Cap.48 Una notte per tutte le notti

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T.W: +18. Linguaggio e contenuti sessualmente espliciti.

MICHAEL

Maledico me stesso per avere il frigo semivuoto.

Janette sta asciugando i capelli mentre io sto impazzendo per pensare a qualcosa da cucinare con i quattro ingredienti che mi ritrovo tra le mani.

«Sei un coglione, Michael», impreco ad alta voce, adirato.

Dopo aver spalmato del burro su dei toast, spiaccico delle fette di cheddar sugli stessi e li metto a cuocere a fuoco basso in una padella. Il tostapane ovviamente si è rotto la settimana scorsa. Ovviamente. Perché qualcuno lassù deve averlo programmato, tanto per farmi passare per un'idiota. Calo la pasta nella pentola e avvio un timer per evitare così che possa scolarla scotta. Sarebbe un vero incubo.

«Che odorino», la voce di Janette mi coglie alle spalle.

Mi volto nella sua direzione, portando lo strofinaccio sulla spalla. È poggiata allo stipite della porta, con le braccia conserte e la mia maglia dei Gun N' Roses scolorita indosso. Sorrido quando noto che oltre alla maglia, ha indossato anche i miei boxer. È un colpo al cuore. La sua bellezza, la sua semplicità disarmante, il colorito leggero che invade le sue guance. Tutto. Tutto dannatamente perfetto. Non ho mai visto qualcosa di più bello prima d'ora.

«Che c'è? Non ti piace ciò che vedi?», mi stuzzica, portandosi una ciocca dietro l'orecchio.

«Io non...»

Una puzza improvvisa di bruciato inonda le mie narici, facendomi sussultare e spingendomi a darle le spalle.

«Cazzo!», borbotto ad alta voce, spegnendo il fornello.

La risata di Janette risuona nella stanza. La percepisco più vicina a me e difatti, spostando lo sguardo, me la ritrovo a due centimetri mentre divertita osserva il mio disastro.

«Ho più pregi che difetti ma tu questo non lo sai», canzona le mie parole, ridendo di gusto.

Stronza.

I toast sono ormai carbonizzati. Sbuffo sonoramente mentre li getto nella pattumiera. Mi si spezza il cuore nel vedere il cibo nella busta. Janette deve aver notato il mio cambio d'espressione dato che la sua mano, ora, si ritrova sul mio avambraccio; mi accarezza dolcemente mentre continua a fissarmi con quegli occhioni scuri che ormai hanno scavato solchi profondi dentro di me.

«Per fortuna c'è la pasta», ironizzo.

«Sicuro che tu non abbia messo del veleno dentro?», ironizza nuovamente.

Questa volta sorrido anche io.

«Rilassati, non potrei mai sprecare la mia vita dietro alle sbarre».

Il trillo del timer riecheggia nell'aria; Janette indietreggia, accomodandosi su uno sgabello posto accanto alla penisola. Una cenetta intima, molto intima, siamo letteralmente attaccati l'uno all'altro.

«Mac'n cheese!», esclama felice come una bambina.

Servo due porzioni generose per entrambi e dopo aver aperto una bottiglia di vino, mi accomodo a mia volta. Janette fissa il piatto di pasta con aria sognante; da quanto tempo non mangia? Azzarderei da questa mattina, almeno.

«Buon appetito, allora», dico, notando la sua impazienza.

Janette porta la forchetta alla bocca e per una manciata di secondi sembra che il mio cuore abbia smesso di battere. Mastica con calma, mantenendo un'espressione piatta, spingendo così il mio battito ad accelerare. E se non dovesse piacerle?

(UN)fortunately we are in loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora