JANETTE
«Buongiorno, sono qui per parlare con il signor Curtis o chi per lui», dico alla ragazza seduta dietro al bancone. La receptionist, presumo.
«Buongiorno. Lei è?», chiede, senza distaccare lo sguardo dal computer.
«Janette. Janette Jensen», forzo le vocali, quasi come a volerle far uscire di bocca.
La ragazza fissa lo schermo del computer per lunghissimi, interminabili, secondi; io sento che le gambe potrebbero cedere da un momento all'altro per l'ansia e l'angoscia. Ticchetto con le unghie sulla scrivania in legno pregiato, noncurante che molto probabilmente potrei rovinarla se solo affondassi gli artigli un po' più a fondo. Mi soffermo a guardarla attentamente: è davvero carina. Indossa degli occhiali di una forma strana – che adoro – ha lunghi capelli rossi arricciati in boccoli che le scendono morbidi lungo la schiena e due occhi azzurri che ricordano tanto il cielo d'estate.
«Ti ho trovata», dice, massaggiandosi il mento delicatamente, «il signor Curtis ti aspetta nel suo ufficio per le nove e trenta», conclude alzando lo sguardo nella mia direzione. Finalmente, direi.
«Decimo piano, scala B», continua porgendomi un badge, «l'ascensore è rotto, ti tocca fare le scale. Fossi in te correrei dato che mancano cinque minuti», conclude ironica.
Cosa? Non posso crederci. Dio, ho forse fatto qualcosa che ha turbato la tua tranquillità nello scorso weekend? Non pensavo di meritare tutto ciò, non il primo giorno di lavoro, almeno.
«Grazie, gentilissima», rispondo leggermente acidula, «spero almeno ci sia del caffè al mio arrivo», continuo borbottando tra me e me.
Dieci piani con questi tacchi ai piedi, non posso e non voglio farli. Mi guardo intorno e dopo aver appurato che non c'è nessuno nei miei paraggi, li tolgo e li metto in una mano. Salgo i primi gradini velocemente, quasi come se non potessi farne a meno. Rallento arrivata al quinto piano, stanca e con l'interno dello stomaco dolorante.
«Più palestra, meno cibo spazzatura», mi ripeto, senza fiato.
Mi guardo intorno e credo di essere arrivata al piano che ospita l'ufficio legale. Le targhette dei vari avvocati riflettono di luce propria all'esterno degli uffici. Vorrei curiosare maggiormente ma credo che se non mi darò una mossa, sarò davvero licenziata.
Continuo a salire i gradini fino a quando non urto qualcuno.
«Chiedo scusa», bisbiglio, afferrando i tacchi che sono caduti a terra nella colluttazione.
«Stai più attenta», mi rimprovera lui con tono rude, prima di scendere nuovamente le scale.
«Che gentleman!», urlo in preda al nervosismo.
Lo guardo scendere le scale a passo più che svelto. Capelli corvini leggermente spettinati, muscoli fasciati al punto giusto in una camicia bianca palesemente di alta sartoria, mascella pronunciata e barba curata. La scia lasciata dal suo profumo solletica le mie narici: sandalo, cannella, noce moscata e pompelmo. Ho affinato l'olfatto in questi anni a contatto con gli uomini e sono così felice di averlo fatto perché è tornato utile, ora.
«Janette, muoviti, santo Dio», scuoto me stessa, imprecando per l'essermi bloccata a mezz'aria su queste dannate scale.
Arrivata al decimo piano della scala B – con fiato corto e saliva non pervenuta – trovo un'altra ragazza ad aspettarmi.
«Janette Jensen per Curtis Royals», mi annuncio, riacquistando pian piano l'aria nei polmoni.
«Terzo ufficio sulla destra», mi liquida lei, senza chiedere altro.
Indosso nuovamente i tacchi, sistemo l'abito stirandolo con una mano e mi incammino verso l'ufficio del mio futuro capo. O almeno lo spero.
Mi blocco davanti alla porta, alzo lentamente la mano e prima di bussare con le nocche su di essa, prendo un lungo respiro. Non so descrivere la sensazione che invade il mio corpo ora; è come se fossi sull'orlo di un precipizio e i miei piedi anziché retrocedere, avanzano. Sento il cuore tamburellarmi nelle orecchie: e se sprofondassi ancor prima di potermi buttare?
«Posso farcela», bisbiglio.
Busso e un sonoro "avanti" anticipa la mia entrata.
«Signor Curtis, buongiorno», dico dolcemente, chiudendo la porta dietro di me.
«Si accomodi signorina Jensen, l'aspettavo», mi sorride.
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(UN)fortunately we are in love
Genç Kız EdebiyatıJanette Jensen ha trent'anni e per la prima volta in vita sua da quando si è laureata in economia e marketing, è stata contattata per lavorare in una delle più prestigiose aziende di Manhattan: la Royals & Fashion. Michael Moore ha trentatré anni, u...