JANETTE
Darius ha lasciato l'azienda furioso dopo aver minacciato più volte di portare Michael in tribunale. Allo stesso tempo, Michael dal canto suo, ha risposto alzandogli il dito medio; ci mancava solo questo casino come ciliegina sulla torta in questa giornata di merda che è diventata ufficialmente la giornata più di merda di sempre.
I pianeti si sono allineati tutti. Contro, però. Decisamente.
Arrivo in banca con quindici minuti di ritardo. La ragazza seduta dietro al bancone mi fulmina con lo sguardo; le sue ciglia lunghissime non riescono a nascondere il fastidio provato in questo momento. Se solo volessi agire da stronza, potrei farla licenziare seduta stante. Ma grazie a Dio, non sono ancora arrivata a quel livello di acidità.
«Il direttore la sta aspettando», dice, acidula.
La ignoro, volgendo lo sguardo altrove. Raggiungo il suo ufficio a passo svelto. Trovo la porta già aperta; l'odore forte di colonia al pino verde colpisce le mie narici come un pugno in pieno viso. Trattengo un conato di vomito mentre entro nella stanza. Attiro la sua attenzione schiarendomi la voce.
«Buongiorno signorina Jensen, è in ritardo», dice, alzandosi e accogliendomi.
«Problemi a lavoro».
Mi accomodo sulla poltrona mentre l'osservo fare lo stesso; la sua espressione è rilassata rispetto alla prima volta che ci siamo visti. I suoi occhi saettano su ogni centimetro del mio corpo: è come se mi stesse osservando a fondo, cogliendo anche il più piccolo dettaglio. Dovrei abbassare la testa, mostrando imbarazzo per quello sguardo un po' troppo indagatore ma... non lo faccio. Le mie iridi si impiantano nelle sue, sostenendo quello sguardo e costringendolo a fare il primo passo; è lui che sposta la sua attenzione altrove, sono le sue guance che si tingono di un leggero rossore, la sua gola è secca e necessità acqua per aiutarla a deglutire meglio. Non io ma lui.
«Scusi se salto i convenevoli ma sono di fretta», prendo in mano la situazione, «avrei bisogno del milione e mezzo mancante».
«Signorina...»
Il suo tono di voce mi fa capire che sta per uscire qualcosa di davvero terribile dalla sua bocca.
«La prego, rischio il licenziamento se non rientro in azienda in orario», porto una mano sulla scrivania, lisciandola lentamente.
A quanto pare, quel gesto mi garantisce la giusta dose di attenzione. L'uomo segue il movimento con lo sguardo, inumidendosi le labbra a più riprese. Ha l'età di mio padre? Sì. Sembra avere una certa predisposizione nei confronti delle donne più giovani di lui? Anche. E se la donna dietro al bancone mi avesse riservato quell'atteggiamento a causa di ciò? Se lui andasse a letto con lei?
Non è il momento di pensare al gossip, Janette. Concentrati.
Il grillo parlante ha ragione, come sempre. Ritraggo la mano, portandola sul bracciolo della poltrona. Mi sporgo leggermente in avanti; la sua attenzione adesso è concentrata sul mio viso.
«Mi ascolti bene», continuo, parlando lentamente. «Le ho già ribadito il concetto: se lei non mi concede il milione e mezzo mancante, tutti i capitali della famiglia Jensen verranno trasferiti seduta stante su un conto in un'altra banca», continuo.
«Ma...»
«Niente ma», lo blocco, abbassando leggermente la voce, «so quello che dico. E so anche quanto importante è la mia famiglia per lei e per la sua banca. La prego, non complichi le cose ulteriormente».
L'uomo sospira, rassegnato. Probabilmente gli sto chiedendo più del dovuto e sicuramente riceverò una bella ramanzina da parte di mio padre ma se non lo faccio ora, rischio seriamente di perdere l'appartamento e i soldi.
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(UN)fortunately we are in love
Literatura FemininaJanette Jensen ha trent'anni e per la prima volta in vita sua da quando si è laureata in economia e marketing, è stata contattata per lavorare in una delle più prestigiose aziende di Manhattan: la Royals & Fashion. Michael Moore ha trentatré anni, u...