Cap.55 I put you on top

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MICHAEL

Janette è la donna più lenta del mondo. Maledizione a me e alle mie idee malsane. Avrei dovuto costringerla a cenare vestita come è arrivata in azienda e invece no, ho deciso di torturarmi nel modo più antico del mondo, aspettando che si prepari.

Ticchetto con la mano sul ginocchio mentre aspetto, impaziente, che i suoi cinque minuti non diventino dieci. Il divano di casa mia è più comodo del solito e mentre scorro annoiato la pagina Instagram, vengo attirato dalla vibrazione frequente del cellulare di Janette. Sono più messaggi. Lo so, non dovrei ficcare il naso in affari che non mi riguardano ma la tentazione è più forte della ragione.

Mi alzo lentamente, evitando di fare troppo rumore. Raggiungo il piano e do una sbirciata innocua allo schermo. I messaggi provengono tutti dallo stesso mittente, un certo D.

Rispondimi, devo parlarti.

Non puoi far finta che non esista per sempre.

È da stamattina che ti scrivo, hai intenzione di continuare così?

Ti ho vista nella foto dopo il party della tua azienda, raggiante e avvinghiata a quella sottospecie di collega, te la stai spassando, vero?

Una rabbia improvvisa si fa strada nel mio petto nel leggere le ultime righe del messaggio. Chi è questo D? E perché sta tartassando Janette? Ora capisco perché è impallidita stamattina dopo aver osservato lo schermo. Tuttavia, non capisco perché non me ne abbia parlato. Ok, non siamo fidanzati. Ok, non siamo e basta. Ma cazzo, andiamo a letto insieme. Se c'è qualcosa che la turba, voglio saperlo. Se c'è qualcosa che le impedisce di vivere come dovrebbe, devo saperlo.

Sento la porta del bagno aprirsi in lontananza. Con uno scatto, torno a sedermi sul divano, fingendo una nonchalance che non mi appartiene più. Devo assolutamente scoprire chi è il figlio di puttana che ha deciso di stalkerizzarla così. Sicuramente è qualcuno che conosce, dato che il suo numero è presente in rubrica. Pensavo che Adam rappresentasse il male peggiore ma a quanto pare non avevo fatto i conti con il passato di Janette. Perché dal tono assunto dal tipo in questione, si tratta proprio di passato.

«Eccomi», dice, entrando nella stanza con sorriso raggiante.

La guardo con un'espressione che è un misto tra l'ecstasy totale e l'incredulità. È bellissima. Indossa un mini abito con bretelle leggermente attillato, stivaletti bassi e un chiodo in pelle. I capelli sciolti cadono morbidi sulle sue spalle; le sue labbra dipinte di rosso m'invitano ad assaggiarle. Adoro il fatto che si sia truccata poco e niente; secondo me, così facendo, mette in risalto maggiormente i bei lineamenti che si ritrova. La rabbia provata fino a questo momento sparisce completamente, sostituita da una voglia incontrollabile di mandare l'appuntamento a puttane per evitare di uscire da questa casa e farla mia. Completamente, perdutamente, mia.

«Sei bellissima», dico, indugiando con lo sguardo su ogni centimetro della sua pelle.

Janette in tutta risposta fa una piccola piroetta su sé stessa, inchinandosi poi in segno di ringraziamento.

«Andiamo, allora?», chiede, porgendomi la mano.

«Andiamo»

Mi sorride e alla vista di quel sorriso, sento quasi la terra mancarmi sotto ai piedi. Sto provando delle sensazioni al mio interno che non credo di aver mai provato prima d'ora; mi sento scombussolato in positivo, sento che le pareti dello stomaco stanno danzando a un ritmo sconosciuto e anche il cuore sembra fare lo stesso. Cosa diavolo mi sta succedendo?

Raggiungiamo il garage avvinghiati l'uno all'altro; la sua presa è forte, decisa. Il suo profumo fresco e dolce invade le mie narici, provocandomi una scarica di piacere lungo la spina dorsale. Vorrei stringerla tra le mie braccia e non lasciarla più andare. Vorrei che il suo profumo mi si imprimesse nelle viscere, nella pelle, nei meandri della mia anima. Potrei abituarmi a questa fragranza per sempre, probabilmente.

(UN)fortunately we are in loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora