –

– Proprio così – ammisi, imbarazzata. Sopra un mobiletto in legno, Bryan ci poggiò un accappatoio azzurro e ammiccò un occhiolino.

– Sappi che ti adoro! – mi allisciai.

– Lo so! – Bryan uscì dal bagno chiudendo la porta alle sue spalle. Allora uscii direttamente dalla doccia e mi infilai l'accappatoio che mi stava tre volte. Evidentemente era il suo.

Aprii la porta del bagno e mi diressi nella camera degli ospiti che la signora Owen mi aveva gentilmente offerto nei giorni in cui alloggiavo lì. – Ho fatto – urlai a Bryan dal corridoio. Ero ormai davanti alla porta della mia stanza quando sentii la porta del bagno chiudersi e il rubinetto della doccia aprirsi. – Dev! Cristo, l'accappatoio era per me! – mi urlò abbastanza incazzato. Ops!

Abbozzai un sorriso divertito. – Scusa, ora vado a prendertene un altro – urlai di rimando, ma non con il suo medesimo tono.

Andai nella mia stanza e cercai un accappatoio, ma per fargli un dispetto gli presi quello rosa e per giunta della mia taglia e non della sua. Andai verso il bagno ed aprii la porta. L'acqua della doccia era ancora aperta, ergo Bryan si stava ancora lavando. Poggiai l'accappatoio rosa sopra il lavabo e feci per andarmene. – Te ne ho portato uno asciutto – gli dissi, sorridendo.

Bryan, dalla doccia mi ringraziò con un simpaticissimo: - Finalmente! –

Quando però mi trovai quasi fuori al corridoio, ebbi i sensi di colpa e decisi di dargli il suo accappatoio; così mi sbrigai a togliere quello che avevo addosso per poi appenderlo velocemente sull'attaccapanni. Presi quello che avevo posto sopra il lavandino e feci appena in tempo ad indossarlo, quando sentii l'acqua della doccia chiudersi. Mi allacciai l'accappatoio e mi affrettai ad uscire dal bagno. Corsi fino alla mia camera da letto e quando fui dentro iniziai ad asciugarmi.

Mi tolsi l'accappatoio ed indossai la biancheria intima, quando sentii la finestra spalancarsi di colpo. Pensai ad una folata di vento. O meglio, pregai che fosse una folata di vento, ma non lo era.

Lì, sul davanzale vi stava in tutta la sua maestosità immortale Corsius. Con i suoi capelli del colore della notte e gli occhi rubini mi fissava intensamente. Si leccò le labbra in modo sensuale e sorrise, facendomi intravedere i suoi canini affilati che conoscevo fin troppo bene.

– Ci rivediamo, ma poupée – disse, usando quel suo tono suadente. Iniziavo a chiedermi se fossi diventata una traccia con scritto "VAMP A ME". Ne ero sempre più convinta.

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