JANETTE
«Pronto, Janette. Sei davvero tu?»
La voce di Adam è realmente sorpresa. Faccio appello a tutto il mio autocontrollo per non cedere alle innumerevoli vocine nella mia mente che fremono dalla voglia di insultarlo in dieci lingue diverse. Anche se ne conoscono a stento cinque, a pensarci bene.
«Sì, sono io», do uno sguardo veloce a Michael che continua a chiacchierare con Chase, «si può sapere cosa diavolo hai in mente?»
Lo sento tossicchiare appena. Massaggio le tempie mentre attendo una sua risposta. Sono già esausta e la mia giornata è iniziata da poche ore. Arriverò a stasera morta. O quasi.
«Possiamo parlarne davanti a un caffè? O una cena?»
«Non verrò a un appuntamento con te, Adam», stronco la sua idea sul nascere, «ti ho telefonato solo perché sono esausta. Non le voglio le tue attenzioni», continuo, leggermente turbata.
Michael intercetta il mio sguardo. Indaga a fondo sulla mia espressione, tentando di decifrarla. Spero proprio che non lo faccia. Non ho voglia di subire anche il suo terzo grado.
«Ti sto semplicemente corteggiando, Janette. Non fare la preziosa con me», ribatte con voce al limite dell'udibile.
È chiaro che non voglia farsi sentire da chi lo circonda. Ma a me, questo, non importa. Non ho nessuna intenzione di assecondare i capricci di un'idiota simile.
«A me sembra che tu stia mettendo in atto un vero e proprio reato», mi gusto l'attimo prima di continuare, percepisco il suo respiro leggermente affannato. «Stalking per essere chiari e precisi».
Inumidisco il labbro inferiore, esultando tra me e me vittoriosa. Non c'è nulla di meglio che una minaccia velata per smorzare sul nascere questioni fastidiose.
«Stai scherzando? Ti ho mandato solo dei fiori», ribatte incredulo.
«E dei biglietti minatori», lo incalzo, «l'ultimo non lasciava molto spazio all'immaginazione».
Attorciglio una ciocca di capelli tra le dita mentre noto che lo sguardo di Michael si fa sempre più curioso. Sembra quasi che non stia prestando attenzione alle parole di Chase. Sorrido, volgendo lo sguardo altrove. Voglio tenerlo un po' sulle spine, quanto basta, ecco. Se pensa di avermi conquistata con due paroline dolci e una buona dose di sesso, si sbaglia.
«Va bene. Cosa vuoi affinché tu non sporga denuncia?»
Ecco, così ragioniamo.
«Ho sempre amato le trattative, sei un uomo sveglio, in fondo», ironizzo, «voglio che tu mi lasci in pace. No fiori, no messaggi, no telefonate sul posto di lavoro. Niente di niente», concludo con tono vittorioso. Un po' troppo, forse.
«Mi stai praticamente chiedendo di sparire dalla tua vita», una nota di fastidio s'insinua nelle sue parole, rendendo il suo tono tutt'altro che amichevole.
«Non ci sei mai stato nella mia vita», gli faccio notare, «o ti farai da parte o farò in modo che il mio nome diventi il tuo peggior incubo».
Una notifica improvvisa mi avvisa dell'arrivo di un'email. La apro distrattamente mentre Adam continua a bofonchiare qualcosa al telefono. È un'email da parte di...
«Michael, davvero?», mi lascio sfuggire, sorpresa.
«Ho detto che sei una stronza, sei sorda?», Adam sollecita la mia attenzione.
Lascio scorrere gli occhi sullo schermo, sorpresa dal gesto poco calcolato del mio collega.
Michael Moore: spero che tu stia sorridendo a causa mia. Se così non fosse, voglio sapere a chi devo spaccare la faccia.
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(UN)fortunately we are in love
ChickLitJanette Jensen ha trent'anni e per la prima volta in vita sua da quando si è laureata in economia e marketing, è stata contattata per lavorare in una delle più prestigiose aziende di Manhattan: la Royals & Fashion. Michael Moore ha trentatré anni, u...